mercoledì 25 marzo 2009

La storia di Buck

il piccolo Buck - foto by Indio
Tanti anni fa (avevo circa diciassette anni), nel nostro villaggio cominciò ad aggirarsi un cane da pastore bianco, un maremmano, di grosse dimensioni. O era stato abbandonato oppure qualche pastore lo aveva smarrito. Il randagismo è diffusissimo dalle nostre parti e ogni tanto sbuca sempre qualche nuovo cane dall'aria spaurita e con lo sguardo perso. Il cane era femmina e si conquistò subito la simpatia del vicinato. Cominciai ad avvicinarlo, a dargli da mangiare e ad accarezzarlo. Notai subito che era un cane socievole e affettuoso, e lo dimostrava quando ti guardava con quei suoi grandi occhi dolci. La cagnetta ebbe anche il suo (nuovo) nome: Gemma, così la chiamò il mio vicino di casa. Gemma si era subito affezionata a me e avrei voluto tanto adottarla; ma all'epoca avevamo già un cane, il mitico Zeus, e poi il fatto che fosse anche femmina ci avrebbe creato non pochi problemi. La cagnetta così rimase tra i vicoli del vicinato e per il suo carattere affabile era sempre coccolata da tutti. Dopo un po' andò in calore e quando partorì ebbe due cuccioli bellissimi, bianchi come lei. Era una cagnetta intelligente e si scelse come tana un piccolo scantinato di una casa disabitata, vicino alla strada. Ricordo che mi lasciava sempre entrare nella "tana" e mi dava il permesso di toccare i suoi cuccioli. Non aveva assolutamente timore di me. I cuccioli furono allattati e quando li svezzò mi occupavo di portargli sempre da mangiare. Ma la situazione prima o poi doveva cambiare, perchè i cuccioli di lì a poco dovevano essere adottati da qualcuno. La foto della cagnetta finì anche sulla Gazzetta del Mezzogiorno, comparendo in un articolo sul randagismo nel Pollino, scritto dalla mia vicina di casa, che all'epoca era corrispondente di quel giornale. I cuccioli già cominciavano ad uscire dal piccolo scantinato e andavano sulla stradina, dove ogni tanto scendeva anche qualche auto. Era pericoloso. Avvenne il peggio, perchè un cucciolo venne travolto dalle ruote di un'auto. Sotto la disperazione della madre andai a seppellire il cucciolo in un terreno incolto lì vicino. Era il secondo cane che seppellivo. Ne avrei seppelliti ancora altri due in futuro, i nostri Zeus e Brahms; loro adesso stanno sotto le radici di un boschetto di olmi cresciuto come per magia, dopo il taglio di un grande olmo, nel giro di dieci anni. Dovevo assolutamente trovare un padrone per l'altro cucciolo. Domandai a mio padre se mi facesse tenere il cucciolo con noi ma ricevetti una risposta negativa. La prima persona che mi venne in mente fu il buon Antonio, che aveva un bel po' di campagna attorno a casa sua e avrebbe così potuto accudire il cucciolo a dovere. Andai a domandargli così se voleva il cucciolo e lui mi rispose che avrebbe tenuto anche la cagnetta. Portai così il cucciolo in braccio seguito dalla madre che mi veniva appresso col suo sguardo apprensivo... Non rividi per quasi due anni la cagnetta. Poi un giorno mi trovai a passare con la bici e ci incontrammo. Mi riconobbe subito. Mi guardava come in passato con quegli occhi dolci, che risplendevano d'affetto. La accarezzai per un bel po' e lei venne appresso alla bici per quasi due chilometri. Non la rividi più. Passarono molti anni ancora e poi la cagnetta morì, lasciando la sua numerosa prole, ovvero dei bellissimi cani da pastore dal pelo candido come la neve. Era il mese di gennaio di quest'anno e stavo passando un brutto periodo. Nevicava e girovagavo pensieroso per le strade deserte del villaggio. Pensai che forse mi avrebbe fatto bene trovarmi un cucciolo da accudire. Avrei voluto un cane da pastore, un maremmano magari, cani dalla scorza dura e che ho sempre ammirato. Da grande un cane così mi avrebbe fatto compagnia nelle mie lunghe camminate in montagna o quando sarei andato a funghi. Vado verso il negozio di Antonio sperando di trovarlo, per domandargli se la sua cagnetta, la figlia di Gemma, sia magari in procinto di avere dei cuccioli. Mentre scendo i gradini che portano verso il negozio mi vedo di fronte la cagnetta di Antonio, già gravida, che mi guarda un po' timorosa. "Là, in quella pancia c'è il mio cane", penso. Parlo con Antonio e lui mi comunica che la cagnetta partorirà tra un po' e che penserà lui a portarmi il cucciolo una volta svezzato dalle cure della madre. Mentre torno a casa penso già al nome che dovrò dargli. Anche se è poco originale non posso che dargli il nome di "Buck", il cane protagonista de: "Il richiamo della foresta" il famoso libro del mio scrittore preferito, ovvero il mitico Jack London. Il pastore maremmano è un cane rude e ama la libertà dei grandi spazi; sul Pollino poi è stato ed è uno dei più grandi alleati dell'uomo nel custodire i greggi e difenderli dai lupi. Non sono un pastore e Buck avrà poco da lavorare qui da me, ma sicuramente diventerà un cane fedele e mi seguirà nei miei vagabondaggi sul Pollino, tra foreste e pascoli di alta montagna. Buck è a casa mia da pochi giorni e già dimostra di essere un cane affettuoso, dagli occhi dolci e un po' malinconici... un po' come quelli di sua nonna, la cara vecchia "Gemma"...

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