domenica 5 gennaio 2014

Diario - 4 gennaio 2014

 U Cacch'v" - esplorazione
" 'U Cacch'v" ... un grande buco nella roccia - foto by Indio

Con l'escursione di oggi ho voluto esplorare un versante ripido, selvaggio e inospitale, ma un tempo conosciuto bene da pastori e pellegrini. 
piccola caverna incontrata nella discesa
Proprio parlando con un vicino di casa che un tempo pascolava, da ragazzo, su questa montagna, mi è stato confermato che "U Cacch'v" è la caverna verticale che avevo avvistato e fotografato da lontano: fin da quando son piccolo ne ho sentito parlare dalla gente di Mezzana. Cacch'v  in dialetto significa "buco" (Cacch'v era anche un grande recipiente a forma di cono rovesciato, che veniva usato dai massari per bollire grandi quantità di latte), e in effetti appare come un grande budello, una caverna verticale tra ripide pareti rocciose dove solo il leccio riesce a vivere abbarbicato ai dirupi.  La dea di questa montagna ha due volti: uno rassicurante, ben rappresentato dai ricoveri dei pellegrini, dallle croci e dalla strada che arriva in cima... e uno orrido e selvaggio, che è appunto il versante ovest: ma c'è da dire che "selvaggio" è soprattutto una condizione ascrivibile al presente... perchè nel passato questi posti erano conosciuti e frequentati dall'uomo, da pastori e cacciatori. Un tempo, come mi dice Zio Vincenzo che nel Cacch' v andava  a caccia di piccioni selvatici,  esistevano sentieri di capre e passaggi sui versanti più impervi della montagna.
in arrivo al torrente
Quando arrivo nella zona della grotta vado in giù per vedere com'è il terreno: nella mia testa si è insinuata anche l'idea di raggiungere "U Cacch' v" da sopra, seguendo le suggestioni degli antichi percorsi dei pastori. Ma qui c'è poco da scherzare: ci sono salti verticali e spaccature nella roccia che richiederebbero l'uso di attrezzatura alpinistica (e la tecnica della discesa in corda doppia) e di non procedere ovviamente in solitaria. Come dice Zio Vincenzo i pastori buttavano dall'alto le pietre nel budello di roccia e le sentivano rotolare fino al Frido! Arrivo alla cima del Santuario e poi comincio a scendere. La discesa è all'inizio praticabile, anche se si svolge su terreno roccioso scoperto. Bisogna comunque stare attenti nella progressione... Poi raggiungo una zona in piano occupata dai faggi. Successivamente la discesa si fa più ripida: incontro parecchi salti rocciosi di diversi metri, che mettono a dura prova i miei nervi,  e dove la vegetazione è più intricata.
Visione selvaggia
La soluzione è aprirsi la strada cercando di aggirare i salti rocciosi. Dove ci sono i lecci significa che i pendii sono ripidi e rocciosi, dove si incontrano i faggi si ha un po' di sollievo, perché vuol dire che la discesa è più sicura. A volte è proprio grazie ai rami degli alberi che riesco a scendere; mi aggrappo ad essi, corde vegetali primordiali a cui fare affidamento. Si sente l'acqua del torrente, è sotto di me, appare vicino, ma ci sono ancora dei salti impegnativi da superare con cautela...  Arrivo finalmente al letto del ruscello, al sicuro, e non mi resta che costeggiarlo, fino a raggiungere le pareti, per tentare di esplorare "U Cacch' v". Ed ecco che mi appaiono le pareti rocciose verticali: salgo sulla riva sinistra del torrente per avere una visuale migliore, poi risalgo sulla riva destra e comincio a scalare il ripido pendio. Ho come la sensazione di dirigermi verso la caverna di un Sacro Graal che esiste solo nella mia testa... un Graal pastorale senza valore, inesistente, che vive come un'illusione di pietra tra le rocce e la vegetazione intricata. 
Arrivato all'imbocco della "caverna" capisco che potrei procedere in arrampicata sul pendio roccioso e scivoloso, ma che poi in discesa rischierei di scivolare e cadere. Basterebbe qualche altra ginestra o leccio  in più e aggrappandomi ai loro rami potrei sostenermi. Invece ci sono solo corde di rovi che mi ferirebbero. Tento due  volte la salita poi, la mia prudenza di escursionsita solitario (prudente proprio perchè da soli è necessario esserlo) e l'ora tarda mi convincono a desistere e a tornare indietro. Oltrepassato il buco comunque non si potrebbe procedere oltre... questo è poco ma sicuro. Ridiscendo al torrente, lo costeggio fin dove si può e poi vado sulla riva sinistra. Salgo negli ex pascoli oggi invasi da rovi, rose canine, meli selvatici e prugnoli, aprendomi la strada  a colpi di machete. Ci sono delle piccole piantine di leccio... ne cavo una, la voglio portare a mia madre per trapiantarla; glielo avevo promesso tante volte... Prossimamente porterò con me una corda , arriverò al buco e tenterò di vedere cosa c'è oltre... Oppure un giorno si potrebbe tentare di scendere direttamente da un altro versante.   "U Cacch' v", come merita,  ritornerà alla magnificenza dei racconti dei pastori...












 Il Video






2 commenti:

  1. Molto interessante.purtroppo in mezzo a questo intrico di vegetazione e' anche difficile proseguirecon attrezzatura alpinistica, da come ho iintuito.comunque complimenti per il tuo spirito da vero esploratore.

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    1. Grazie Giuseppe.. In questi casi più che attrezzatura alpinistica vera e propria farebbe comodo una corda di sicurezza di una 30 na di metri.

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