lunedì 18 agosto 2008

Diario 10 - 16 agosto 2008

Lucania on the road
il nostro percorso
tre stanchi vagabondi verso la fine del viaggio - autoscatto
A piedi e con cuore leggero mi avvio per libera strada,
In piena salute e fiducia, il mondo offertomi innanzi,
Il lungo sentiero marrone pronto a condurmi ove voglia.
Walt Whitman, Canto della strada
L’idea di fare un viaggio per le strade della Basilicata è partita un po’ per caso. Io e l’amico Antonio avevamo constatato che in realtà conoscevamo poco la nostra stessa regione. Perché allora non organizzare un viaggio di almeno una settimana per i paesi e le località più belle della Basilicata? L’idea era piaciuta anche al nostro amico Salvatore, che lucano non è (lui è ancora più terrone, in quanto proviene dalla Sicilia) ma voleva condividere anch’egli questa nostra avventura. L’idea prevedeva di fare il giro della Basilicata delineando un percorso ad anello, che toccasse i tanti paesini e località della Lucania . Così il 10 agosto siamo partiti, con una fiat uno (ribattezzata per l’occasione la “Mula”!), una tenda quattro posti, tanta roba da mangiare, zaini da trekking e macchine fotografiche. Abbiamo voluto con questo viaggio fare visita anche ad alcuni nostri amici lucani, facendo tappa di tanto in tanto nei loro rispettivi paesi. Abbiamo iniziato il nostro cammino non con lo spirito dei turisti, ma più che altro con quello dei vagaondi, pronti a trovare quello che la strada ci offriva, pronti ad improvvisare e a sopportre i disagi che reca con sé un viaggio intrapreso con pochi quattrini e campeggi di fortuna… Abbiamo viaggiato per sette giorni toccando antichi paesi arroccati, attraversando strade di montagne, campagne desolate e calanchi bruciati dal sole… facendo nostri paesaggi, scorci e volti della gente di Lucania… Sarà un viaggio che nessuno di noi tre dimenticherà…
Primo giorno
in partenza - sosta a Bosco Magnano
Inalo grandi sorsate di spazio,
L’est e l’ovest sono miei, il nord e il sud sono miei.
W. W.
Antonio e Salvo vengono a prendermi a San Severino. Qui si può dire che comincia il nostro viaggio. La nostra prima tappa ideale è Bosco Magnano. Qui facciamo rifornimento d’acqua e qui la nostra auto riceve il suo battesimo. D’ora in poi sarà la “Mula”. Ci lasciamo le alle spalle i boschi del Pollino, prendiamo la Sinnica. Si supera Senise e la sua bellissima diga, ridotta purtroppo quest’estate ad una gicantesca pozzanghera. Verso Sant’Arcangelo il paesaggio comincia a cambiare; fra poco incontreremo il “deserto”, ovvero il paeaggio dei calanchi e delle enormi distese di grano. Si arriva così ad Aliano, il paese che Carlo Levi ha reso famoso con il suo libro “Cristo s’è fermato ad Eboli”. Il centro storico del paese è pieno di targhe di legno messe sui muri con incise alcune citazioni dal suo libro. Ne facciamo una anche noi, che purtroppo suona ancora attuale e ci porta a riflettere: “Nessuno ha toccato questa terra se non come un conquistatore o un nemico o un visitatore incomprensivo. Le stagioni scorrono sulla fatica contadina, oggi come tremila anni prima di Cristo: nessun messaggio umano o divino si è rivolto a questa povertà refrattaria.” Purtroppo i musei con le opere del grande pittore e scrittore sono chiusi (ho avuto la fortuna di vedere un paio di suoi quadri in un museo di Roma). Quello dei musei chiusi un problema che incontrereo spesso durante il nostro viaggio. Il paesaggio dei calanchi è bellissimo. La casa dove soggiornò Levi è arroccata a picco sul burrone argilloso. Si va poi a Stigliano a salutare Domenica che è qui per una ricerca universitaria. Una foto di gruppo (abbiamo deciso di fotografare tutti gli amici che incontreremo per strada) e si riparte. Dopo Craco si estendono a perdita d’occhio distese enormi di grano e campi arati. Il paese fantasma di Craco domina il paesaggio. Fermiamo l’auto vicino all’unica casa probabilmente abitata. Un grosso cane legato ci abbaia furiosamente dall’alto.C i dirigiamo lungo le stradine del paese, dalle abitazioni diroccate, con i muri spaccati e i tetti in disfacimento. Numerosi gechi (delle strane lucertole che io non avevo mai visto), percorrono i vecchi muri del paese. Ad un certo punto non si può più proseguire, così andiamo a riprendere la macchia dirigendoci verso l’altro lato del paese. Qui lo spettacolo è eccezionale. Craco sembra una cittadina abitata in tempi remoti; mi vengono in mente le antiche città del Medioriente. Craco è un vero monumento storico della nostra civiltà contadina. Secondo me questo è un paese che andrebbe recuperato. Altrimenti è destinato a rovinarsi e crollare ancora di più… C’è un ragazzino con le sue capre che domanda ai turisti se vogliono visitare il paese. Sembra una scena d’altri tempi. Sarebbe vietato ma noi andiamo lo stesso per i vicoletti del paese, fino all’antica torre sulla sommità della città fantasma. Dai tetti di Craco si notano lontane all’orizzonte le montagne del Pollino, che abbiamo lasciato stamane. L’altra meta è Pisticci, grosso paese con le case coloniche caratteristiche, tutte uguali, bianche e ad un piano. C’è un concerto e tanta gente per strade. E’ notte e bisogna montare la tenda. Abbiamo sbagliato a farci sorprendere dal buio. Usciamo dal paese e troviamo una pineta sull’orlo di un burrone. Abbiamo un po’ di difficoltà al buio a montare la tenda ma alla fine ce la facciamo. E’ il primo dei nostri campeggi di fortuna…
Informazioni a Sant’arcangelo. Qualcuno ci scambia per musicisti.
“Si va bene di qua?”
“Si, sempre dritti… Ma voi siete quelli
del complesso, quelli che devono venire a suonare?”…
Secondo giorno
nei sassi
Voi file di case! Occhieggianti facciate di finestre! Voi tetti!
Voi porticati e ingressi! Voi comignoli e griglie di ferro!
Voi finestre, il cui trasparente guscio tante cose potrebbe svelare!
Voi porte e scalini ascendenti! e volte, voi!
Voi pietre grige d’interminabili lastrichi! Voi calpestati quadrivi!
W.W.
La mattina verso le sette e mezza sgomberiamo il campo. Lasciamo Pisticci e i sui dintorni (il paesaggio è dominato dai calanchi che però qui sono popolati da colonie di rimboschimento di pini). La nostra prossima meta è Bernalda e poi Metaponto, dove ci aspetta il nostro amico Nicolino. Bernalda è architettonicamente come Pisticci, con ancora le caratteristiche casette coloniche. Bella la Chiesa Madre e il Castello. Ci dirigiamo poi verso il lido. Dobbiamo farci assolutamente una doccia. Scendiamo con gli zaini e il tipico abbigliamento di quelli che partono per la montagna piuttosto che per il mare. Spieghiamo che dobbiamo farci solo una doccia e che il mare ci interessa poco. Ci fanno così risparmiare due euro per il parcheggio. Dopo la rinfrescata si riparte. A Metaponto incontriamo Nicolino che ci porta a casa sua, situata nelle fertili campagne che circondano il paese. Lui e la sua famiglia ci offrono gentilmente il pranzo della giornata. La prossima meta sono le Tavole Palatine, 15 colonne che costituiscono ciò che rimane del tempio di Hera, la scuola greca dove insegnò il filosofo Pitagora. Il museo è chiuso; un cartello dice che è stato trasferito. Si va a Matera, la meta più prestigiosa del nostro viaggio. Non bastano poche righe per e le parole di un profano come me per descrivere una città così bella e ricca di storia e cultura. I Sassi sono a ragione l’attrattiva più spettacolare. Un groviglio impressionante di viuzze, porte, scale, vicoli. Anche il paesaggio naturale è eccezionale, in quanto la città vecchia si affaccia su un canyon spettacolare (la famosa Gravina). Essi risalgono al Neolitico e fino al 1400 furono un centro di vita religiosa animato dai monaci basiliani. I sassi di Matera sono davvero un grande affresco della civiltà contadina, che lega assieme, nella loro stessa architettura, passato e presente, la storia ufficiale e la storia “sociale” delle classi subalterne. Verso le otto lasciamo la città e cerchiamo un posto per accamparci. Non troviamo insegne di campeggi attrezzati… ma nemmeno li cerchiamo. Ormai siamo turisti fai da te. Ci viene l’idea: perché non accamparci proprio nella Murgia materana, a ridosso delle chiese rupestri? Ad un certo punto quest’idea lascia il posto ad un’altra un po’ più delirante: perché non dormire in una grotta? Fortunatamente desistiamo… Nella murgia troviamo un posto vicino ad una masseria e una piccola cappella, costruiti secondo lo stile dei sassi, montando la tenda vicino ad alcune querce. Non si sente nessun rumore e Matera è illuminata dalle luci della notte.
Civiltà decadenti. Troviamo delle “ballette” di paglia vicino al museo (chiuso), proprio a ridosso delle Tavole Palatine… una visione del contrasto tra una cività agropostmoderna e decadente e lo splendore della Magna Grecia?...
Terzo giorno
l'ombra delle Dolomiti Lucane si proietta nella foresta
La terra non stanca mai,
La terra è rozza, silente, incomprensibile a tutta prima, la Natura è rozza e incomprensibile a tutta prima,
Non scoraggiarti, continua, vi sono cose divine con cura celate,
Ti giuro, vi sono cose divine più belle di quanto possa dirsi a parole.
W.W.
Smontiamo il campo alla solita ora. Io e Salvo ci facciamo anche la barba. Poi c’è il solito rituale mattutino. Per lavarci la faccia uno a turno tiene un bidone e versa un po’ d’acqua nelle mani dell’altro, che così può sciacquarsi la faccia. Le salviettine umide sono per noi un’invenzione geniale. Senza di esse l’igiene personale sarebbe ancora più precario. Ci dirigiamo verso le grotte rupestri lasciando la macchina al Belvedere. La visita si rivelerà una breve esursione sui sentierini che costeggiano le grotte rupestri. Numerose le grotte adibite a chiese nel Medioevo dai monaci basiliani. E’ poi bello anche l’ambiente naturale (non mi stancherò mai di dirlo) che fa da sfondo a queste formidabili testimonianze archeologiche e storiche. Salvatore mostra un po’ di difficoltà tra le rocce perché è venuto con i sandali e perché è un bel po’ a digiuno di escursionismo. Io invece mi diverto come un matto a percorrere i gradini scavati nella roccia viva… Ritorniamo a Matera a incontrare un’ amica di Salvatore che studia a Roma. Poi ci facciamo di nuovo un giro per Matera, cercando di trovare delle scarpe da running in qualche negozio cinese per Salvo, una torcia e dei souvenir. Il proprietario del negozio di souvenir ci spiega che il turismo qui a Matera vive tutt’altro una situazione rosea e che esiste tanta disorganizzazione. Facciamo le compere previste, ci lasciamo alle spalle Matera e ci dirigiamo verso Tricarico, dominato da un’alta torre cilindrica. All’ingresso del paese troviamo un parchetto con dei pini e decidiamo di fermarci a mangiare lì. Il parchetto in realtà si rivelerà… l’ingresso del cimitero del paese. Grazie alle informazioni ricevute da alcuni avventori seduti in un bar, che subito, incuriositi, ci chiedono dove andiamo chi siamo e da dove veniamo, visitiamo il centro storico del paese, con la particolarissima torre saracena che domina le valli circostanti e la Rabatana, l’antico quartiere d’origine araba. La prossima meta sono adesso le Dolomiti lucane, artigli di roccia che spuntano dai boschi dominando le valli. Non pensavo che fossero così selvagge e suggestive… Ci dirigiamo verso Pietrapertosa. Per arrivare al paese bisogna salire verso i ripidi tornanti che portano in cima alla montagna, dove appunto è incastonato (letteralmente) il paese. Il castello domina sul pilone di roccia più alto. Il paesino è un susseguirsi di vicoletti e di casine addossate alla dura roccia. Aspetto simile ha Castelmezzano, dove andiamo più tardi, posto su un altro pilone di roccia della catena delle Dolomiti. Ci dirigiamo verso il parco della Grancia, famoso per lo spettacolo sul brigantaggio; volevamo assistere allo spettacolo ma un vigilante che si aggira nei dintorni con la sua moto ci spiega che si fa solo sabato e domenica. Il vigilante è molto gentile e ci consente di montare la tenda nel parcheggio del parco. E’ presto e non abbiamo niente da fare così decidiamo di fare una capatina a Potenza, città che volevamo evitare. Ci dispiace per i potentini ma Potenza non ci lascia un bel ricordo. La città è un bell’esempio di come il modernismo spinto degli ultimi tempi abbia potuto creare squallide brutture architettoniche. Dopo la breve capatina nella località più brutta della Basilicata ritorniamo al nostro campeggio, dominato dalla sagoma scura del castello di Brindisi di Montagna…
Lo starnuto. Siamo sui sentieri del Parco delle Chiese Rupestri quando uno starnuto rimbomba per tutta Matera, che è adesso lontana e ci sta di fronte. “Atciuuu!”. “Saluteee!” grida Antonio. “Grazieee!” risponde l’uomo sull’altro versante…
Quarto giorno
la bellissima "testa di cavallo" nel Museo Nazionale del Castello di Melfi
Per sempre vivi, per sempre in avanti,
Maestosi, solenni, tristi, rattratti, delusi, pazzi, turbolenti,
deboli, insoddisfatti,
Disperati, superbi, amanti, malati, accettati dagli uomini, dagli uomini respinti,
Essi vanno, vanno sempre, e so che vanno, ma non so dove,
Se non che vanno verso il meglio – verso qualcosa di grande.
W.W.
Dalla Grancia ci dirigiamo adesso verso il castello di Brindisi di montagna. Due ragazzi si sono accampati come noi nel parcheggio del parco. A Brindisi andiamo al bellissimo rudere del castello che domina austero le valli sottostanti (è in ristrutturazione… te pareva). L’altra tappa è Lagopesole, piccolo centro anch’esso famoso per il suo imponente castello, che andiamo a visitare. La prossima tappa è Rionero in Vulture. Di esso ci aspettavamo un po’ di più. Un signore ci dice che c’è un palazzo antico, ma che sta “cadenn a piezz”. Così si va verso i laghi di Monticchio. Qui ci concediamo un pranzo al ristorante e una pedalata sulle barchette in giro per il lago... proprio da veri turisti della domenica.Prossima tappa diventa Melfi e il suo famosissimo castello. Visitiamo anche il Museo Nazionale (interno al castello), con reperti archeologici di straordinario valore e bellezza (m’è piaciuta una scultura di testa di cavallo dipinta a mano in particolare). Passiamo attraverso Rapolla, che ci sembra un bel po’ trasandato, dirigendoci verso Venosa, la città di Orazio. Non ci stanno indicazioni, così chiediamo ad una signora dove si trova il paese; dice che dobbiamo seguirla. La nostra Mula non è tanto veloce e perciò a stento riusciamo a stare dietro l’auto, che corre velocemente. Il paesaggio qui è di nuovo quello delle grandi distese di grano bruciate dal sole. Visitiamo velocemente il castello e la piazza con il monumento dedicato ad Orazio. Dobbiamo riempire le bottiglie per fare scorta d’acqua. Ma anche alla piazza di Melfi troviamo la solita fontana a zampillo; sono belle quanto vuoi ma inservibili per riempire bottiglie e bidoni. Così ci inventiamo un sistema ingegnoso con una mezza bottiglia di plastica per far andare l’acqua nelle bottiglie… Si va verso Barile. Resteremo qui molto più del previsto. Notiamo nella zona di Ginestra un principio di incendio e lo segnaliamo al 115. Altri focolai sono sparsi per la zona. Si arriva a Barile, detta la “Città del vino”, per la superba qualità del suo Aglianico e per la presenza di antiche cantine. Dato che l’attrattiva maggiore qui è il vino cerchiamo una cantina sociale dove si possa assaggiare un buon bicchiere di Aglianico del Vulture. Ma la gente ci spiega che le cantine sono aperte solo di giorno e non di notte. Ho due amici qui che studiano a Roma, ma non ho i loro rispettivi numeri. Dobbiamo beccarli in giro. Fortunatamente incontro Piermauro in auto. Dice che ha fretta e che va in campagna ad una festa. Ci chiede di seguirlo. La serata sappiamo come passarla adesso. La festa in campagna la organizza proprio l’associazione culturale di Antonio, l’altro dei due amici che conosco. Antonio è sorpreso nel vedermi. Nella sua casetta di campagna c’è molta gente, si mangia e si beve. Ci stanno anche dei ragazzi stranieri che fanno il workcamp (lavorano all’estero; sono a Barile per pulire cantine), accampati in una scuola: abbiamo trovato il posto per campeggiare anche stanotte! Infatti gli amici di Barile ci dicono che possiamo accamparci là e fare domattina anche una doccia. Siamo sporchissimi e una doccia è indispensabile. Beviamo un bicchiere dell’aglianico di Antonio, e mangiamo un po’ di pasta. Ad una certa ora abbandoniamo la festa e andiamo ad accamparci. Nel parchetto, tra i pini, montiamo la tenda. Notiamo che il terreno è pieno di formicai. Salvatore decide che lui piuttosto che farsi mangiare dalle formiche è disposto a dormire… in macchina. Così Salvo si prepara a trascorrere la sua notte. Prima o poi finiremo a dormire sulle panchine di un parco dico io, come i barboni. Per evitare una notte nella Mula al nostro Salvo decidiamo di montare la tenda nel cortile. Dormiremo sul cemento ma almeno non saremo divorati dalle formiche.
Informazioni
A Melfi chiediamo informazioni ad un vecchietto per il Castello, dove c’è uno dei più importanti musei nazionali.
“Per il castello si va bene di qua?”
“E che n’ce… Che c’andate a fare?” (con atteggiamento di sufficienza…)
A Melfi chiediamo se la città è di destra o di sinistra. “E’ del cazzo… un minestrone con dentro destra e sinistra, come i fagioli o le patate…”, risponde un signore.
A Rapolla, che a quanto pare non sembra un granchè chiediamo ironicamente cosa c’è di bello nel paese.
“C’è qualcosa di bello a Rapolla?
“Eh… c’è la CITTA’. Questa è la città, la girate… e vedete se vi piace…”
Quinto giorno
un lucano muro di case
Per portare con te in futuro case e strade, ovunque tu vada,
Per cogliere le menti degli uomini nei loro cervelli,
come tu li incontri, per cogliere l’amore nei loro cuori.
W.W.
Quando ci svegliamo notiamo che gli altri ragazzi sono tornati tardi e adesso dormono con la porta aperta. Dobbiamo aspettare che si sveglino e che venga qualcuno dei ragazzi dell’associazione per indicarci dove sta il bagno in modo da poterci fare la doccia. Decidiamo di fare un giro alla Via delle Cantine, contando di trovarne una aperta che ci venda una bottiglia. Fatto questo torniamo in paese a farci l’ennesimo caffè in un bar. Leggiamo la bacheca del PD e notiamo curiosamente che il sindaco di Barile, la città del vino, si chiama BOTTE… non poteva che essere così. Il maresciallo mi dicono si chiami Spinelli… ma questo è un altro discorso. Barile, botte, vino… tutto qui è in armonia. Si torna alla scuola e nel cortile i ragazzi del workcamp e dell’associazione stanno facendo colazione. Un ragazzo amico di Antonio, bravissimo chitarrista, è assorto a comporre una canzone d’amore. A turno andiamo a farci la doccia. Eravamo davvero luridi… Nel mentre aspettiamo socializziamo con i ragazzi, leggiamo il giornale comprato in paese (ci sconvolge la foto e la notizia di una ragazza nigeriana pestata a sangue dai poliziotti). Abbiamo sentito il nostro amico Angelo di Contursi, che dovrebbe passare per Melfi e venire a farci una visita. Conoscendo il soggetto sappiamo che ci metterà tanto a venire. Antonio di Barile ci invita a mangiare con lui in una cantina sociale. Alla cantina si mangia bene e il vino è davvero buono. E’ una vera “cantina-centro sociale”, per i molti ragazzi che la frequentano. Abbiamo finito di mangiare quando Salvatore vede appesa una maglietta dell’Inter e comunica al proprietario che anche lui tifa la stessa squadra. Non l’avesse mai detto! Ilproprietario comincia a riempire bicchieri su bicchieri. Il ragazzo con la chitarra comincia a cantare e suonare. Alla cantina arrivano in tanto altre persone, come l’indimenticabile meccanico degli Indian Bikers. Si canta Briganti se Mora. Tutti che cantano, tutti che bevono. Risate a non finire. Quando arriva Angelo con la ragazza e la sorella siamo già belli brilli. Non pensavamo di stare tanto tempo a Barile! Gli amici di Barile vorrebbero che restassimo per “Cantinando”, la festa del vino che loro contribuiscono ad organizzare. Angelo ci invita a Contursi. Siamo un po’ titubanti ma alla fine accettiamo. Sconfineremo in Campania, nel bellissimo parco del Cilento: la vecchia Lucania un tempo era anche questa. Prima di andare a Condursi dobbiamo fare tappa a Muro Lucano, bellissimo paese che appunto sembra costituito da un muro di case arroccato alla montagna, con lo sfondo di un paesaggio roccioso. Si va a Contursi. Angelo ci invita a cena a casa sua. Domani è ferragosto e c’è al suo paese la tradizione di accamparsi sulle rive del fiume Sele. Angelo ci porta alle sorgenti termali dell’acqua sulfurea. Farà anche bene ma il retrogusto di uova marce di quest’acqua proprio non ci piace… Campeggeremo così vicino al fiume e Angelo dormirà assieme a noi, nella nostra tenda. Angelo ci porta a fare un giro per il pase, che ha un bellissimo centro storico. Arrivare al Sele diventa un po’ un’odissea per la nostra Mula; addirittura lungo il percorso ci sarà da attraversare un torrente! Molta gente è accampata al fiume aspettando il ferragosto.
Frasi mitiche. Un proverbio del gestore della cantina di Barile “N’culo ti trasa, ma n’capa no!”
Feste anarchiche. Così ci dice il mitico Antonio: “Abbiamo fatto una festa anarchico-insurrezionalista. Ce l’hanno fatta chiudere: sono arrivati 12 volanti. C’era di tutto… operai, studenti, BANDITI…”
Parolacce. Una bambina apre il rubinetto della fontana e il forte gettito la bagna tutta: “N’culu a mammeta! esclama…
Sesto giorno
campeggio nei boschi della Val d'Agri
Andiamo! Qui non possiamo fermarci,
Sebbene dolci queste riserve ammassate, e conveniente questa dimora, qui non possiamo restare,
Per quanto sicuro il porto e calme queste acque, qui non dobbiamo ancorarci,
Per quanto grata l’ospitalità che ci accoglie, a noi è concesso goderne soltanto un poco.
W.W.
La mattina faccio un po’ di foto al fiume. I Monti Alburni dominano il pesaggio; peccato per l’autostrada che rovina un po’ questo belllissimo paesaggio appenninico. Dopo una visita alla cantina di Angelo (il padre fa un vino eccezionale), adibita anche a luogo di studio, si riparte. Angelo vorrebbe che ci fermassimo qui per il ferragosto, ma non possiamo; come dice Withman qui non possiamo fermarci, sebbene conveniente sia questa dimora… La prossima tappa è Brienza, il cui centro storico è ormai disabitato dai tempi del terremoto. Bellissimo il castello. A Sasso si Castalda, piccolo paesino di 600 anime, faremo il nostro pranzo di ferragosto, in un parchetto attrezzato con tavoli e panchine (stavolta non è il cimitero), abbondando per l’occasione con salsicce, olive e carciofi siciliani e la bottiglia di vino regalataci da Angelo. Visita al centro storico e arrivo al punto più alto del paese, come di consueto, che stavolta non è un castello ma il rudere probabilmente di una piccola torre. La prossima tappa è la Val d’Agri. A Paterno abbiamo Mario, un altro nostro amico universitario. Abbiamo provato a chiamarlo ma è irraggiungibile. Domandiamo di lui in paese e alla fine riusciamo a sapere che sta campeggiando in montagna a Campo Rotondo, presso il Monte San Nicola. Paterno è un paese giovane, e si può dire che non ha un centro storico. Il paese è fatto di strade larghe e case distanti una dall’altra. Spicca su tutto una enorme chiesa futurista ancora in costruzione, a mio avviso del tutto fuori luogo. In piazza invece risalta una specie di monumento con dei cerchi colorati incastrati uno nell’altro: brutto anche questo. Il paesaggio in cui sorge Paterno è invece molto bello, risultando il paese circondato dalle montagne. Arriviamo a Campo Rotondo per una stradina stretta e ripida, che dà filo da torcere alla nostra Mula. Arriviamo ad un pianoro che ricorda quelli del Pollino. Qui siamo nella fascia altomontana della foresta di faggio. Lasciamo la macchina vicino a una cappelletta della Madonna e ci portiamo zaino e tenda. Ci accamperemo anche noi qui. Per arrivare al posto dei campeggi c’è un percorso di sterrato. Un ragazzo che conosce Mario ci dà un passaggio. Finalmente troviamo Mario, assieme alla ragazza. E’ sorpreso nel vederci… Oggi gli abbiamo fatto una bella sorpresa! Molta gente, quasi tutti paternesi, è accampata in questa bellissima radura. Mario ci offre subito un bicchiere di vino e ci indica un posto per il campeggio. Dice che tornerà fra dieci minuti e ci porterà un’altra bottiglia di vino. Montiamo la tenda e mangiamo. Mario non si fa vedere. Ci mettiamo a dormire. Ma la serata non è finita perché Mario un bel po’ brillo, ci viene a svegliare alle tre di notte esortandoci a vestirci in fretta, e dicendo che ha finalmente portato il vino. Così andiamo con lui a trovare altri amici suoi ancora svegli vicino al fuoco. Ci dicono che in passato organizzavano un festival chiamato Breccstock (in analogia con Woodstock) proprio qui a Campo Rotondo. Restiamo un po’ e poi si ritorna a dormire. Fissiamo l’appuntamento con Mario per la mattinata a Paterno, verso le undici.
Informazioni. Solita domanda ironica a una vecchietta.
“Ma che c’è di bello a Paterno?”
“Come? Io Nun v’agg capito?
“A Paterno che c’è di bello da vedere?”
“Io nun agg capit… chi vulit da mia…
Fac simile di lapide. Nel negozio di onoranze funebri a Paterno, in mostra due fac-simile di lapide con l’immagine di due una modelle bone e lo sfondo di papa Woytila. Sono nate tutte e due nel 1987 e sono morte nel… 2015…
Settimo giorno
il Monte Alpi segnala ormai la fine del viaggio: il Pollino è vicino e tra un po' saremo a casa
Compagno, ecco qui la mano!
T’offro il mio amore prezioso più del denaro,
T’offro me stesso in luogo di prediche e leggi;
Ti darai a me? viaggerai con me?
Ci resteremo fedeli, quanto dura la vita?
W.W.
La mattina ci svegliamo nell’aria fresca del bosco. E’ l’ultima notte che abbiamo trascorso in campeggio. Smontiamo la tenda, prendiamo gli zaini e ci dirigiamo verso l’auto. Alcuni paesani di Mario già svegli ci offrono un caffè. Un cucciolo gioca con una scarpa e viene rincorso dalla padrona. La luce calda della mattina si espande tra gli alberi e illumina il bel pianoro. Molte sono le mucche al pascolo. A Paterno aspettiamo un po’ prima che Mario si faccia vivo. Ci prendiamo un caffè nel suo bar preferito. Scegliamo come prossima tappa i resti archeologici di Grumentum, un estesissimo parco archeolocgico che poche regioni possono vantare. Visitiamo anche il Museo. Da Grumento ci dirigiamo verso un altro paese della Val d’ Agri, Moliterno. Belli i vicoletti attorno all’imponente castello. Si nota da lontano la sagoma piramidale del Monte Alpi, su cui sono stato l’anno scorso. Il Pollino è vicino e stasera torneremo a casa. Come ultimo paese decidiamo di visitare Rivello, bel borgo montano facente parte del patrimonio dell’Unesco. Passiamo anche per Lagonegro. A Rivello solita salita per i vicoletti e arrivo al punto più alto del paese, dominato o da un castello o da una chiesa. Siamo molto stanchi ed è ora di avviarci a casa mia. Ci aspettano raschcatieddi (tipica pasta in casa di Mezzana) e coniglio allevato in casa. Una deviazione ci fa sconfinare di nuovo in Campania. Dobbiamo passsare per Casalbuono per prendere la Salerno-Reggio. Passiamo per Montesano e ci investe una puzza cadaverica che ristagna per tutto il paese. Non riusciamo a capire che cavolo possa essere. Poi un’altra visione: una signora anziana pascola le capre e notiamo che ha dei baffi più folti dei miei! C’è una lunga fila di auto in direzione di Salerno, nell’altra corsia. Siamo in periodi di esodi. L’autostrada è un susseguirsi di deviazioni e di lavori in corso… un vero disastro. Si esce finalmente a Galdo. Si prende la sinnica e si sale verso la Valle del Frido. Arriviamo a casa mia come tre profughi, sporchi, stanchi e trasandati. Si mangia! Dopo aver finita l’abbondante cena, usciamo in piazza dove c’è una festa, la sagra dei rashkatieddi che abbiamo appena mangiato a casa mia. Poi arriva il momento dei saluti. Antonio deve arrivare a Viggianello, mentre per Salvatore il viaggio è ancora lungo. Da Laino a Castrovillari, poi a Cosenza, poi a Reggio, Catania, Caltanissetta e… Sud Africa orientale!
Bellezza e povertà. A Moliterno mi appare uno scorcio bellissimo: una porta vecchia, un muro screpolato ma di un blu bellissimo… un vaso di fiori. Mentre fotografo si affaccia una signora anziana dalla porta della casetta vicina.
“Vi sembra tanto bello questo muro da fotografarlo? Per noi è tutto brutto qui.”
“C’è questo colore blu bellissimo, e i fiori; per questo l’ho fotografato”, dico io.
“Era bello una volta, adesso è tutto screpolato”, dice la signora.
“Il centro storico andrebbe recuperato, bisognerebbe abbellirlo”, dice Antonio.
“Eh ma a noi non ci aiuta nessuno. I politici non pensano a noi”, ribatte la signora.
“E’ un problema di tutti i paesi della Basilicata”, diciamo noi.
“Eh si, la Basilicata è dimenticata da tutti…” è l’ultima frase della signora prima di salutarci...

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