sabato 2 aprile 2011

Il serpente e il bambino


Eccoli arrivare dalle tenebre remote della mente, nel cuore della notte. Le serpi sono dappertutto, spuntano dalle viscere della terra, materializzandosi come spettri. Si attorcigliano, scappano o si insidiano lentamente tra i ciuffi d’erba. E lui non si può muovere, e non sa cosa fare; aspetta il suo destino restando immobile, ormai prigioniero di un attimo che diventa eterno… perché i serpenti sono dovunque ed ogni passo è un’insidia e non si può più scappare; ma in tutto quel vortice di corpi verdastri e longilinei non sembra esserci minaccia: è come se non lo vedessero, e si attorcigliano alle sue gambe, vi scorrono in mezzo e vengono inghiottiti dalla terra, nell’’ignoto dal quale sono venuti. Esseri con le sembianze di un mondo primitivo e impenetrabile, con la sua storia scritta su quelle squame e che vive ancora nello sguardo enigmatico di quegli occhi inespressivi… Il sogno finisce e il risveglio si porta con sé il sollievo di essere al sicuro nel letto della propria stanza, lontano da quella minaccia, lontano da quel nido di serpenti…

Al paese dove viveva c’era da sempre la paura dei serpenti. Nei giorni infuocati dell’estate a volte i serpenti capitavano vicino alle case, si infilavano spaventati sotto le cataste del legname o tra le insenature dei muri di pietra. Se la gente li trovava per strada si dava da fare subito per ammazzarli. Con i bastoni, con i soffietti di ferro, con le scope, con la prima cosa che gli capitasse tra le mani. Non facevano distinzioni tra serpenti velenosi e non velenosi, tra bisce e vipere. I serpenti erano tutti delle vipere malefiche, la cui semplice vista bastava a far calare nel vicinato un’atmosfera di non solo di preoccupazione, ma direi quasi di terrore. Era proprio un giorno d’estate quello e il bambino giocava col suo triciclo rosso di plastica, in mezzo alle stradine che circondavano casa sua. Era un bambino di quattro anni. Col triciclo stava scendendo lungo una stradina che conduceva alle scalinate che portavano verso la chiesa. Vide un serpente strisciare sul pavimento di pietra della strada. Era un serpente grigio e sottile, che si muoveva con eleganza sul terreno. Era stato abituato a pensare che fosse necessario uccidere i serpenti quando si incontravano, perché erano pericolosi. Così pensò bene di passarci sopra con le ruote del suo triciclo. Il serpente fu fatto a pezzi e il bambino andò subito dalla madre per comunicargli che aveva ammazzato una vipera, poi la condusse sul luogo dove giacevano ancora i resti martoriati del serpente. La madre si meravigliò per il coraggio del bambino, che non aveva avuto paura, ma si spaventò pure, perché il serpente avrebbe potuto morderlo. Il bambino crebbe vantandosi di quell’atto di coraggio; l’uccisione della vipera era diventata una specie di prova di iniziazione nella sua infanzia, un evento che ricordava sempre con un certo orgoglio.

Il bambino era diventato ormai un adolescente e adesso possedeva una bella mountain bike rossa, con la quale si aggirava per le strade del paese, per i boschi e i prati dei suoi dintorni. Stava percorrendo un tratto di salita della strada provinciale quando vide un serpente attraversargli la strada. I serpenti erano pericolosi per l’uomo e bisognava ucciderli appena si incontravano, questo era quello che gli avevano insegnato fin da bambino. Il serpente adesso cercava di arrivare all’altro ciglio della strada. Pedalò in fretta e passò sopra di lui con la ruota. Il serpente era rimasto schiacciato, nella metà di quel corpo longilineo, ma proseguiva la sua corsa. Il ragazzo girò e tornò indietro per ripassarci sopra di nuovo. Il serpente adesso stava sulla difensiva, s’era raccolto in se stesso, come per convogliare le ultime energie rimastegli e dare l’ultima strenua battaglia a quell’aggressore così potente e terribile. Smise di pedalare e fece avanzare la bicicletta spostandosi con i piedi, poi schiacciò il serpente con la ruota posteriore, muovendola avanti e indietro con la pressione sul manubrio. Intanto stava osservando il comportamento del serpente. Addentava il copertone con tutta la sua forza, mostrando i denti sottili e aguzzi, nonostante il suo corpo fosse ormai del tutto lacerato e insanguinato. Era una difesa disperata e dignitosa allo stesso tempo. Una scena che turbò profondamente il ragazzo. Adesso gli dispiaceva per quel serpente. Si ricordava di aver letto da qualche parte che non tutti i serpenti sono velenosi, che esistono vipere e bisce, e che esse sono riconoscibili per tante caratteristiche diverse, che le vipere se non sono infastidite non aggrediscono nessuno; che i serpenti se lasciati in pace sono animali inoffensivi. Meditava su queste cose mentre osservava la tormentata agonia del serpente che lui adesso stava uccidendo. In un fremito di rabbia, mista a colpa, finì di ammazzare il serpente, sfregandogli la testa con la ruota e mettendo così fine alle sue sofferenze. Si sentiva in colpa per ciò che aveva fatto e ripensò alla prima volta che uccise un serpente, quando era un bambino e girava su un triciclo rosso. Si accorse allora di essere cambiato e decise che d’ora in poi non avrebbe più ammazzato un serpente. Mai più. Adesso i serpenti voleva solo incontrarli come esseri liberi che andavano per la loro strada. Era stato proprio il serpente a fargli cambiare idea. Con quell’atto di disperata difesa dall’aggressione era come se avesse parlato al ragazzo e in quell’occasione, proprio mentre moriva, era stato un suo maestro di vita.
 
Un quartiere popolare di una grande città con macchine e gente ovunque. La distesa di asfalto e cemento che copre ogni cosa... Una stanzetta di una vecchia palazzina, adibita a studio di Tattoo e Piercing. La ragazza incide un “tribale” sulla spalla sinistra del ragazzo, ma ignora che sta riproducendo i contorni di una pittura di sabbia Navajo, simbolo di un antico popolo che dialogava con la terra. E’ una ruota di medicina, e rappresenta il cerchio con le quattro direzioni. Dal centro del cerchio, il mistero del mondo, si dipartono dei serpenti stilizzati: sembrano quasi uscire da un nido, vanno rispettivamente a nord, a sud a est e ad ovest, disegnando una spirale di armonia e allo stesso tempo di mutamento. Il cerchio all’interno del quale sono compresi ha anch’esso le sembianze di un serpente. I piccoli serpenti rappresentano forse le direzioni della conoscenza e così anche gli uomini, che uscendo dal nido cercano subito di comprendere il mondo… proprio come quando lui si imbattè la prima volta lungo” la strada di un serpente”.

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