In solitaria al Corno Grande: Val Maone, Sella del Brecciaio, via dellaVetta Occidentale e cima del Corno Grande
Paesaggio di roccia: dalla cima del Corno Grande - foto by Indio. Sotto: 1. Sella del Breccaio; 2. la selvaggia cresta ovest del Corno Grande; 3. Ghiacciaio del Calderone, nei pressi della cima; 4. la nebbia cala sui ghiaioni e i gracchi corallini sembrano accompagnarmi nella discesa; 5. fioritura con lo sfondo del selvaggio Pizzo Intermesoli; 6. verso Campo Pericoli; 7. il massiccio del Corno Grande visto da Campo Pericoli; 8. Corno Piccolo tra le nuvole, visto dalla cresta ovest; 9.pinnacoli e abissi di roccia, dalla cima; 10. autoscatto di Indio presso il bivacco alle Capanne.
"...quanto importi nella vita non già essere forti , ma sentirsi forti ...
di essersi misurati almeno una volta....
di essersi trovati almeno una volta nella vita nella condizione umana più antica ....
Soli davanti alla pietra ... cieca e sorda....
Soli ... che le proprie mani e la propria testa ! "
di essersi misurati almeno una volta....
di essersi trovati almeno una volta nella vita nella condizione umana più antica ....
Soli davanti alla pietra ... cieca e sorda....
Soli ... che le proprie mani e la propria testa ! "
(dal film Into the Wild)
Lunedì a Teramo il caldo mi opprime e non riesco a fare nulla, nonostante sia stanco per l'aver viaggiato due giorni tra la Puglia, Roma e l'Abruzzo. Mi è rimasta la voglia di arrivare sul Corno Grande, la meta non raggiunta dell'ultima escursione guidata assieme ai miei amici (che ci ha permesso di spingerci sino al ghiacciaio Calderone). Vorrei fare però un altro versante: quello a sud del Val Maone - Campo Pericoli e da lì raggiungere la cima attraverso Sella del Brecciaio - Vetta Occidentale, ovvero la lunga e ripida cresta ovest del Corno Grande. Decido di partire domani, sfruttando gli ultimi giorni di bel tempo, perché le previsioni per il fine settimana danno peggioramento. Una montagna come quella del Gran Sasso non è uno scherzo e in condizioni meteorologiche pessime le cime potrebbero rivelarsi davvero rischiose. Da Teramo ai Prati di Tivo ci sono solo due pullman: dovrò prendere quello delle 8.30 e ripartire domani con quello delle 11.00 dai Prati: bivaccherò in montagna e arriverò ai Prati con calma la mattina dopo. Mi appresto a scalare un versante ignoto da solo, ma queste montagne, a differenza del Pollino, sono molto frequentate anche nei giorni feriali, per cui non c'è da preoccuparsi troppo.
Ho portato con me un sacco a pelo di alta qualità, che mi permette di bivaccare anche in condizioni di freddo intenso ed anche all'aperto. L'idea è di bivaccare comunque o al Rifugio Garibaldi o alle Capanne dei pastori, che incontrerò al ritorno dell'escursione. A Prati di Tivo noleggio un bastoncino da sci, compro una piccola torcia da portachiavi e mi incammino verso il sentiero che porta alle cascate del Rio Arno. Mi viene in mente un verso di Withman: "Da solo e in perfetta salute mi avvio per libera strada, il lungo sentiero marrone pronto a portarmi dove io voglia". Alle sorgenti del Rio Arno faccio scorta d'acqua e procedo speditamente verso il Val Maone. Incontro un signore che sta raccogliendo delle erbe selvatiche. Mi spiega di che si tratta, dicendo che volgarmente quest'erba è chiamata spinacio selvatico, è molto pregiata e mi invita a raccoglierla. Gli dico che al ritorno dell'escursione ne raccoglierò anch'io qualche foglia per poi portarla a casa e cucinarla. Arrivo alle Capanne, le quali, come diceva il signore sono circondate da spinaci selvatici. Incontro una comitiva di signore tedesche e chiedo a una del gruppo che parla italiano se vado bene per il Rifugio Garibaldi. Gli dico che vado al Corno Grande e loro mi dicono che il Rifugio G. è chiuso. Lo sapevo già, ma una stanza è aperta, da quello che so, per gli escursionisti. "Mi accontento di poco", dico alla signora, che capisce e sorride. Il Rifugio Garibaldi, piccolo e storico rifugio costruito a fine '800, non è gestito da nessuno e d'inverno viene sepolto dalla neve. Arrivo al rifugio e una delle stanze è aperta: ma la sporcizia è davvero tanta.
Le mie aspettative di trovare dell'acqua vengono tradite: dalla fontana non esce nemmeno una goccia. Quella che ho con me comunque dovrebbe bastarmi, e, in caso di necessità dovrei trovare sulla montagna i classici torrentelli che si formano dallo scioglimento dei nevai. Siamo a Campo Pericoli e adesso l'obiettivo è salire sulle pietraie della Sella del Brecciaio, che costeggiano i dirupi rocciosi della cresta ovest del Corno Grande: un ripido sentiero mi ricongiungerà alla cresta. Anche qui incontro decine di escursionisti che mi rassicurano sulla giusta direzione per Corno Grande. Il sole picchia parecchio sugli spogli e bianchi ghiaioni, popolati di tanto in tanto dai rari fiori di montagna, e il cappello a falde larghe che ho con me è indispensabile. Vado spedito ignorando la stanchezza che pur comincia a farsi sentire. Sulla linea di cresta comincia lo spettacolo: Pizzo Intermesoli a ovest è immerso nelle nuvole e all'orizzonte si stagliano i picchi rocciosi di Corno Piccolo. La cresta ovest si manifesta in tutta la sua imponenza. La mia intenzione è di seguire la via della Vetta Occidentale, che si rivelerà abbastanza impegnativa: è contrassegnata da un bollino bianco e rosso, il che indica nella segnaletica un percorso per escursionisti esperti con alcuni punti esposti. La via, opportunamente segnalata, segue la linea di cresta sia a destra che a sinistra e si rivela una divertente e facile (seppur faticosa) arrampicata in sicurezza tra rocce e pinnacoli: basta seguire i segnali sulle rocce per non avere problemi.
Scende una comitiva di nordeuropei a cui chiedo informazioni sul tempo necessario per raggiungere la vetta e loro mi dicono che ci vorrà più o meno un'ora. Procedo nella scalata senza fermarmi, di roccia in roccia. Dato che non conosco questo versante è bene che arrivi su celermente, per poi scendere dalla montagna prendendo l'altro sentiero che costeggia la cresta ovest e arrivare a Campo Pericoli dalla Sella del Brecciaio prima del tramonto del sole. Intanto sotto di me continua lo spettacolo delle montagne che appaiono e scompaiono tra le nuvole spinte dal vento. La vetta è ormai vicina e nell'euforia procedo ancora più velocemente: ecco il sentiero che vi conduce, sono quasi arrivato, da solo, con le mie gambe. Sebbene non sia mai stato un maniaco della scalata alla cima (anche perchè sul Pollino è un discorso quasi inconsistente) questo è un momento di forte emozione. Un pensiero fuggevole va a mio padre, a lui che era sempre in apprensione per le mie solitarie, ma che sotto sotto era orgoglioso e si fidava sempre di me. Come vedi ce l'ho fatta, anche stavolta.
Mi appare il Ghiacciaio Calderone, in tutta la sua maestosità. La piccola croce segnala la cima, 2912 metri: un piccolo baluardo roccioso, un angolo di mondo circondato dagli abissi di pietra avvolti dalla nebbia. Ci son volute sei ore per arrivare qui, il che non è nemmeno tanto, se si pensa alle dimensioni di questa montagna. Tutt'intorno è il paradiso della roccia che gli elementi hanno scolpito in forme aguzze che si protendono verso il cielo. Nei pressi della vetta mangio qualcosa, un po' di biscotti e qualche chicco d'uvetta. Il vento comincia a farsi intenso e devo mettere la giacca a vento. Adesso proseguirò per il sentiero normale, ricollegandomi alla Sella del Brecciano. Scendo lungo gli aridi ghiaioni, facendo attenzione a non scivolare, superando di tanto in tanto dei tratti di nevaio... sbaglio e mi spingo un po' più in là, in direzione del sentiero che porta alla Sella dei due Corni. Ritorno indietro scendendo in direzione della traccia visibile del sentiero, più sotto. La nebbia cala spinta dal vento; oltre al fischio sommesso del vento si ode solo il richiamo curioso dei gracchi corallini, che da questa mattina mi tengono compagnia. La coppia vola bassa fermandosi di tanto in tanto per terra... quasi mi aspettassero mentre scendo. Più sotto ancora dei nevai e dei torrentelli d'acqua che sgorgano sotto la neve... mi disseto da quell'acqua pura che bagna la roccia... anche se magari non è al massimo della "potabilità". La nebbia si dirada e ritorno al sentiero fatto ore fa. La luce del tardo pomeriggio è tersa ed è l'ideale per fotografare le stupende fioriture delle pietraie.
Posso concedermi un quarto d'ora di pausa all'imbocco del sentiero della Sella, contemplando le pareti a strapiombo della vetta occidentale.
Qui c'è anche una classica via alpinistica segnata sulla cartina, che però non riesco ad individuare: via che chissà, in futuro potrei anche percorrere... Ormai sono rilassato e non mi resta che procedere lentamente verso il luogo dove bivaccherò, fermandomi a fotografare il paesaggio illuminato dalla luce tersa del crepuscolo, che appunto è l'ideale per la foto di paesaggio. Adesso devo decidere se bivaccare al Rifugio Garibaldi oppure alle capanne dei pastori. Dato che il rifugio è parecchio sporco e dato che ancora manca un bel po' al tramonto, decido di procedere verso le Capanne. Poi voglio provare il mio nuovo sacco a pelo, testato fino a meno 10 gradi. Alle Capanne arrivo prima delle 20.00. L'istinto "cavernicolo" alla fine ha prevalso! Sistemo tutta la roba dentro una delle capanne: capanne per modo di dire... in pratica sono antichi ripari costruiti con delle pietre addossate a dei massi enormi. Il materassino entra giusto giusto là dentro e i piedi son rivolti verso l'apertura. Dopo aver sistemato il mio "letto", mangio qualcosa di sostanzioso: sgombro in scatola e pane. Butto sempre l'olio delle scatole ma, sarà per la fame, adesso mi sembra molto gustoso e faccio così la "scarpetta"...
L'ultima razione di acqua è finita e domani dovrò dissetarmi alle sorgenti del Rio Arno. Dormo tranquillamente, svegliandomi solo qualche volta. All'alba sono già sveglio, mi pulisco un po', metto le scarpe, ed esco fuori. Come diceva il signore incontrato ieri, qui è pieno di spinaci selvatici... prendo una busta vuota e ne raccolgo un po'. Ovviamente quelle non ancora "spicate". Sistemo tutta la roba e appendo la busta dei rifiuti all'esterno dello zaino, perché puzza di pesce in scatola. Si riparte per i Prati di Tivo, dove prenderò il pullman delle 11 che mi riporterà a Teramo...
Suggestivo e direi quasi avvincente. Grazie per l'emozione Indio!
RispondiEliminaVincenzo A:Grazie Indio! Hai aperto la strada per future avventure da condividere insieme...A presto!
RispondiEliminaBella avventura.Da quello cho ho capito hai fatto in salita la "Via delle Creste" che feci nel 2004 in discesa però.Il tuo spirito di avventura non ha limiti.
RispondiEliminaSpero sempre di fare qualcosa insieme al più presto.
salutoni
Dopo il racconto precedente di una deludente giornata di "montagna guidata" ecco servito il riscatto: gli ingrendienti per rileggere con la mente il "wild" narrato in tanti libri, passo dopo passo, in questa esperienza li hai fortemente cercati e vissuti: in montagna ognuno va con le propie gambe, con la propria testa e, soprattutto, con il proprio cuore. Complimenti Indio, la passione verso il tuo credo ti fa sempre più forte.
RispondiEliminaalle prossime
P.
Grazie del passaggio Pino... Sì, hai detto bene:ingredienti per rileggere il wild che ho fortemente cercato. Io li cerco sempre in ogni escursione e devo dire che in questa ho raggiunto l'obiettivo... Spesso si ottiene quanto più si rinuncia: rinunciare alle comodità e alle certezze per esempio, e anche alla compagnia a volte (il che non significa cercare il rischio, ma solo cercare più autenticità liberandosi dagli orpelli)
RispondiEliminaA presto sulle vette...
Indio