sabato 30 luglio 2011

Lupo nella neve

disegno by Indio

venerdì 29 luglio 2011

Diario 27 luglio 2011


Un uomo, un cane  e un lupo.  L' anello di Serra Crispo.


 autoscatto alla fonte Pittacurc - by Indio. Sotto: 1. radura lungo il sentiero che sale alla Grande Porta; 2. fatta di lupo; 3. massi rocciosi nel bosco lungo il sentiero: siamo quasi arrivati; 4. Buck tra i pini loricati.






"Anche chi non ne sa decifrare il significato nascosto, tuttavia, sa che il lupo esiste, perché la sua presenza si percepisce in tutti i territori popolati dai lupi, distinguendoli da tutti gli altri luoghi. È il brivido che percorre la schiena di chiunque senta i lupi di notte o ne segua le tracce di giorno. Anche senza vederli o udirli, la loro presenza è implicita in centinaia di piccoli eventi: il nitrito di un cavallo da soma a mezzanotte, il rotolare di sassi, il balzo di un cervo in fuga, la presenza di orme all’ombra degli abeti". 
(Aldo Leopold)

 Non amo tanto l'estate per andare sulle cime... anzi, l'estate se vogliamo è la stagione peggiore: monotonia dei paesaggi, prati secchi, afa e i micidiali tafani. Amo le cime d'inverno soprattutto, scalare creste e canaloni. D'estate mi capita di fare escursioni soprattutto accompagnando qualche amico. 


Ma una bella camminata appena tornato a casa ci voleva, magari nella foresta, senza andare su nessuna cima e accompagnato dal fido Buck, che essendo un cane, non può certamente partecipare d'inverno a scalate di creste e canaloni. Quando il cane mi accompagna vuol dire che faccio l'avvicinamento a piedi, da casa fino in montagna... il mio cane non entrerebbe nemmeno morto in un'automobile (odia tutto ciò che ha a che fare con la meccanica e l'elettronica, comprese biciclette e cellulari). Prendiamo il sentiero che sale alla strada di Fosso Ianacce, poi da là prendo l'altro che sale fino a Piano di Iannace. L'imbocco è segnalato da due giovani abeti bianchi. E' un sentiero segnalato non molto bene, per cui è facile smarrire il percorso nel bosco... più che un sentiero è un valico quindi, che costeggia a est la zona delle gole. Siamo nella località Bosco Tre Valli. Infatti sbaglio e mi porto troppo sotto incontrando una strada: è una pista che si ricongiunge alla stradina che sale a Iannace.  Ma sarà una fortuna l'aver deviato. Proprio prima di arrivare a Iannace sento un rumore nel pendio boscoso che costeggia la strada. Dal rumore sembra  un grosso animale selvatico. Guardo tra gli alberi aspettandomi di vedere subito il classico cinghiale. Anche Buck ha drizzato le orecchie ma aspetta ad andare a vedere. L'animale si fa vivo tra gli alberi per un qualche secondo, ma non mi pare proprio un cinghiale. Per quanto sia lontano e nascosto tra gli alberi riesco a distinguere un canide allungato, dal pelo corto e chiaro, che dopo la sua apparizione fugge via furtivo nel bosco, senza fermarsi e senza abbaiare. Dopo l'apparizione comincio a fare delle ipotesi su quello che ho visto. Se fosse un cane da pastore lo avrei riconosciuto, di solito i cani da pastore son tutti maremmani-abruzzesi, e poi non ho mai visto un cane aggirarsi così furtivo nel bosco. Inoltre di solito i cani da pastore abbaiano, a maggior ragione se incontrano un altro cane. Mi è capitato più volte di difendere il mio Buck, che è un meticcio maremmano di media taglia, dagli assalti di enormi cani da pastore,  in prossimità del loro gregge. 
Il canide aveva il pelo corto e chiaro... ma rifletto sul fatto che i lupi nella stagione estiva dovrebbero perdere il pelo e il loro mantello di solito diventa chiaro... L'ipotesi che quello che ho  visto sia un lupo potrebbe essere fondata. Il mio cane sente l'animale fuggire nel bosco,  forse ha visto anche la sua sagoma tra gli alberi e subito dopo va a controllare, nel punto in cui il canide si è affacciato, ma poi ritorna subito da me. E' ovvio che essendo un cane da compagnia non ha sicuramente capito con chi ha a che fare e non ha nemmeno rizzato il pelo. Una volta ero con mio padre in montagna per funghi e il nostro cane da caccia, Zeus, aveva stranamente rizzato il pelo... forse in quell'occasione aveva avvertito il passaggio del lupo nelle vicinanze. Lasciamo il lupo o quel che sarà al suo destino e ci dirigiamo alla sorgente situata appena si lascia bosco Iannace, nel bosco sulla sinistra. Facciamo rifornimento e lascio il cane bere per un po'.
 Ritorniamo indietro e prendiamo l'imbocco del sentiero che costeggia Serra di Crispo. E' uno dei sentieri più belli del Pollino. Anche Buck dopo la salita ha modo di procedere davanti nel sentiero quasi tutto  in piano. Un cane da pastore non disturba assolutamente la fauna, perchè segue sempre il sentiero e resta vicino al padrone. Al massimo Buck si limita a mettere il muso nei cespugli dove le lucertole fanno rumore. Finalmente sono tra i boschi della mia montagna preferita, Serra di Crispo e compierò un anello che mi porterà alla Grande Porta fino a ricongiungermi con Piano Iannace. Oggi vorrei fare un po' di birdwathching, dato che ho un binocolo della Nikon che è un vero gioiellino:  individuo branchi di uccelletti, ma questi non stanno un secondo fermi spostandosi da un ramo all'altro. Non ho tanta pazienza per queste cose e lascio perdere.... Riconosco delle cince: sono molto piccole e si tratta o della cincia bigia o della cincia mora. Attraversiamo Pietra Castello e proseguiamo per il sentiero... Incrociamo il sentiero fatto l'anno scorso che viene da Fronte di Mola, un santuario dell'abete bianco e proseguiamo a destra per la Grande Porta. Incontriamo il caratteristico e piccolo promontorio popolato sol oda piccoli abeti bianchi... 

Poi attraversiamo le belle radure di questa zona, da cui è possibile ammirare i versanti dirupati di S. di Crispo e S. delle Ciavole. Col binocolo osservo i dirupi alla ricerca di possibili vie alpinistiche per l'inverno: ne trovo una fattibile a Serra Crispo su un canalino che si snoda tra loricati monumentali. Vado con la memoria a quando, molto più giovane e incosciente, attratto dalla curiosità mi spinsi in ad arrampicare d'estate sul versante dirupato della Serra. Capii l'errore e riuscii a trovare un passaggio che mi portò fuori pericolo...  scivolai anche sul pietrisco e mi lacerai il gomito dov'è rimasta la cicatrice che ricorda quel giorno. Ci inoltriamo nel bosco... il sentiero è scavato a tratti sul terreno roccioso. Trovo degli escrementi di lupo: oltre alle dimensioni inequivocabili della fatta, una caratteristica che è facile incontrare nelle fatte dei lupi attuali è quella del pelo sottile di cinghialini al suo interno. Troviamo così un'altra traccia del misterioso predatore che popola da sempre queste foreste. Saliamo ancora, ascoltando i campanacci delle mucche vicine e finalmente ci portiamo verso la Grande Porta, dove tra i pini loricati consumiamo la nostra colazione: una pesca, biscotti e fichi secchi per me, pasta asciutta condita con olio per il mio cane. Dopo esserci dissetati alla Fonte Pittacurc arriviamo a Iannace dove Buck abbaia ad un branco di cavalli... poi incontriamo una nutrita comitiva di turisti, circa trenta ragazzi... "Mica avete paura del cane, dico io?" . "No, assolutamente", dice uno. "Mi sa che è lui che ha paura di voi" dico io, perchè Buck sembra non voler proseguire... Buck, nonostante la mole è un cucciolone timido e ha sempre paura quando vede assembramenti di gente, perciò come era prevedibile si rifuta di procedere assieme ai turisti, e cerca di seguirmi  trovando un passaggio alternativo nel bosco.  Così aspetto che i ragazzi si allontanino. Poi riprendiamo il sentiero fatto stamane e gradualmente ci portiamo a valle. Abbiamo camminato per ben 12 ore nella foresta, cane  e uomo, ognuno con i suoi pensieri e la sua "visione del mondo"...




giovedì 21 luglio 2011

Nella terra dell'orso marsicano


 torrente nel bosco presso la Val Fondillo

 Serra Gravare sullo sfondo: dalla Val Fondillo

Val Fondillo, pastore abruzzese (non dite mai maremmano i n Abruzzo sennò vi mandano a quel paese!) 


 ramneti presso il Rifugio di Iorio, sullo sfondo di Coppo del Principe

 la zona dei ramneti frequentata dall'orso bruno marsicano, presso Tre Confini


 torrente Scerio (Camosciara)

 Monte Serrone sullo sfondo

 cervo fotografato dalla macchina, in pieno giorno, a Villetta Barrea

Val Fondillo 

veduta della Camosciara

tramonto da Tre Confini

mercoledì 29 giugno 2011

Diario 28/29 giugno 2011


In solitaria al Corno Grande: Val Maone, Sella del Brecciaio, via dellaVetta Occidentale e cima del Corno Grande


Paesaggio di roccia: dalla cima del Corno Grande - foto by Indio. Sotto: 1. Sella del Breccaio; 2. la selvaggia cresta ovest del Corno Grande; 3. Ghiacciaio del Calderone, nei pressi della cima; 4. la nebbia cala sui ghiaioni e i gracchi corallini sembrano accompagnarmi nella discesa; 5. fioritura con lo sfondo del selvaggio Pizzo Intermesoli; 6. verso Campo Pericoli; 7. il massiccio del Corno Grande visto da Campo Pericoli; 8. Corno Piccolo tra le nuvole, visto dalla cresta ovest; 9.pinnacoli e abissi di roccia, dalla cima; 10. autoscatto di Indio presso il bivacco alle Capanne.



"...quanto importi nella vita non già essere forti , ma sentirsi forti ...
di essersi misurati almeno una volta....
di essersi trovati almeno una volta nella vita nella condizione umana più antica ....
Soli davanti alla pietra ... cieca e sorda....
Soli ... che le proprie mani e la propria testa ! " 
(dal film Into the Wild)



Lunedì a Teramo il caldo mi opprime e non riesco a fare nulla, nonostante sia stanco per l'aver viaggiato due giorni tra la Puglia, Roma e l'Abruzzo. Mi è rimasta la voglia di arrivare sul  Corno Grande, la meta non raggiunta dell'ultima escursione guidata assieme ai miei amici (che ci ha permesso di spingerci sino al ghiacciaio Calderone). Vorrei fare però un altro versante: quello a sud del Val Maone - Campo Pericoli e da lì raggiungere la cima attraverso Sella del Brecciaio - Vetta Occidentale, ovvero la lunga e ripida cresta ovest del Corno Grande. Decido di partire domani, sfruttando gli ultimi giorni di bel tempo, perché le previsioni per il fine settimana danno peggioramento. Una montagna come quella del Gran Sasso non è uno scherzo e in condizioni meteorologiche pessime le cime potrebbero rivelarsi davvero rischiose. Da Teramo ai Prati di Tivo ci sono solo due pullman: dovrò prendere quello delle 8.30 e ripartire domani con quello delle 11.00 dai Prati: bivaccherò in montagna e arriverò ai Prati con calma la mattina dopo. Mi appresto a scalare un versante ignoto da solo, ma queste montagne,  a differenza del Pollino, sono molto frequentate anche nei giorni feriali, per cui non c'è da preoccuparsi troppo. 

Ho portato con me un sacco a pelo di alta qualità, che mi permette di bivaccare anche in condizioni di freddo intenso ed anche all'aperto. L'idea è di bivaccare comunque o al Rifugio Garibaldi o alle Capanne dei pastori, che incontrerò al ritorno dell'escursione. A Prati di Tivo noleggio un bastoncino da sci, compro una piccola torcia da portachiavi e mi incammino verso il sentiero che porta alle cascate del Rio Arno. Mi viene in mente un verso di Withman: "Da solo e in perfetta salute mi avvio per libera strada, il lungo sentiero marrone pronto a portarmi dove io voglia". Alle sorgenti del Rio Arno faccio scorta d'acqua e procedo speditamente verso il Val Maone. Incontro un signore che sta raccogliendo delle erbe selvatiche. Mi spiega di che si tratta, dicendo che volgarmente quest'erba è chiamata spinacio selvatico, è molto pregiata e mi invita a raccoglierla. Gli dico che al ritorno dell'escursione ne raccoglierò anch'io qualche foglia per poi portarla a casa e cucinarla. Arrivo alle Capanne, le quali, come diceva il signore sono circondate da spinaci selvatici. Incontro una comitiva di signore tedesche e chiedo a una del gruppo che parla italiano se vado bene per il Rifugio Garibaldi. Gli dico che vado al Corno Grande e loro mi dicono che il Rifugio G. è chiuso. Lo sapevo già, ma una stanza è aperta, da quello che so, per gli escursionisti. "Mi accontento di poco", dico alla signora, che capisce e sorride. Il Rifugio Garibaldi, piccolo e storico rifugio costruito a fine '800, non è gestito da nessuno e d'inverno viene sepolto dalla neve. Arrivo al rifugio e una delle stanze è aperta: ma la sporcizia è davvero tanta. 

 Le mie aspettative di trovare dell'acqua vengono tradite: dalla fontana non esce nemmeno una goccia. Quella che ho con me comunque dovrebbe bastarmi, e, in caso di necessità dovrei trovare sulla montagna i classici torrentelli che si formano dallo scioglimento dei nevai. Siamo a Campo Pericoli e adesso l'obiettivo è salire sulle pietraie della Sella del Brecciaio, che costeggiano i dirupi rocciosi della cresta ovest del Corno Grande: un ripido sentiero mi ricongiungerà alla cresta. Anche qui incontro decine di escursionisti che mi rassicurano sulla giusta direzione per Corno Grande. Il sole picchia parecchio sugli spogli e bianchi ghiaioni, popolati di tanto in tanto dai rari fiori di montagna, e il cappello a falde larghe che ho con me è indispensabile. Vado spedito ignorando la stanchezza che pur comincia a farsi sentire. Sulla linea di cresta comincia lo spettacolo: Pizzo Intermesoli a ovest è immerso nelle nuvole e all'orizzonte si stagliano i picchi rocciosi di Corno Piccolo. La cresta ovest si manifesta in tutta la sua imponenza. La mia intenzione è di seguire la via della Vetta Occidentale, che si rivelerà abbastanza impegnativa: è contrassegnata da un bollino bianco e rosso, il che indica nella segnaletica un percorso per escursionisti esperti con alcuni punti esposti. La via, opportunamente segnalata, segue la linea di cresta sia a destra che a sinistra e si rivela una divertente e facile (seppur faticosa) arrampicata in sicurezza tra rocce e pinnacoli: basta seguire i segnali sulle rocce per non avere problemi.  

Scende una comitiva di nordeuropei a cui chiedo informazioni sul tempo necessario per raggiungere la vetta e loro mi dicono che ci vorrà più o meno un'ora. Procedo nella scalata senza fermarmi, di roccia in roccia. Dato che non conosco questo versante è bene che arrivi su celermente, per poi scendere dalla montagna prendendo l'altro sentiero che costeggia la cresta ovest e arrivare a Campo Pericoli dalla Sella del Brecciaio prima del tramonto del sole. Intanto sotto di me continua lo spettacolo delle montagne che appaiono e scompaiono tra le nuvole spinte dal vento.   La vetta è ormai vicina e nell'euforia procedo ancora più velocemente: ecco il sentiero che vi conduce, sono quasi arrivato, da solo, con le mie gambe. Sebbene non sia mai stato un maniaco della scalata alla cima (anche perchè sul Pollino è un discorso quasi inconsistente) questo è un momento di forte emozione. Un pensiero fuggevole va a mio padre, a lui che era sempre in apprensione per le mie solitarie, ma che sotto sotto era orgoglioso e si fidava sempre di me.  Come vedi ce l'ho fatta, anche stavolta.
 Mi appare il Ghiacciaio Calderone, in tutta la sua maestosità. La piccola croce segnala la cima, 2912 metri: un  piccolo baluardo roccioso, un angolo di mondo circondato dagli abissi di pietra avvolti dalla nebbia.  Ci son volute sei ore per arrivare qui, il che non è nemmeno tanto, se si pensa alle dimensioni di questa montagna. Tutt'intorno è il paradiso della roccia che gli elementi hanno scolpito in forme aguzze che si protendono verso il cielo. Nei pressi della vetta mangio qualcosa, un po' di biscotti e qualche chicco d'uvetta. Il vento comincia a farsi intenso e devo mettere la giacca a vento. Adesso proseguirò per il sentiero normale, ricollegandomi alla Sella del Brecciano. Scendo lungo gli aridi ghiaioni, facendo attenzione a non scivolare, superando di tanto in tanto dei tratti di nevaio... sbaglio e mi spingo un po' più in là, in direzione del sentiero che porta alla Sella dei due Corni. Ritorno indietro scendendo in direzione della traccia visibile del sentiero, più sotto. La nebbia cala spinta dal vento; oltre al fischio sommesso del vento si ode solo il richiamo curioso dei gracchi corallini, che da questa mattina mi tengono compagnia. La coppia vola bassa fermandosi di tanto in tanto per terra... quasi mi aspettassero mentre scendo. Più sotto ancora dei nevai e dei torrentelli d'acqua che sgorgano sotto la neve... mi disseto da quell'acqua pura che bagna la roccia... anche se magari non è al massimo della "potabilità". La nebbia si dirada e ritorno al sentiero fatto ore fa. La luce del tardo pomeriggio è tersa ed è l'ideale per fotografare le stupende fioriture delle pietraie. 

Posso concedermi un quarto d'ora di pausa all'imbocco del sentiero della Sella, contemplando le pareti a strapiombo della vetta occidentale. 
Qui c'è anche una classica via alpinistica segnata sulla cartina, che però non riesco ad individuare: via che chissà, in futuro potrei anche percorrere... Ormai sono rilassato e non mi resta che procedere lentamente verso il luogo dove bivaccherò, fermandomi a fotografare il paesaggio illuminato dalla luce tersa del crepuscolo, che appunto è l'ideale per la foto di paesaggio. Adesso devo decidere se bivaccare al Rifugio Garibaldi oppure alle capanne dei pastori. Dato che il rifugio è parecchio sporco e dato che ancora manca un bel po' al tramonto, decido di procedere verso le Capanne. Poi voglio provare il mio nuovo sacco a pelo, testato fino a meno 10 gradi. Alle Capanne arrivo prima delle 20.00. L'istinto "cavernicolo" alla fine ha prevalso! Sistemo tutta la roba dentro una delle capanne: capanne per modo di dire... in pratica sono antichi ripari costruiti con delle pietre addossate a dei massi enormi. Il materassino entra giusto giusto là dentro e i piedi son rivolti verso l'apertura. Dopo aver sistemato il mio "letto", mangio qualcosa di sostanzioso: sgombro in scatola e pane. Butto sempre l'olio delle scatole ma, sarà per la fame, adesso mi sembra molto gustoso e faccio così  la "scarpetta"... 
L'ultima razione di acqua è finita e domani dovrò dissetarmi alle sorgenti del Rio Arno. Dormo tranquillamente, svegliandomi solo qualche volta. All'alba sono già sveglio, mi pulisco un po', metto le scarpe, ed esco fuori. Come diceva il signore incontrato ieri, qui è pieno di spinaci selvatici... prendo una busta vuota e ne raccolgo un po'. Ovviamente quelle non ancora "spicate". Sistemo tutta la roba e appendo la busta dei rifiuti all'esterno dello zaino, perché puzza di pesce in scatola. Si riparte per i Prati di Tivo, dove prenderò il pullman delle 11 che mi riporterà a Teramo...




lunedì 27 giugno 2011

Tra Corno Piccolo e Corno Grande

Con gli amici Vincenzo A., Vincenzo T., Marta e altri del nostro gruppo, in un'escursione guidata  (dalla quale ci aspettavamo un po' di più, visto che non si è fatta nessuna traversata nè è stata raggiunta la cima, com'era nel programma!) abbiamo  potuto ammirare da ripidi sentieri scavati nella roccia, posti come il Vallone delle Cornacchie, il Ghiacciaio del Calderone e i pinnacoli del Corno Piccolo. Località tra le più grandiose e gettonate del Gran Sasso e, forse anche per questo,  purtroppo sputtanate inevitabilmente dall'urbanizzazione degli impianti di risalita che risalgono i crinali dai Prati di Tivo fino alla Madonnina, e di vari edifici in cemento nei pressi di questa località...

 Vallone delle Cornacchie

 escursionisti verso la Sella dei due Corni

 Corno Piccolo

 In salita verso il Calderone. In primo piano l'amico Vincenzo T.

 Ghiacciaio del Calderone, il più meridionale d'Europa

 Corno Piccolo tra la nebbia dalla Sella dei due Corni

lunedì 23 maggio 2011

Camoscio solitario

 Camoscio d'abruzzo tra le rocce, fotografato con uno zoom 70 mm. Dato che l'animale nella foto è lontano, non disponendo di una lunghezza focale maggiore, all'inizio ero insoddisfatto della foto. Ma scaricandola l'ho rivalutata subito: perché  risalta immediatamente l'ambiente naturale del camoscio... molto meglio quindi di una foto ravvicinata! - foto by Indio

dettaglio ingrandito della stessa foto

Diario - 22 maggio 2011

Nel cuore del Gran Sasso: Pietracamela, Valle del Rio Arno, Val Maone.

panorama, verso Grotta dell'Oro - foto by Indio. sotto: 1. lungo il sentiero che proviene dal Vallorne Rio Arno; 2. particolare dei pinnacoli avvolti dalla nebbia; 3. i versanti rocciosi in direzione del Corno Piccolo; 4. antichi ripari di pastori; 5. cascata, lungo il sentiero che collega Rio Arno a Prati di Tivo; 6. verso i Prati di Tivo, pascoli intatti sullo sfondo delle cime del Gran Sasso; 7. veduta panoramica dalla Val Meone. l'escursionista nella foto, visibile come un puntino a destra, rende bene la dimensione dello scenario.



Dove soggiorno adesso, dalla terrazza della mia stanza svettano lontani i picchi rocciosi del Gran Sasso, che da tempo sembravano  invitarmi alla scoperta dei loro segreti. L'occasione è arrivata subito. Vincenzo A., amico e fidato compagno di escursioni nella natura selvaggia, mi viene a trovare, per organizzare la nostra prima uscita alla scoperta degli scenari naturali di queste montagne imponenti e austere. Ad aggiungersi a noi c'è stata anche una nostra simpaticissima  amica di Teramo, che conosce già il Gran Sasso ed ha subito approvato la mia proposta. L'idea era di compiere un'escursione di "avvicinamento", non troppo impegnativa ma che ci regalasse visioni di natura aspra e selvaggia, nel "cuore" del Gran Sasso appunto. Non conosco la zona ma guardando la cartina dei sentieri noto che c'è un bel percorso che da Pietracamela, piccolo paesino incastonato nella roccia, risale un torrente chiamato Rio Arno, ammantato di boschi, fino a sbucare in un vallone in mezzo alle montagne.


Il percorso dà l'idea di un cammino che raggiunge il cuore di queste montagne, un cammino di contemplazione, che non ci imporrà la scalata di alcuna cima ma che si svolgerà al cospetto di un anfiteatro di  ghiaioni,  pareti verticali e picchi rocciosi sfiorati dalle nuvole... Non mi sbaglierò, perché l'escursione ci regalerà momenti indimenticabili. Pietracamela: qui, all'imbocco del sentiero, abbiamo una manifestazione della suprema forza della natura: una frana, massi rotolati giù, uno di essi enorme, fermatosi a ridosso delle case, il sentiero che non c'è più, travolto dal cedimento del terreno... Di regola non si potrebbe proseguire, ma sono convinto che il sentiero riapparirà se supereremo il pendio franato. Vado in perlustrazione e come pensavo ritrovo il sentiero... do quindi il segnale di via libera ai miei compagni d'escursione. La nostra amica ci dice che la frana ha travolto anche alcune incisioni rupestri, che si ritrovavano lungo la prima parte del percorso. Le vette delle montagne svettano dalla foresta. Dovremo percorrete tutto il vallone per poi sbucare in mezzo alle montagne, dirigendoci verso la località Val Maone. La prima parte del percorso si snoda lungo una strada sterrata, attraverso una vegetazione di macchia mediterranea, poi via via cominciano ad apparire i primi faggi e alla stradina sterrata si sostituisce uno stretto sentiero, più o meno in prossimità di un cancello con edifici di captazione delle acque. Il bosco regala angoli fiabeschi: in prossimità del torrente, sfiorato di tanto in tanto dal sentiero, faggi monumentali sono circondati da enormi massi. Richiamo sempre l'attenzione dei miei compagni d'escursione quando mi si para davanti qualcosa di bello da vedere...

Ogni tanto grandiosi faggi abbattuti dalla furia degli elementi ci sbarrano il passo. Poi appare una radura da cui possiamo ammirare i vicini picchi rocciosi, radura in cui ci riposiamo un po' e che ci fa pensare a propositi di "meditazione", oltre a farmi sfoderare in maniera piuttosto ilare citazioni di Whitman, London, Chris McCandless.  E come sottofondo musicale per queste atmosfere c'è lo scrosciare tumultuoso del torrente. Il sentiero risale i ripidi pendii boscosi facendoci sbucare presso una gola, la cui integrità selvaggia è stata purtroppo compromessa dal cemento delle strutture di captazione. Anche se più sopra il gettito delle cascate del Rio Arno è sicuramente suggestivo. Incrociamo il sentiero che va ai Prati di Tivo, che faremo al ritorno, e proseguiamo dritti seguendo il vallone da cui prende vita il corso del torrente, ormai fuori dal bosco. Qui comincia la wilderness vera e propria di questa parte del Gran Sasso. Ai nostri lati, a destra come a sinistra, si ergono picchi e pareti rocciose a strapiombo, circondati da enormi ghiaioni: a ovest svettano il Pizzo dei Caprai e Picco Pio XI, mentre ad est dominano le immense propaggini rocciose del Corno Piccolo e del Corno Grande: nella cartina leggo di toponimi come Coste del Calderone e Valle del Ginepro (forse chiamata così per le estese e basse macchie di ginepro che ricoprono i ghiaioni?).


Nel Vallone numerose sono le fioriture primaverili, con fiori delle specie più svariate (ci sono rarità botaniche, come dei fiori già incontrati sulla Maiella, di cui però non ricordo il nome e altre probabilmente molto rare, per non averle mai viste da nessuna parte) e possiamo contemplare enormi massi erratici; sparuti boschetti di faggio resistono ancora a queste alte quote coprendo alcune aree in prossimità dei fianchi del vallone. Per me è inevitabile catturare questi scenari scattando decine e decine di fotografie... Qualche volta dobbiamo anche attraversare degli isolati nevai. 
Poi c'è la visione di tre grotte che sembrano scavate dall'uomo: forse si tratta di cavità naturali modificate in passato dai pastori in funzione di riparo, e forse il toponimo Grotta dell'Oro trovato sulla cartina corrisponde ad esse. Dei corvidi neri vanno e vengono dalle pareti rocciose: si tratterà sicuramente di gracchi alpini, penso, ma poi, confrontando gli esemplari che ho visto con le foto trovate su internet si può affermare che si tratta del gracchio corallino (che ha il becco non giallo e dalla caratteristica forma ricurva); specie che dalle informazioni che ho ricavato popola le rocce d'alta quota di questa montagna.Ci dirigiamo verso le capanne dei pastori, nella Val Maone, come indicato dal segnale che incontriamo lungo il sentiero. Una barriera di creste fatta di rocce e neve si apre davanti a noi, dando l'idea di una conca chiusa tra le montagne. Abbiamo raggiunto la nostra meta a quanto pare, che ci regala così nuove prospettive panoramiche. Noto subito dei resti di muretti a secco e lo faccio presente agli altri. In effetti i ripari di pietra sono qui, tra le rocce, e destano in me richiami ancestrali della vita pastorale, vita a cui mi sento legato per le mie profonde origini contadine. Questi piccoli ripari di pietra si armonizzano al paesaggio delle vette e mi fanno fantasticare su giorni di solitudine tra queste desolazioni selvagge, e di notti fredde trascorse al riparo dagli elementi , com'erano quelle dei pastori di un tempo.
Ci riposiamo un po' a ridosso delle "capanne" e consumiamo il nostro pranzo frugale chiacchierando e scherzando. Mi prodigo in un'imitazione di Messner (uno dei miei eroi) ironizzando la sua resistenza alla fame e alla fatica, alludendo alla circostanza che ho portato nel mio zaino  solo un paio di biscotti e un sacchetto d'uvetta, sia per gli  spuntini che come pranzo. Vincenzo A. aggiunge l'aneddoto della "pasticca effervescente"... E' ora di ritornare, seguendo il percorso dell'andata fino alle cascate... poi faremo un altro sentiero per arrivare ai Prati di Tivo e poi a Pietracamela.
Il tempo sta peggiorando e arrivano delle goccioline d'acqua, poi si mette a piovere... sarà sicuramente una pioggia passeggera. Le pareti delle montagne e i massi rocciosi rotolati giù al limitare della valle assumono con il breve temporale una colorazione grigia e ci appaiono molto diversi, perciò, da come li avevamo visti stamane, illuminati dal sole. Vincenzo e la nostra amica teramana si sono fermati, sono davanti a me e sembrano osservare qualcosa... Vincenzo a gesti indica qualcosa, mimando il gesto dello scatto fotografico e invitandomi perciò a sfoderare subito la mia Nkon. Avranno avvistato qualche animale selvatico, penso subito. Sui massi che delimitano il vallone appare un camoscio solitario, che si arrampica lentamente saltando agilmente da un masso all'altro. Mi avvicino in silenzio, punto l'obiettivo e comincio a scattare foto a ripetizione dello stupendo esemplare di camoscio che sta davanti a me. L'animale si è accorto della nostra presenza, ma sembra sicuro di sé e per niente spaventato. Ovviamente la sua diffidenza istintiva di selvatico l'ha spinto subito ad allontanarsi da noi, riparandosi verso l'alto, su quelle rocce inaccessibili. Resto quasi commosso da questo incontro, poi penso che oggi è il mio compleanno e che questo è probabilmente il più bel regalo che oggi potessi ricevere. Nella mia prima escursione sul Gran Sasso abbiamo avuto per caso un incontro ravvicinato con un esponente di una specie che è anche un simbolo, un po' come l'orso e il lupo, della natura selvaggia e inviolata!

Proseguiamo, arrivati alle cascate, lungo il sentiero per i Prati di Tivo. Altri scenari maestosi si aprono davanti ai nostri occhi, come le cascatelle di un torrente che scendono dalle pareti rocciose di una montagna... Lo scenario ricorda una sequenza di Nosferatu, il film di Werner Herzog... Poi arriviamo in una zona di verdi pascoli, punteggiata da un gruppo di  faggi, sullo sfondo delle cime più alte del Gran Sasso, ancora imbiancate dalla neve dei canaloni e dei nevai di alta quota. Poi il sentiero si snoda nel bosco di faggio e si esce ai Prati di Tivo, località turistica del Gran Sasso. I Prati di Tivo sono già belli così, nonostante gli alberghi d'alta quota e soprattutto la ferraglia degli impianti di risalita abbiano compromesso irrimediabilmente il paesaggio: immagino la località come poteva essere un tempo, un pascolo di alta montagna punteggiato solo da sparuti casolari di pastori, con il versante della montagna privo delle deturpanti funivie e seggiovie... Si ritorna a Pietracamela, lungo un bel sentiero che costeggia un rumoroso torrente... Anche stavolta, per dirla con John Muir, andare in montagna è stato come tornare a casa....