mercoledì 6 aprile 2011

Diario - 5 aprile 2011


 loricato a ridosso delle rocce del canale nord - foto by Indio; sotto: 1. veduta della "Grande frana"... a sinistra, dov'è l'ombra, il percorso della "Via dei lupi"; 2. rivoli d'acqua sulle rocce; 3. una foto "improbabile" ma che dà l'idea della ripidezza del pendio; 4. veduta della sommità del canalone nord-est; 5. la barriera di rocce sommitale, vista da vicino; 6. il percoso della "Via dei Lupi"; 7. il Dolcedorme visto dalla dorsale est, con un pino secco accasciato nella neve... la cima non è lontana; 8. veduta dai Piani di Pollino, appena usciti dal bosco.


Per ripidi canaloni - Canalone nord-est Monte Pollino, alla vetta per la "Via dei Lupi"

La primavera già risveglia la natura delle valli, ma la neve resiste ancora sulle alte quote del Pollino. 
Volevo fare un’ultima escursione invernale proprio per “salutare” l’ultima neve delle cime, immergendomi nelle atmosfere invernali del Monte Pollino, ma cercavo qualcosa di impegnativo… L’intenzione era scalare uno dei canaloni del versante nord del Monte Pollino, su cui ricade il percorso noto ai soci del CAI Castrovillari come “Via dei Lupi”, ma la mia testardaggine e la curiosità mi ha spinto di nuovo sulle nevi della “Grande Frana” ovvero del canalone nord-est del Pollino. Alla fine ho fatto lo stesso la Via dei Lupi arrivando così in cima, dato che non sono riuscito a superare in sicurezza la barriera di rocce sulla sommità del canalone. Arrivato ai Piani di Pollino da Colle Impiso mi dirigo subito verso la base del canalone, attraversando i boschetti di faggi che ammantano i pendii boscosi del M. Pollino. La neve è marcia e il sole oggi picchia parecchio. Non ho fatto caso alla diramazione che porta alla sorgente Rummo  e dato che è l’unica sorgente dei paraggi devo procedere senz’acqua. Sono un tipo che beve poco in genere (almeno per quanto riguarda l'acqua), ma un po’ di  sete sotto il sole cocente si fa già sentire. Come rimedio  metto un po’ di neve nella mia borraccia. 
Mi viene in mente mio nonno e le sue memorie della guerra in Russia: i poveri soldati italiani avevano neve nelle loro borracce, mentre i tedeschi, loro alleati, le avevano piene di cognac. Perciò non lamentiamoci… Il fatto è che l’acqua della neve in realtà non disseta, perché priva di sali minerali; ma sicuramente è meglio di niente.
L’intenzione era salire per la Via dei Lupi, ma ritentare la scalata del canalone di due anni fa è una tentazione troppo forte. Do un’occhiata col binocolo al percorso: le rocce che delimitano il canalone sembrano non presentare difficoltà (ma mi ricrederò, come si vedrà!).
Il canalone si fa ripido, tolgo le ciaspole e inizio a scalare tenendomi accovacciato, per risparmiare energie e dare ritmo alla salita con movimenti costanti… C’è silenzio nei dintorni, ma si nota che c’è un’atmosfera diversa rispetto ai mesi trascorsi… è già primavera, perché si odono i versi di tanti uccelli. Non c’è vento ma in alto, verso la cima nascosta,  si ode il suo fischio lontano… è un bell’effetto, perché lassù sembra esserci la dimora di Eolo, che sembra lamentarsi per l’aria calma dei dintorni. Salendo accovacciato do un’occhiata al paesaggio che da questa prospettiva è sottosopra… un mondo che sembra racchiuso in una sfera di vetro e che così, capovolto,  appare ancora più bello. Forse per questo da bambini ci piaceva  guardare le cose sottosopra. Salendo, mi sto tenendo a sinistra, a ridosso delle rocce che delimitano ad est il canalone, anche per avere riparo dal sole sfruttando l’ ombra delle rocce. I raggi del sole diventano micidiali con la neve (e purtroppo oggi mi son vestito anche di nero!).
Zampilli d' acqua gocciolano dalle rocce. John Muir avrebbe detto forse, che queste rocce somigliano a tanti altari da cui zampilla l’acqua benedetta della montagna! Mi porto là per poterne bere un po’ con una cannuccia, perché ho molta sete. L’acqua proviene dalla neve che si scioglie, ma forse è filtrata dalla roccia ed è meglio della neve della borraccia.  Il paesaggio è davvero maestoso: un angolo di wilderness immacolata, popolata da una rada colonia di loricati. Addossato al dirupo verso ovest un piccolo pino resiste piegato alle intemperie, mentre un altro, secco, domina le rupi sullo sfondo del Dolcedorme. E i corvi imperiali vanno e vengono in gruppo, forse incuriositi dalla mia presenza. La scalata è stata  veloce ma adesso il pendio si fa molto più ripido… ed eccomi arrivato alle rocce. Dopo di queste, in alto, ci sono solo le cornici di neve da superare, e il gioco è fatto. Da lontano esse sembrano tanti gradini messi là per avvantaggiare l’ascesa degli alpinisti. Provo a salire le rocce che si ergono a sinistra. Avvicinandomi noto subito che il superamento delle rocce è meno facile di quel che pensassi. Intanto le rocce sono troppo sporgenti e quasi verticali. Le rocce poi si presentano sì come tanti gradini, ma gradini enormi, bagnanti o ghiacciati e… soprattuttto spioventi! La distanza in montagna inganna, e così un promontorio roccioso può sembrare molto più facile da percorrere rispetto a com’è in  realtà. Alcune  rocce inoltre non sembrano tanto stabili, e quand’è così non si hanno prese solide, col rischio di trascinarsi addosso dei massi che possono anche  travolgerti… 
Oltre alla questione delle prese insicure per le mani, il problema poi è che non riesco a creare dei gradini, su cui poggiare i piedi, visto che la neve che circonda le rocce è poco profonda e sotto di essa c’è anche del vetrato scivoloso. Non posso utilizzare come appoggio per i piedi le rocce scivolose perché bagnate, col rischio di scivolare e fare un brutto volo dalle conseguenze non prevedibili. Ho anche i ramponi nello zaino ma metterli adesso in una posizione così precaria sarebbe scomodo. Sono abituato con l’esperienza delle mie solitarie a dare retta al mio “campanello d’allarme”, a quella percezione immediata di insicurezza che prefigura una situazione di rischio. Rinuncio a superare il tratto e ritento con le rocce più al centro.. ma la situazione non è migliore.  Potrei anche vincere la paura e  tentare velocemente l’arrampicata, ma sono solo, senza nessun tipo di assicurazione, col rischio di rimanere imbottigliato. E pensare che superata quella barriera l’uscita sulla cresta sarebbe a portata di mano. Alla fine decido di rinunciare e ritorno con cautela sui miei passi poggiando i piedi sui gradini da me scavati, come se stessi scendendo una scala di legno. Guardo di nuovo le rocce e decido di fare un altro tentativo. Niente da fare, non riesco ad avere prese stabili e sicure che mi permettano di proseguire senza rischiare l’osso del collo. Potrei fare altri tentativi, ma  rischierei solo di perdere altro tempo e di affaticarmi più del necessario. 
E’ sempre brutto rinunciare ai propri obiettivi, anche perché ciò comporta a volte altre fatiche, e la tentazione della sfida è forte… ma alla fine quello che conta è la visione di selvaggia bellezza che mi ha regalato questa salita! Così torno indietro facendo attenzione a non scivolare, in direzione delle rocce popolate da una rada colonia di pini loricati...
Non resta che portarmi a ridosso del canale che costeggia la dorsale rocciosa del lato est, e  scalare il ripido pendio della “Via dei Lupi”,  che mi permetterà di uscire  senza intoppi sulla sommità della cresta est del Monte Pollino, non distante dalla cima. E così mi aspetta un’altra “bella”  progressione su pendio ripido! Procedo così infilzando la neve con la mia fidata piccozza e salendo incontro finalmente le rocce della dorsale, rocce che mi aiutano nella salita visto che offrono una presa salda. Raggiunta la sommità mi dirigo verso la cima.
Il tempo è peggiorato, ma questo è un bene, perché mi ha permesso di stare al riparo dai raggi del sole. Cala la nebbia sulla cima e mi dirigo verso la dorsale che conduce al sentiero per Gaudolino. Ma la nebbia mi crea dei minuti di disorientamento, perché non riesco a distinguere bene i miei punti di riferimento. 
Il mio punto di riferimento principale è Serra del Prete, ma riesco a vedere solo Castrovillari. Poco dopo capisco che in realtà stavo dirigendomi verso il Pollinello… Ma la nebbia si dirada e ritrovo la giusta direzione. A Gaudolino, dove mi dirigo subito alla fontana per dissetarmi, la neve sta scomparendo e i prati son punteggiati di bucaneve. Fiori che annunciano l’addio all’inverno e alla neve, che lentamente abbandonerà le vette sciogliendosi in mille rivoli d’acqua e ingrossando i torrenti più a valle…

 




4 commenti:

  1. Forse il più bel post che ho letto sul tuo blog....
    i miei complimenti più vivi, spero un giorno che riuscirai a pubblicare i tuoi racconti.....
    saluti indio da adalberto

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  2. Bel tentativo,
    non ho mai risalito la Grande Frana e in una occasione guardandola da sotto abbiamo notato che la parete sommitale non era ghiacciata e quindi abbiamo rinunciato a priori(la roccia non è buona).Hai fatto bene a rinunciare.Già il mese scorso in uno dei canali della Montea (mio ultimo post)si sono mobilitati i soccorsi per un alpinista rimasto imbottigliato.
    E poi la Via dei Lupi è molto bella.
    Saluti

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  3. X Pollinofantastico: Quello che tu dici sulla grande frana del Pollino mi conferma che non mi sbagliavo a voler rinunciare a tentare quel passaggio tra le rocce (il quale sembra facile ma poi ti spiazza subito). Anche perchè tu di alpinismo te ne intendi parecchio! E' stato bello comunque il tentativo. Quanto alla via dei lupi hai ragione: è prprio un bel percorso, divertente e che non presenta particolari difficoltà...
    X Adal: Grazie!Anche a me piacerebbe pubblicarli (i racconti) . Finora son riuscito a pubblicarne solo uno. Intanto mettiamoli in rete, poi si vedrà! Ciao...
    Alla prossima!
    Indio

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  4. ho letto tutti i post di Pollinofantastico, ora attacco con i tuoi...
    complimenti!

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