mercoledì 5 settembre 2007

Amico e alleato

Il cane è il compagno ideale per andare in montagna. Nel Pollino come in tutte le montagne ha costituito sempre un lavoratore infaticabile per condurre le greggi e difendere le bestie dagli attacchi dei lupi, per cacciare e scovare la selvaggina. I pastori un tempo fabbricavano per i loro cani dei collari di filo spinato o di cuoio ornati di chiodi, in modo da impedire che venissero azzannati dai lupi alla gola. Nelle escursioni capita di incontrare dei cani da pastore stupendi. Non bisogna aver paura di loro, anche perchè il cane da pastore è un animale molto docile. Spesso si limiteranno ad abbaiarvi. Altre volte i cani vi verranno incontro. In questi casi i cani si avvicineranno a voi e vi annuseranno, quasi come se volessero individuarvi, conoscere chi siete. Ho adottato sempre la solita strategia e mi è andata sempre bene, anche durante le prove "di fuoco". Un giorno, nei pressi del Monte Pilato, passo nelle vicinanze di un gregge di pecore. I cani, cinque o sei e tutti grossi, si accorgono di me e minacciosi sembra che vogliano saltarmi addosso e sbranarmi. Resto fermo, senza impaurirmi. Mi raggiungono da tutti i lati, ma appena hanno l'opportunità di addentarmi si fermano silenziosi ad annusarmi. Il pastore, che intanto stava arrivando allarmato per quello che poteva capitarmi si complimenta con me perchè a suo parere so come ammaestrare i cani! A quanto dicono gli esperti i cani poi percepirebbero dal nostro odore se siamo impauriti o tranquilli. Proprio il fatto di "sentire" la nostra paura li renderebbe più aggressivi. Il cane da pastore non è aggressivo, si limita a fare il suo lavoro: vigilare e "controllare" chi si avvicina al gregge. Il cane in genere diventa aggressivo se gli capita qualcosa che lo fa innervosire, qualcosa di non previsto e che provoca all'animale un senso di disorientamento. Mia nonna una volta rischiò di essere sbranata da due cani da pastore. Erano nervosi perché il padrone aveva venduto tutte le bestie del gregge. Ricordo anche che in un periodo d'assenza di mio padre, il cane da caccia che avevamo all'epoca, il quale era sempre stato docilissimo, era diventato aggressivo nei confronti della gente che veniva a casa nostra. Mio padre ha sempre tenuto dei cani, perché era cacciatore. Soprattutto il cane da caccia è uno spirito libero. Ha bisogno di uscire e correre per i boschi, altrimenti si deprime. Ricordo quando li portavo con me in montagna, per andare a funghi o a legna o quando andavo in bicicletta. Quando era ora di partire saltavano e abbaiavano dalla gioia. Ho perciò abbastanza sconforto quando vedo dei magnifici cani portati al guinzaglio in mezzo al traffico o nei centri commerciali di una città. Non è una bella vita ... nemmeno per loro.

sabato 1 settembre 2007

Diario - 30/31 Agosto 2007

Timpa di San Lorenzo dalla Gola di Barile - foto by Indio

L’anello delle Aquile: Timpa di San Lorenzo - Lisci - Scala di Barile

L’itinerario, percorso assieme all’amico Vincenzo, ha richiesto due giorni di duro cammino con 11 ore di marcia per ciascun giorno. Questo trekking attraversa parte del settore orientale del parco, snodandosi tra enormi speroni rocciosi e gole dai dirupi spaventosi, in un ambiente profondamente suggestivo, aspro e selvaggio. L’itinerario è abbastanza faticoso e per certi versi anche rischioso. Siamo partiti da Acqua Tremola salendo per la strada che risale fino al Rifugio Segheria, passando per la fonte Chidichimo e che poi incrocia la strada di pastori che conduce alla Falconara. E’ un percorso ideale per la mountain bike, in quanto lo sterrato è ben praticabile. La strada dei pastori che risale a destra è stata ribattezzata da noi “il sentiero dei prugni”: infatti è tutta costeggiata di prugni selvatici. Questa strada porta alla Falconara, uno strano sperone roccioso a forma di dente di squalo che si erge per centinaia di metri dai pascoli sottostanti. Più avanti sorge la mastodontica Timpa di San Lorenzo, che adesso ci apprestiamo a scalare. L’ambiente tutt’intorno è spoglio e brullo anche se si trovano boschetti di pino nero e di cerro. Più sopra, in direzione le cime del massiccio del Pollino, comincia l’estesissima foresta della Fagosa, che ammanta di verde le montagne dai versanti est. La zona è tutta caratterizzata da pascoli e seminati con solitarie masserie di pastori. E’ un ambiente che dà un’impressione di desolazione e persino di malinconia, ma forse in questo sta il suo fascino. Arriviamo alla base della Timpa e prendiamo il sentiero, ora segnalato (fin troppo) bene che porta alla vetta. Qui il panorama è eccezionale: sotto di noi, centinaia e centinaia di metri giù scorre il Raganello, che attraversa la gola di Barile, la quale separa Timpa di San Lorenzo dalla selvaggia e imponente Timpa di Cassano. Scendiamo lungo la cresta tenendoci sotto il filo nei pressi dei crepacci e dei punti più scivolosi. Non si può seguire la cresta fino alla fine, perché diventa molto ripida; perciò ad un certo punto bisogna tagliare a sinistra scendendo in direzione delle masserie vicino al paese di San Lorenzo Bellizzi. La zona che bisogna attraversare, senza percorso obbligato perché non c’è sentiero, è quella dei Lisci di San Lorenzo, un ambiente caratterizzato da rocce scivolose e pietrisco e quindi anche un po’ pericoloso. Piano piano, procedendo a zig zag, e dopo circa due ore riusciamo a scendere lungo la dorsale arrivando alle masserie sotto di noi. Questa ha rappresentato la parte più difficile e rischiosa - e quindi anche snervante - dell’intera escursione. Arrivati alla frazione abbiamo bisogno di rifornirci di acqua e per questo la andiamo a chiedere a dei contadini che, molto gentili, ci riempiono subito le nostre bottiglie e scambiano quattro chiacchiere con noi. Procediamo lungo le stradine del villaggio dirigendoci in direzione del torrente Raganello, verso la Gola di Barile. Sono ormai le sette di sera ed è ora di allestire il campo. Ci accampiamo proprio sulla riva del torrente Raganello, così possiamo lavarci un po’, rinfrescarci i piedi e piantare la tenda in piano sulla sabbia. La Gola di Barile ci sovrasta con i suoi inquietanti dirupi rocciosi. Fa molto caldo e il sacco a pelo serve solo come materassino.La mattina dopo sgomberiamo il campo e ricominciamo a camminare. Adesso ci dirigiamo verso la sommità di Palma Nocera, per trovare l’imbocco del sentiero, che attraversa la spaventosa Gola di Barile. Il primo tratto del sentiero è scavato nella roccia e anche molto ripido. Non ci sono parole né basta qualche foto per descrivere lo spettacolo a cui assistiamo lungo il tragitto. In fondo scorre il torrente Raganello e davanti a noi si mostra in tutta la sua imponente maestosità il versante scosceso della Timpa di San Lorenzo, (sulla cui sommità eravamo stati il giorno prima) che si erge dal fondo della gola per centinaia e centinaia di metri. Come sfondo musicale per questo scenario andrebbe bene una delle musiche dei Popol Vuh per i film di Werner Herzog… Ci mettiamo a scherzare su questa nostra fantasia mettendoci ad imitare con la voce una delle loro colonne sonore… Qui crescono abbarbicati alle rocce alberi di leccio e di carpino. Soprattutto il leccio popola moti ambienti rocciosi del Pollino. In posti come questi la natura mostra il volto allo stesso tempo meraviglioso ed inquietante della sua grandezza e della sua supremazia … Poche volte e solo in posti come questi si possono avvertire quelle sensazioni estreme che ci fanno sentire al cospetto delle gigantesche forze naturali. Alla fine comunque, questo sentiero che visto da lontano faceva rabbrividire si rivela invece abbastanza comodo. Sicuramente bisogna stare attenti perché se si scivolasse si finirebbe direttamente in fondo alla gola, sui massi del Raganello. Il sentiero abbandona poi la zona rocciosa attraversando boschetti di leccio e di cerro. Si lascia la gola e si prosegue fino all’incrocio di una strada che scende da Colle Marcione. All’inizio seguiamo, sbagliando, una strada che sembra portare sopra sulla strada asfaltata. Ma ad un certo punto siamo costretti a tornare indietro perché la stradina si perde in un groviglio di rovi e ginestre. E’ solo uno dei tanti sentieri del Pollino che si sono perduti con la progressiva diminuzione del pascolo. Le mie povere gambe sono tutte graffiate e sanguinanti perché sono venuto coi pantaloni corti: la raccomandazione di portarsi sempre i pantaloni lunghi in montagna dovrebbe sempre essere rispettata! Alla fine decidiamo di seguire la strada che sale e che (da come posso notare sulla cartina) porta a Colle Marcione. Nel libro di Braschi l’itinerario dell’Anello delle Aquile prevedeva di scendere giù, attraversare il torrente e poi proseguire verso Sant’ Anna. Ma abbiamo ormai non molte ore di luce davanti e non sappiamo in che condizioni sono i sentieri. Da un giorno e mezzo inoltre, dato che non c'è linea telefonica, non siamo riusciti a telefonare a casa; perciò decidiamo di portarci sulla strada che sebbene lunga, ci condurrà direttamente sotto la Falconara, dalla quale dobbiamo prendere la via del ritorno. La strada, da Colle Marcione, attraversa belle masserie circondate da seminati molto estesi. Un altro pastore, nella sua casetta isolata difesa da due grossi cani neri, ci farà riempire di acqua le nostre bottiglie ormai vuote. Per arrivare alla Falconara ci vorranno tre ore e altre due da lì per scendere ad Acqua Tremola. Questa escursione è stata molto dura, ma la fatica è stata ampiamente ripagata. Di nuovo il nostro Pollino ci ha catturati con la sua possente, meravigliosa bellezza …