sabato 5 settembre 2015

Diario - 3 settembre 2015


 Sui tetti dell' Europa: Breithorn occidentale (4.165 m.)





il logo del Gruppo Lupi lasciato al rifugio
 Giorni fa gli amici Maurizio Lofiego e Antonio Mitidieri, due escursionisti del nostro "Gruppo Lupi di San Severino Lucano", mi avevano proposto una gita di qualche giorno sulle Alpi, avendo come meta le alte quote delle nevi perenni di 4000 metri. Il 4000 proposto, il Breithorn Occidentale, la vetta più alta, è considerato una delle montagne alpinisticamente più "facili" fra quelle che arrivano a quella quota, essendo non particolarmente impegnativo da scalare e a non molta distanza dal Rifugio delle Guide del Cervino. Ciò che a me interessava non era tanto la "scalata" in sè, quanto osservare per la prima volta l'ambiente dei ghiacci perenni delle alte vette delle Alpi, che non avevo ancora avuto modo di vedere, se non da lontano in una sola occasione. 
Jean-Antoine Carrel
La località di partenza dell'escursione è  Valtournenche, bellissimo paese alle pendici del Cervino, luogo natio di tante guide famose, compreso Jean-Antoine Carrel,  contadino, cacciatore e appunto alpinista e guida alpina, che arrivò per la prima volta sulla vetta Cervino nel 1865, dal versante italiano. Dalle grandi doti morali, è ricordato per essersi sacrificato, in montagna, per salvare la vita di un giovane, suo cliente. 
Il Cervino domina lo sfondo del paesaggio di queste valli, e riusciamo a vedere la vetta appena le nubi che lo nascondono si diradano un po'.
Piove. Al campeggio prenotato opteremo per un bungalow. Il campeggio è ordinato, pulito e fatto bene, come del resto il paese di Valtournanche, dove nessuna cosa è fuori posto e anche le strutture turistiche rispettano l'architettura tradizionale, sebbene ormai queste vallate vivano più che altro di turismo che di vita rurale. 

Diverso il caso di Cervinia, la famosa località turistica che si trova più in alto a 2050 metri. Ma anche qui è possibile scorgere edifici ben curati nell'aspetto estetico, accanto a quelli tipici della località turistica urbana, che ha fatto la scelta dello sci da pista e degli impianti di risalita. Oggi ha poco senso parlare di "conquista della vetta". Nello spirito dell'alpinismo tradizionale ed eroico di un tempo, arrivare sul Breithorn era un'operazione molto più impegnativa... Magari una salita da Cervinia distribuita in tappe diverse, con appoggio a rifugi e bivacchi disseminati in quelle vastità di pascoli, ghiacciai in scoglimento e laghi glaciali.  
Ma invece la funivia ci porta a 3480 metri in un ambiente suggestivo, ma che non ha nulla a che fare con la wilderness alpina: il Plateau Rosa, il ghiacciaio dove si trova il Rifugio della Guide del Cervino è infatti una rinomata località dello sci da pista. Ma le aree selvagge, quelle che noi ricerchiamo,  non stanno a molta distanza; vi "entreremo" domani quando ci avvicineremo ai ghiacciai desolati e alle creste affilate del Breithorn, con crepacci e pareti verticali ostili ma che stregano con la loro bellezza primitiva. Al rifugio ritrovo i bellissimi gracchi alpini, che incontravo spesso in Abruzzo durante le mie escursioni... Qui vengono a racimolare gli avanzi lasciati dai turisti. 


Salta subito agli occhi che ci troviamo in un avamposto di frontiera; siamo al confine con la Svizzera e vediamo gente che parla tedesco, italiano e francese. Molti sciatori e alpinisti arrivano dalle funivie dei versanti svizzeri. Bighellonando nei pressi del rifugio notiamo che arrivano ragazzi con la divisa delle "guardie di confine", molti di loro hanno i tipici lineamenti nordici delle genti delle Alpi. Scopriamo tuttavia, la sera, che il cuoco del rifugio è un lucano e... cucina benissimo: uno dei tanti lucani girovaghi della Basilicata, come espresso bene in un celebre scritto del poeta Leonardo Sinisgalli. Il giorno dopo, conclusa l'escursione, ci ritroveremo assieme ad una tavolo del rifugio ad affettare le soppressate che non potevano mancare nello zaino, a bere un bicchiere di vino e a parlare della nostra amata terra lucana.  

La nebbia è calata sul ghiacciaio, speriamo che il tempo sia clemente per domani, per farci gustare i grandi panorami dalla cima del Breithorn. Non abbiamo pensato a prendere una guida, vista la relativa facilità del percorso e considerato che siamo abituati alle escursioni in ambiente innevato sulle selvagge montagne del Pollino; seguiremo la nostra mappa presa da internet e le probabili tracce dei tanti alpinisti che  arrivano su questa montagna. Pensavamo che facesse freddo di notte a più di tremila metri, ma dobbiamo invece passare una notte in una stanzetta con altre due persone e soffriremo per il caldo. Non amo molto i rifugi affollati, avrei la tentazione di andare nel corridoio e dormirè là seduto. Intanto già dall'ora di cena aveva cominciato a nevicare. La notte è scossa da fulmini e tuoni e il nevischio ricopre la neve più marcia. Si parte all'alba legati in cordata. Il tempo è sereno, il Cervino e altre vette aguzze e rocciose svettano dal mare di nubi, guardando verso la Svizzera, mentre altre montagne maestose svettano con i loro spettacolari rilievi. 



Siamo contenti, tutta al fatica del viaggio per arrivare qui "sui tetti dell'Europa" (13 ore di macchina!) è ricompensata dal cielo sereno e dallo spettacolo del mare di nubi sulle valli e le montagne sottostanti. Abbandonate le piste si va in direzione del complesso del Breithorn e delle sue spettacolari creste innevate. Nient'altro che il ghiacciaio in tutta la sua estensione, cornicioni di neve sulle creste e crepacci impressionanti. 
 Non siamo più in Italia ma in Svizzera, al di là del confine. Superiamo la cordata delle guardie di confine (una ragazza del gruppo, per la fatica, è caduta a terra svenuta, offriamo delle caramelle per aiutarla e poi proseguiamo) e cominciamo a scalare i ripidi pendii che ci porteranno sulla linea di cresta, superando un ponte di neve che ci permette di oltrepassare il crepaccio.



Arrivati alla cresta notiamo che a malapena possiamo affacciarci: il versante che sta sotto di noi è ripidissimo, la cresta molto affilata... una caduta da questa parte potrebbe avere conseguenze imprevedibili. 

 Arriviamo in cima, uno spazio ristretto di poco più di un metro quadrato e dopo di noi anche l'altra cordata di svizzeri. Il vento è impetuoso e gela le mani, non potremo stare qui a lungo. La temperatura percepita è di circa meno 10 gradi. Abbiamo portato con noi l'acqua del Pollino della fonte Spezzavummula,  e ne versiamo un po' sulla cima, in una sorta di scherzoso rito di gemellaggio con le Alpi, che ricorda ancora una volta quanto è stretto il legame con la nostra amata montagna del sud. Dalla cima la vista si apre su uno spettacolo continuo: lande desolate, ghiacciai attraversati da crepacci, cime aguzze di roccia, laghetti glaciali... e il mare di nubi che copre le vallate...



Sono posti lontani, che non toccherò mai, ma allo stesso così vicini, seppure la loro apparizione, nel mio personale sentire,  appartenga più al mondo della metafisica che a quello della realtà tangibile... Alcuni segni dell'uomo, rifugi e funivie, si vedono in quella vastità, ma sono pochi e quasi invisibili. Domina il silenzio bianco di una natura ostile e severa, ma allo stesso tempo di una struggente bellezza...




 Dalla cima scendiamo per seguire un percorso ad anello, che si ricongiunge alle tracce dell'andata.
Ho sempre amato un "alpinismo contemplativo", che all'avventura e alla prova fisica dell'ascesa unisca visioni e suggestioni di una natura ancora primordiale. Il fine, l'ascesa alla vetta, diventa in realtà il mezzo per entrare in sintonia con la natura delle vette, in questo caso quelle più alte d'Europa. Tale è il massiccio del Breithorn: le sue creste affilate e i suoi crepacci, le cime orientali, sono un richiamo per l'anima e, lasciarli, incamminandosi sulla via del ritorno, mette addosso una sorta di malinconia. Addio, anzi chissà, arrivederci cime maestose del Breithorn!



Un selfie: Maurizio Lofiego, Antonio Mitidieri e Saverio De Marco sulla vetta