domenica 24 dicembre 2017

Diario - 23 dicembre 2017

Serra Dolcedorme dalla Direttissima 

Itinerario: Cozzo Palumbo, Crestone dei Loricati - Direttissma, Cima del Dolcedorme, Timpa di Valle Piana, Varco di Malevento, Varco di Pollinello, La Tagliata, Cozzo Palumbo


Con Marco e Maurizio si voleva fare qualche scalata impegnativa in vista di Natale. L'itinerario scelto è stato uno di quelli del versante sud del Dolcedorme, che ancora non conoscevamo. Si tratta della via del Crestone dei Loricati - Direttissima, con ritorno lungo il sentiero per Varco di Pollinello - La Tagliata. E' un'ascesa invernale molto impegnativa, per dislivelli (ben 1300 m.!), tipo di terreno e chilometri. Stamane il vento è fortissimo e scuote gli alberi in maniera violenta; se continuerà così l'ascesa non sarà facile. Da Cozzo Palumbo dove lasciamo il fuoristrada, prendiamo un crinale panoramico, poi seguiamo un sentiero nel bosco; in seguito capiremo dalla cartina che è  quello che dovrebbe condurre verso il Vallone di Faggio Grosso.



Ci accorgiamo di aver sbagliato direzione e perciò ci dirigiamo a sinistra, salendo per raggiungere il Crestone. L'ambiente all'inizio è quello della bassa montagna, lecci pini neri, pini da rimboschimento, faggi. Più sopra predomina l'interessante associazione di pini loricati e pini neri larici, che qui sono autoctoni. Si vedono purtroppo anche i segni degli incendi degli anni scorsi. Molti pini larici hanno resistito al fuoco, altri non ce l'anno fatta. Il crestone si fa sempre più roccioso, i pinnacoli cominciano a spuntare e il bosco a diradarsi. 



La salita comporta qualche passaggio di facile arrampicata, o l'aggiramento degli spuntoni di roccia più alti. I pini loricati cominciano a predominare. Il panorama è superbo: i crestoni rocciosi, i canaloni e le impressionanti pareti del versante sud Dolcedorme, il verde dei pini loricati che popolano le rocce, creano un'atmosfera di wilderness incontaminata. Lontani si notano canalini ripidi che scendono dalle pareti, invitanti per l'alpinista. Qui è l'uomo che deve adattarsi alla severità della montagna, non viceversa. Non esiste la funivia che ti porta in cima, ogni metro di dislivello bisogna guadagnarselo con fatica. Ma l'impegno è ripagato dagli scenari che ci regala questa montagna.  Deturpare, addomesticare e banalizzare i luoghi selvaggi del Pollino significherebbe togliergli appunto la sua anima più profonda, quella della wilderness...

foto di Maurizio Lofiego







Abbiamo seguito il crestone e ad un certo punto ci rendiamo conto che dobbiamo abbandonarlo per raggiungere il canalone centrale, che dovrebbe portarci verso le vie che conducono alla vetta. Per noi oggi l'escursione è esplorativa. Intanto il tempo è nettamente in miglioramento, è uscito il sole ed il vento si è calmato. E' ora di calzare i ramponi, la neve è asciutta e scivolosa, sebbene ancora poca. Raggiungiamo il canalone centrale e cominciamo la dura salita, portandoci in un anfiteatro spettacolare di alte pareti rocciose e pini loricati monumentali: forse è il luogo più bello in assoluto dell'intera escursione. La neve in alcuni punti è instabile, perciò procediamo sulle pietraie: qui i massi ghiacciati ci reggono bene. 
foto di Maurizio Lofiego




foto di Maurizio Lofiego


 Ora il problema è scegliere il canale da scalare per uscire sulla cima. Individuiamo uno stretto canalino sulla destra, da lì si potrebbe passare. Poi, Marco che è più avanti, va a controllare sulla sinistra se c'è un'altra via; capiamo che si passa anche da lì e il canale è bello largo, anche se ripido. Intanto, notiamo che dal canalino di destra precipita un sasso: una ragione in più per seguire l'altra variante (come saprò dopo nella guida di alpinismo "Sud Verticale" il canale da noi seguito è indicato come la via classica della Direttissima Principale). La neve del canale è molto ghiacciata, penetrano solo le punte dei ramponi e il puntale della piccozza a volte ha difficoltà ad entrare. Marco procede rapidamente come Ueli Steck! Siamo sui 50 gradi come pendenza e il canale è bello lungo. Personalmente trovo più comodo salire ancora con la tecnica "francese" (piedi a papera e busto dritto, meno faticosa), alternandola a quella con le punte in avanti e le ginocchia piegate, nei tratti più ripidi e ghiacciati. 







Arriviamo finalmente sulla cresta, nei pressi della cima. Cornici di neve ghiacciate. In cima ci tratteniamo poco: abbiamo poche ore di luce e bisogna cominciare a scendere. La strada del ritorno è ancora lunga. 



foto di Maurizio Lofiego

Il versante sud è noto per i suoi dislivelli imponenti, mentre il versante nord d'inverno è impegnativo più che altro per la neve abbondante e il clima rigido. E  questo ci viene subito ricordato scendendo lungo la cresta ovest. Cala la nebbia e un vento gelido ci mette a dura prova. Non abbiamo ancora mangiato e ci ripariamo sotto dei massi ghiacciati. Riusciamo a resistere poco tempo senza guanti, le mani perdono subito sensibilità Ci rimettiamo in marcia nella nebbia fitta: non si vede nulla a pochi metri di distanza. Ci orizzontiamo seguendo la cresta, che ci porterà al Varco del Malevento. 





Volevamo scendere dalla cresta di Celsa Bianca, ma con questa nebbia e il vento, anche aiutandoci col GPS sarebbe complicato seguire questa via. Perciò, arrivati a Varco del Malvento ci dirigiamo verso il Varco del Pollinello, itinerario ben segnato, attraversando i bellissimi pianori di questa zona e lasciandoci alle spalle la nebbia e il forte vento. Ed eccoci alla Tagliata, mentre il sole tramonta guardando verso il Pollinello. Una piccola croce e una targhetta ricorda un incidente aereo accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale a dei piloti tedeschi, che si schiantarono sulle rocce. La discesa lungo il bellissimo sentiero che conduce all'Orto Botanico di Castrovillari è ancora lunga e seguiamo pazientemente la traccia alla luce delle nostre lampade frontali. Più giù, ricompare il Dolcedorme: il cielo è sereno e stellato, ma le nubi minacciose incombono ancora nella notte invernale di questa austera montagna...
















 

sabato 4 novembre 2017

Diario - 4 novembre 2017

In mountain bike: Viggianello, Vocolio, Prastio, Visitone





 Con gli amici Vincenzo Tedesco e Vincenzo Aiello avevo già percorso l'itinerario di cui si parla... ma al contrario. L'obiettivo  della giornata di oggi è stato più impegnativo: dai 500 m. di altitudine di Viggianello siamo saliti fino a oltre i 1400 m. di Visitone. Le temperature miti di questo periodo, le strade ancora asciutte e le giornate soleggiate ci hanno consentito in quest'autunno anomalo e siccitoso di uscire spesso con le nostre mountain bike. Ci incontriamo nei pressi di località Hotel Boschetto, passo da Voscari e Torno e poi ritrovo gli amici; da lì comincia la dura salita lungo dei panoramici e ripidi tornanti che attraversano delle pietraie battute dal sole del primo mattino, fino alla fine della strada asfaltata, nei pressi di una casa di campagna.




La salita è stata dura, d'ora in poi e fino a Prastio lungo il persorso prevalgono tratti in discesa e più pianeggianti. Si attraversano, boschetti, case abbandonate, estesi e aperti pascoli con tratti di strada che somigliano a dei viali, costeggiati da superbe e monumentali roverelle secolari. Dominano il paesaggio le estese faggete che coprono i pendii di Serra di Mauro e di Monte Grattaculo e l'imponente sagoma spoglia di Serra dell'Abete, che sovrasta la vallata di Prastio.








Arriviamo nella parte bassa di Prastio, superando stalle e case isolate. Incontriamo ogni tanto dei cani che ci abbaiano vedendoci arrivare. Ritroviamo la strada asfaltata e attraversiamo pascoli e orti baciati dal sole, con case e villette ben inserite nell'ambiente: una delle parti più belle del percorso, dove si respira ancora una ruralità genuina. Caratteristica di questo itinerario è proprio l'insieme armonico di ruralità e natura selvaggia; natura selvaggia che incontriamo arrivati alle ultime case di Prastio, salendo sempre verso la montagna.
Qui comincia infatti la strada forestale che ci condurrà verso l' estesa e selvaggia faggeta di Zaperna e poi a Visitone. I colori del bosco sono superbi in questo periodo. Inizia la parte più impegnativa e tecnica del percorso, con tratti di salita ripidi (si arriva a pendenze fino al 30%) e in parte con terreno instabile, a causa di sassi, rami e foglie secche. Andiamo comunque spediti in salita facendo una sosta solo quando arriviamo alla cappelletta di San Francesco di Paola: qui ci godiamo il sole e mangiamo un po' di frutta e biscotti.




C'è ancora da salire per arrivare a Visitone. Il dislivello in salita da Viggianello è di circa 900 metri. I chilometri, almeno quelli percorsi in totale da me partendo da Mezzana sono 42. Il percorso perciò si merita l'appellativo di "impegnativo" come difficoltà, perchè per affrontarlo bisogna essere ben allenati e motivati. Giunti a Visitone, ci riposiamo al rifugio sorseggiando una bella cioccolata calda...