martedì 30 marzo 2010

Diario - 28 marzo 2010

  Fiori di ghiaccio - dal Fosso Carceri ai loricati della Grande Porta

Loricati ricoperti di galaverna alla Grande Porta - foto by Indio. sotto: 1. il grande scenario della foresta che circonda le Gole di Iannace; 2. la gola di Fosso Carceri; 3. il tratto della foresta nei pressi delle Carceri; 4. loricati scheletrici presso il crinale della Serretta; 5. Buck osserva attento i dintorni; 6. un tratto del bosco Tre Valli percorso dal vecchio sentiero che da Iannace corre dritto attraverso la foresta che costeggia le Gole.

Nell’escursione che avevo programmato per il 28 ero indeciso sulla meta da raggiungere. Di sicuro sarebbe stata una camminata tranquilla. La cosa che volevo fare assolutamente era l’esplorazione di Fosso Carceri nell’ultimo tratto, quello più selvaggio. Poi sarei potuto arrivare a Timpone Cannocchiello, e magari me ne sarei sceso verso i Piani di Vaquarro e poi per il sentiero che conduce alla frazione Conocchielle, anche se il giro risultava troppo lungo. L’altra possibilità era raggiungere i Balconi di Pollino.Volevo anche ritornare sul vecchio sentiero che segue il valico che costeggia le sommità delle Gole di Iannace, sul lato est. Comunque l’intenzione era soprattutto fare un percorso che attaversasse la foresta di faggio e abete bianco attorno a Iannace. Dato che avrei portato con me il cane, di certo non sarebbe stato carino nei suoi confronti portarlo a scalare una cresta ripida e ghiacciata. I ramponcini per cani non li hanno ancora inventati! Decido di non decidere, ovvero di non stabilire una meta ben precisa. E così la mattina mi sveglio e parto da casa di buon’ora, a piedi,  assieme al fido Buck, che appena mi vede con zaino e attrezzatura  ha già capito che si va in montagna e manifesta tutta la sua contentezza. Dai sentieri che attraversano i boschetti di cerro ci portiamo dopo un po’ sulla strada che va al santuario. Da lì prendiamo il sentiero “Albanete” , che attraversa l’ultimo tratto delle Gole di Iannace alla confluenza del Frido. L’acqua del torrente è davvero tanta e rumoreggia nel bosco. Ci lasciamo alle spalle il superbo scenario delle gole e ci dirigiamo veso Pietra Spaccata, per poi raggiungere Cresta della Madonna.  Comincia a vedersi un po’ di neve. Noto un cunicolo scavato ametà tra neve e terra da qualche topo muschiato o di montagna: la neve sciogliendosi lascia intravedere l’opera del roditore sul terreno. Mi lascio alle spalle il rifugio del santuario e mi inoltro nel bosco di faggio seguendo il sentiero. Si raggiungono delle radure nei pressi delle quali monumentali faggi si ergono accanto a massi rocciosi: sembrano essi stessi di roccia. Questa zona si chiamava anticamente “ il Porcaru” ed era nota proprio per la presenza di enormi faggi secolari, molti dei quali salvati fortunatamente dal taglio negli anni ’80. Cominciano ad incontrarsi i primi abeti bianchi: fra poco arriverò all’incrocio con il sentiero che attraversa il torrente conducendo a Piano Iannace. Lo scrosciare impetuoso del torrente preannuncia che sono vicino al guado. Il mio obiettivo adesso è risalire ed esplorare l’ultimo tratto di Fosso Carceri  fino al punto in cui potrò deviare a sinistra, verso il lato est della foresta, per sbucare a Piano Iannace. Capisco subito che seguire il torrente non sarà facile perché  non sempre potrò costeggiare le sue rive con facilità . Devo decidere quale sponda del torrente mi conviene costeggiare: seguo quella sinistra ma devo subito aggirare i ripidi pendii iniziali. Lungo il letto del torrente crescono giovani piante di abete e la neve alta ricopre i massi rocciosi a volte creando dei ponti tra di essi. Arrivato alla sommità rocciosa della gola ridiscendo e mi accorgo che non si può proseguire a sinistra. Devo oltrepassare il torrente per giungere sulla riva destra, che risulta percorribile almeno per un bel tratto di visuale. L’acqua scorre impetuosa e la corrente è forte. Per me non ci sono problemi ad attraversare anche perché le mie nuove e costose scarpe della Scarpa (un nome più originale non avrebbero potuto trovarlo…) mostrano davvero una grande funzionalità. Buck però si mostra perplesso nell’attraversare la corrente. Così decido di mettergli il guinzaglio per poterlo aiutare nel caso dovesse scivolare.
E’ titubante ma alla fine attraversa senza problemi. Procediamo agevolmente  sulla riva destra mentre davanti a noi cominciano ad ergersi le pareti rocciose della gola. Attraverso un faggio caduto trasversalmente sul torrente e Buck mi segue saltandolo con agilità. Ed ecco che si affaccia una di quelle visioni spettacolari che solo il Pollino sa regalare: davanti a me si staglia una gola dalle pareti alte e ripide,  in mezzo alla quale  l’acqua spumeggiande corre giù lungo i massi rocciosi in piccole cascatelle. Un albero secco e spoglio è posto di traverso ed ha l’aspetto di una lontra che stia immobile sul torrente. Abeti giovani e longilinei si affacciano dalla sommità rocciosa della gola. Speriamo che questo posto resti intatto per sempre così com’è. Basterebbe anche un picclo ponticello per annullare l’immacolata bellezza che presenta. Qui non si può attraversare e dobbiamo di nuovo risalire, aggirandolo, il tratto della stretta gola, arrampicandoci sui pendii coperti di neve. Buck mi segue veloce ripercorrendo i miei passi. Aggirato il lato roccioso il torrente adesso risale dolcemente i pendi boscosi. Incontro una biforcazione dove un affluente scende sulla destra. Bisogna attraversare di nuovo e stavolta Buck non ha più paura. Mi porto così sul  lato sinistro della riva. Questa zona è detta  "le Carceri" perchè qui era facile perdersi: in effetti se si devia verso sud-ovest la foresta sembra non conoscere limiti, perchè si espande  verso Timpone Cannocchiello e il Bosco Toscano fino al letto del torrente Frido. Proseguendo dritto devo sbucare necessariamente a Piano Iannace. Controllo la cartina ed effettivamente è così. Ho deciso che l’escursione può terminare anche là. Però arrivato a Piano Iannace noto subito che i loricati lontani di Serra Crispo sono bianchi di ghiaccio. Un evento che non  sempre è frequente. I loricati ricoperti di galaverna rappresentano  un’attrazione irresistibile e perciò decido di proseguire; voglio arrivare almeno alla Grande Porta per assistere da vicino allo spettacolo. Indosso le ciaspole, mi fermo e do da mangiare al cane. Ossa e pane. Il mio pasto è a base di fichi secchi, come sempre. Giunti al Piano di Toscano la neve è davvero tanta.

Non riesco ad individuare la fonte Pittacurc: è sommersa dalla neve. Su Serra Crispo i loricati coperti di ghiaccio appaiono e scompaiono tra la nebbia che cala sulle creste. Noto che un fianco della lontana Serra del Prete è squarciato da una slavina, che ha sradicato un lembo della foresta che ricopre i ripidi pendii. Buck  ama correre e rotolarsi in questa distesa di neve. Non c’è nessuno oltre a noi; la montagna oggi sembra un deserto desolato di neve, alberi e rocce. Non si avverte nemmeno la presenza di animali selvatici. Oggi il vento è la sola voce che si può ascoltare quassù. E’ vero che percorrere la  montagna da soli crea sempre una sorta di malinconia (siamo animali sociali, che ci piaccia o no) e che perciò fa sempre piacere incontrare altre persone durante le escursioni: la montagna unisce chi la ama e salutarsi e scambiare due chiacchiere diventa un gesto quasi spontaneo. Ma oggi è domenica delle Palme e soprattutto ci sono le elezioni regionali, così tanti escursionisti e turisti hanno perso l’occasione di una bella escursione tra i loricati rivestiti di galaverna… per conto mio oggi voterò solo la montagna. La politica per com’è conciata possiamo anche metterla da parte! La Grande Porta è vicina ed accelero il passo. Buck mi cammina accanto e per un po’ mi salta addosso manifestando la sua euforia. Siamo soli. Un uomo e un cane  vagano in una vastità selvaggia legati da una strana alleanza che si perde nella notte dei tempi… Ed eccoci tra i loricati della Grande Porta. I pini coperti di galaverna rappresentano  uno spettacolo davvero fantastico. Ricordano vagamente dei coralli o degli  alberi fioriti, anche se questi fiori apparenti non segnano l’inizio della primavera ma gli ultimi sussulti dell’inverno.  Il tempo è parzialmente nuvoloso, fa freddo e il sole fa capolino ogni tanto nel cielo azzurro e terso. E’ l’ideale per fotografare, perché la luce è soffusa ed esalta  i dettagli del paesaggio. Basta un raggio di sole che penetra le nubi per creare un bell’effetto fotografico. Del resto sono arrivato fin qui proprio per fotografare i loricati: il motto di un fotografo naturalista dev'essere sempre "al posto giusto nel momento giusto".
Ogni pino ricoperto di ghiaccio  è un’ unicità, uno spettacolo a sé. I granelli di giaccio spinti dal vento si staccano dai rametti e piovono su di noi Il vento soffia con forza e mi gela le mani; ho dimenticato i guanti per cui ogni tanto devo riscaldare le mani nelle tasche dei pantaloni, lasciando così la presa della mia Nikon. Seguendo il crinale che delimita la Grande Porta mi aggiro così tra gli alberi monumentali mentre Buck esplora i dintorni. Mi porto fin sotto l’inizio di Serretta della Porticella dove mi appare il gruppo di scheletrici loricati bianchi. Buck si è seduto a ridosso delle rocce ed osserva  le distese innevate sottostanti, attento al minimo movimento o rumore. E’ ora di tornare sulla via del ritorno. Buck in discesa è veloce e mi distanzia parecchio,  fermandosi di tanto in tanto ad aspettarmi per non perdermi di vista. A Piano Iannace decido di prendere un vecchio sentiero che mi insegnò una volta mio padre, utilizzato un tempo dai cacciatori. Il sentiero  costeggia all’inizio le rocce che delimitano Piano Iannace a nord, e scende dritto attraversando  la foresta per poi costeggiare le rocce sommitali delle Gole di Iannace dal lato est. Noto con piacere che le guide hanno provveduto a segnalare il vecchio sentiero, legando delle strisce di plastica agli alberi (è il metodo di segnalazione che io preferisco; meglio della vernice...). A quanto pare proprio lungo questo valico si snodava una volta una teleferica utilizzata per il trasporto dei tronchi. Siamo nel Bosco Tre Valli, caratterizzato dalla presenza di grandi faggi e giovani  abeti bianchi che popolano le sommità rocciose della foresta. Di sicuro da qui si arriva a Iannace molto velocemente. Buck è come se sapesse il sentiero a memoria, perchè corre avanti seguendo perfettamente il tracciato segnalato. Sento tra i faggi il richiamo di un uccello: confrontato con le registrazioni audio che ho potuto ascolatare su un sito (www.seguilisentiero.it) potrebbe essere proprio il picchio rosso mezzano, una rara specie di picchio che popola le foreste della Basilicata e che rappresenta un indicatore di ambienti forestali intatti e non manomessi dall’opera dell’uomo. Il sentiero sbuca finalmente sopra la strada e due piccoli abeti sembrano sorvegliarne l’imbocco. Non ci resta che procedere per il sentiero del pellegrino e tornare a casa attraverso i boschetti di cerro.

domenica 14 marzo 2010

Il cerchio della vita

Questa è una foto di circa tre anni fa, scattata con una semplice digitale compatta. La considero una delle foto più significative che abbia fatto... oltre ad essere legata ad una mia vicenda personale. Procedevo in solitaria verso la cima di Serra delle Ciavole con le mie nuove ciaspole e mi si dipanò questa veduta che rappresenta bene l'anima del Pollino. L'immagine rimanda significativamente al cerchio della vita: la cornice è rappresentata dal loricato secco che per me richiama la fine naturale di tutte le cose, che però continua a testimoniare il suo passaggio nel mondo; i loricati piccoli simboleggiano la rinascita, le nuove generazioni che si affacciano alla vita; il pino adulto il vigore e la forza della maturità... e poi c'è lo sfondo, che completa lo scenario di questo paesaggio primordiale  e selvaggio. E' quello che io ci vedo...