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venerdì 15 agosto 2014

Diario - 3/8 agosto 2014


  Natura e cultura sui sentieri dei briganti - III edizione



Dal Pollino occidentale al Pollino orientale, dalla Basilicata alla Calabria, attraversando ambienti e paesaggi molto diversi tra loro, con uno sguardo sempre alla riflessione storica sul brigantaggio che interessò l'area del Pollino .... eccoci di nuovo giunti al trekking dei briganti organizzato dall'associazione "I Ragazzi di San Lorenzo Bellizzi", stavolta con partenza da Viggianello, nel versante lucano del Pollino.
 Il 3 sera il gruppo è arrivato a Viggianello, alloggiando nella struttura del centro visite del Parco e si è svolto il consueto dibattito sul brigantaggio introdotto dalle relazioni di Giustiniano Rossi (Presidente dell'ass.) e dal nostro consulente storico Beppe Rizzo; presenti i sindaci di Viggianello e San Lorenzo Bellizzi. Ad accompagnare musicalmente il tutto ci penserà ancora il giovane cantautore Francesco Agrelli. A me il compito di condurre il gruppo lungo l'itinerario del primo giorno: Nino Larocca, storica guida del Pollino, si farà trovare domani alla Grande Porta. La serata procede con un buffet e un piccolo concerto in piazza di Francesco Agrelli. Il grande organizzatore che si muove dietro le quinte è come sempre l'instancabile amico nonchè Vicepresidente dell'associazione Lorenzo Agrelli. Ritrovo a Viggianello miei amici e mi fermo fino a tardi a chiacchierare. Riesco a mettermi nel sacco a pelo alle due e mezza di notte...  alle cinque  e mezza ci dobbiamo svegliare.



Primo Giorno: Dal Patriarca alla Grande Porta


 Mi alzo con un po' di mal di testa (vino e vari amari di stanotte purtroppo hanno fatto il loro effetto). Colazione tradizionale a base di ricotta e latte di capra portati da un pastore locale e poi partiamo con i nostri pulmini verso Visitone, dove si aggregheranno degli escursionisti con i loro asinelli, che hanno pernottato alla Baita.  Il gruppo si divide in due: bambini, famiglie con asinelli e principianti vengono accompagnati da Beppe Rizzo fino ai Piani di Pollino, mentre il resto del gruppo procederà lungo il percorso più impegnativo, imboccando la via classica che conduce alla vetta del Pollino per poi giungere a Pollinello... e da lì al Vallone di Malevento fino ai Piani. Ad accompagnarci fino ai Piani c'è anche Pino, amico e compagno di escursioni.


L'incontro più suggestivo è quello con i loricati del Monte Pollino, appena sbucati dalla faggeta... la sorpresa e la meraviglia si leggono sui volti dei partecipanti. Qui mi fermo a fare un intervento a tema sul pinus leucodermis. Sorpresa ancor più forte è la visita al "patriarca", il pino loricato di 900 anni, ormai assunto come un simbolo di questa specie. Personalmente ritengo che questo pino sia uno dei tanti tra  quelli maestosi e secolari che esistono sul Pollino; ma sicuramente è particolare per le sue radici a "cascata" sulle rocce e il tronco. Mentre il gruppo arriva raccomando tutti di non salire sulle radici, perchè a lungo andare la corteccia si screpola e anche per un segno di rispetto nei confronti di quest'albero così visitato. Le foto di gruppo le abbiamo fatte lo stesso, senza salirci sopra tutti insieme, come si fa spesso. E poi ecco l'albero "gemello" che compare nella copertina del libro di Braschi: ogni pino loricato ha una sua personalità... 




La comitiva è molto interessata alle piante che incontriamo lungo il percorso... noterò durante tutto il trekking una sensibilità spiccata su fauna e flora soprattutto da parte dei numerosi francesi del gruppo. Arrivati alla sella, tra Pollino e Dolcedorme ci aspetta Lorenzo Sallorenzo col suo cane Charlot, che da un po' di giorni vagano sul Pollino. Giungiamo al Trabucco, l'inghiottitoio carsico dei Piani di Pollino.



Ho anche occasione di fare una breve solitaria: una variante del percorso prevedeva di salire su Serra delle Ciavole dal Passo omonimo, ma non è oppurtuno portarvi il gruppo, visto che tanta strada ancora ci resta da fare... Decido così di procedere velocemente da solo, scattando qualche foto, per poi riunirmi agli altri alla Grande Porta.  Il versante sud, già fatto altre volte è ovviamente spettacolare. Noto un pino gigantesco, il tronco è simile a quello del patriarca, anche se le radici non sono altrettanto possenti. Raggiunta lacima mi dirigo velocemente a valle. 



Mi ricongiungo al gruppo e rivedo l'amico Nino Larocca, guida, soccorritore e speleologo... per me ormai un punto di riferimento nella conoscenza territoriale e culturale del Pollino Orientale. 
 Adesso ci aspetta la discesa dalla Grande Porta fino a Toppo Vuturo, lungo i sentieri Rueping; tutto ok, a parte i capricci degli asinelli che rifiutano di attraversare zone fangose o ponticelli. Poi si attraversa Piano Cardone e si apre il panorama sulle gole. 




A Toppo Vuturo, agli "scifi", si pernotta. Cominciamo a montare le tende e gli addetti al vettovagliamento stanno già preparandoci la cena, a base di pasta al sugo di gallo e agnello arrostito alla maniera "brigantesca". 


Negli scifi notiamo la presenza dei tritoni, anfibi che vivono solo in acque pulite. E' il tritone alpestre, con il ventre arancione macchiato di nero... La serata procede con organetti e canti popolari, ma io vado a coricarmi presto, perchè devo recuperare il sonno arretrato. 



Secondo giorno - Grotta dei briganti alla Falconara 

Dopo la colazione a base di latte e ricotta e di marmellate locali, metà del gruppo si dirige verso i boschi della Falconara, aggirando il lato nord, mentre il gruppo "asinelli" per la strada sterrata. Nel bosco posso ammirare monumentali faggi, una vera sorpresa. Si sbuca su un belvedere da cui il panorama si apre sui pascoli di Destra delle Donne e lo sfondo di Timpa delle Murge. 



Si scende lungo uno stretto e scosceso sentiero, per poi raggiungere la bella grotta. Sito interessante anche dal punto di vista geologico: le lisce pareti indicano chiaramente uno specchio di faglia, i segni dello scivolamento di un blocco rispetto all'altro. Come scrive Nino "in questa fantastica cavità, secondo la tradizione, sono stati tenuti segregati dai briganti diversi sequestrati. Qui, sarebbero ancora nascosti molti loro tesori." Dopo l'intervento di Rizzo, tradotto come sempre in francese da Giustiniano, si scende giù fino ad incrociare la strada sterrata che costeggia il versante nord della Falconara (strada percorsa molte volte da chi scrive in mountain bike).



 Ancora l'interesse geologico: si notano chiaramente i piegamenti a forma di "S" che hanno interessato i vari strati di roccia calcarea, accavallati a seguito delle immani forze dei movimenti tettonici.


Incontriamo il gruppo con gli asinelli e si prende la strada di Serra Scorsillo: "il Colle Scorsillo vide nel 1861, il percorso del generale spagnolo catalano Josè Borjes, inviato nel Sud Italia da re Francesco II di Borbone per riconquistare il Regno delle Due Sicilie, perduto dopo l'unità d'Italia".

Ci si ferma per il pranzo a sacco in una masseria in stato di abbandono, all'ombra di noci secolari, mentre l'odore dell'origano aromatizza l'aria. Prendo il coltello e ne faccio un bel mazzetto da portarmi a casa. Il sole è davvero rovente e il resto del percorso è allo scoperto...

Il gruppo soffre un po' ma tutti possiamo darci una rinfrescata alla masseria di Lorenzo Sallorenzo.
 Nei pressi si nota una strana oasi con prevalenza di cipressi, un pezzetto di Toscana catapultato nel Pollino (trattasi di rimboschimenti della forestale negli anni '50). Parlo un po' con il padre di Lorenzo, contadino e pastore e, dopo avergli detto di dove sono, mi parla dei commerci del grano che avvenivano tra San Lorenzo, all'epoca uno dei granai del Pollino e "le Mezzane", nel versante lucano. Il Pollino calabro e quello lucano non sono stati mai separati in realtà, scambi e spostamenti umani hanno attraversato da sempre i sentieri e le mulattiere della nostra montagna.

Prendiamo poi dei sentieri che attraversano pascoli punteggiati da bellissimi esemplari secolari di frassino meridionale, di roverella e di pioppo bianco, fino ad arrivare alla strada asfaltata che porta al paese.

Una sosta alla fontana di San Pietro è d'obbligo, per darci tutti una rinfrescata. Incontro per la strada e saluto l'amico Franco e il dottor Larocca, poi si va al campo sportivo per farci tutti una bella doccia. Nino mi propone di dormire all'aperto all'imbocco del sentiero che faremo domani, a Pietra Sant'Angelo, in modo da preparare e portare sul posto l'attrezzatura necessaria per affrontare la via del Banco di Ferro, che ci porterà a visitare una splendida grotta rupestre... Assieme a noi c'è anche un altro partecipante che non ha mai fatto questa esperienza: addormentarsi sotto le stelle senza tenda è davvero un modo per restare in connessione con l'ambiente naturale. Di notte c'è un po' di vento ma tutto procede per il meglio.

Terzo giorno - Pietra Sant'angelo, il Banco di Ferro e la Grotta


Attendiamo la parte del gruppo che farà il Banco di Ferro, mentre i restanti partecipanti vengono condotti come sempre da Rizzo lungo il percorso alternativo. Scrive ancora Larocca: "... Pietra Sant’Angelo, enorme monolito calcareo, da tempo immemorabile abitato dall’uomo e trasformato dalla credenza popolare in luogo d’ubicazione di una delle magnifiche grotte dei briganti, ritenuta la più suggestiva di tutta l’Italia".
Il percorso viene attrezzato da Nino con una corda, mentre tutti noi indossiamo imbrago, kit da ferrata e casco.Ad accompagnarci c'è anche Nino Reale, Soccorso Alpino pugliese e Lorenzo Pittelli di San Lorenzo, appassionato raccoglitore di origano e erbe selvatiche. Il primo passaggio non è difficile, ma richiede un po' di buona volontà, poi si accede al "banco", uno dei tanti terrazzi rocciosi esposti presenti sulle Timpe, il cui attraversamento Larocca ha individuato con il termine di "banchismo". La via mostra segni di levigazione della roccia, segno che questi balzi rocciosi sono stati percorsi fin dalla preistoria.


Nella gotta del Banco di Ferro sono stati trovati cocci di vasellame e altri reperti. Cosa spingeva gli uomini preistorici in luoghi così inospitali? Probabilmente gli antichi abitatori del Pollino portavano nella grotta, il grembo materno, simbolo ancestrale di fertilità, doni e offerte che testimoniano la sacralità associata a questi luoghi. Una sacralità che ancora oggi ricerchiamo, forse inconsciamente, sebbene a volte prevalga l'interesse scientifico o sportivo. Si notano tracce del passaggio di animali; ritrovo una penna di barbagianni e nel cielo un gheppio dà la caccia a delle rondini. Piante secche di basilisco accasciate lungo il sentiero...


Arriviamo alla spettacolare caverna, non di difficile accesso, ed entriamo all'interno. Noto un grillo delle grotte e altri insetti che vivono nell'oscurità. Nino afferma che nelle pozze d'acqua presenti nella grotta i ricercatori avrebbero individuato microorganismi immutati da milioni di anni, poi ci fa notare un coccio di vasellame risalente probabilmente al Neolitico. Una particolarità: oggi Maria Giovanna è la prima donna di San Lorenzo ad essere entrata in questa grotta!


Più oltre ci attende la parte più adrenalinica del percorso, ovvero una calata da ben 20 metri di parete verticale! Era dai tempi dell'arrampicata sportiva, praticata ogni tanto a Roma, che non mi calavo con una corda; all'inizio sono un po' impacciato e sbaglio a mettere i piedi, poi ritorna la dimestichezza con la tenica, allargo le gambe e vado giù scegliendo gli appigli. Il più bravo è sicuramente il piccolo Mattia, di soli otto anni! Uno dopo l'altro veniamo calati giù dalla mano attenta ed esperta di Nino, mentre Reale controlla tutto dal basso. Scendiamo lungo i pendii rocciosi, incrociamo la strada asfaltata e ritorniamo in paese.
 


Questa sera e i giorni rimanenti alloggerò dall'amico Franco Cattabriga, consigliere nazionale dell'Associazione Italiana Wildernes (di cui faccio parte), che ogni volta mette a disposizione la sua casa di San Lorenzo . Ci ritroviamo la sera in piazza al consueto appuntamento con un buffet a base di "lagane e fasuli" e prosciutto e formaggio sallorenziani.

Quarto Giorno - Il Monte Sellaro e il Santuario di Santa Maria delle Armi


Il programma prevedeva un'escursione gratuita per i partecipanti al Santuario Santa Maria delle Armi, partendo dall'Abisso del Bifurto. Scrive Larocca: "in fondo ad una discreta valle chiusa carsica si inabissa per quasi 700 mt la Fossa del lupo o Abisso di Bifurto: un vero e proprio accesso all’inferno e per questo numerosi racconti popolari lo hanno identificato nei secoli, come un luogo di rifugio di potenti e ricchi briganti che qui andavano a nascondere il loro inestimabile tesoro. Se la Grotta dei briganti di Pietra Sant’Angelo è spettacolare e magnifica (per la sua ubicazione e forma), la grotta dei briganti del Bifurto è decisamente incredibile, spaventosa ma senz’altro di estrema bellezza". A causa di un problema al piede subentrato ieri vicino al bar (!) Nino non potrà condurre e spetta me arrivare a destinazione, anche se non sono mai stato su questo monte. Dopo averci fatto vedere l'imbocco dell'Abisso del Bifurto (circa 700 metri di profondità!) Nino mi spiega un po' l'itinerario che si svolge nella prima parte senza percorso obbligato, non essendoci un unico sentiero segnalato (uno dei tanti bei sentieri dei quali non si fa manutenzione). Aggirando ogni tanto i rovi o liberando il passaggio con il coltello, arriviamo in alto ad un belvedere magnifico, con la veduta di tutte le gole e le cime del Pollino: mi mangerei le mani, perchè stamane ho dimenticato la mia macchina fotografica! A parte Giustiniano il gruppetto è composto da francesi, molto interessati agli aspetti botanici e faunistici del Pollino, che cerco di illustrare come meglio posso, mentre Giustiniano fa la traduzione. Si incontra un  sentiero che poi procede in direzione est nella vegetazione, fino a sbucare ad una sella. Si vede il paese di Plataci, e a sud Francavilla Marittima. Capisco che la cima del Monte Sellaro è sopra di noi. Consulto  cartina e bussola e capisco che il Santuario è ubicato sotto il vallone della Sella e che bisogna scendere ancora centinaia di metri più sotto.

Più sotto riusciamo ad avvistare il santuario. Nino ci aspetta là e appena arrivati ci fa visitare questo magnifico gioiello di arte sacra, arroccato alla montagna. Particolare il portale e gli affreschi. E' stato di recente scoperto un arcangelo di chiaro stile bizantino, che sta venendo lentamente alla luce.

La serata si è conclusa con il tradizionale dibattito serale sul brigantaggio, accompagnato da letture sulle vicende dei briganti, dal monologo di Giuseppe Ventimiglia e dalle canzoni di Francesco Agrelli. Rivedo anche gli amici Domenico Cerchiara ed Ettore Angiò, nonchè altri sallorenzani di mia conoscenza.

Quinto giorno - ritorno alla Scala di Barile, belvedere di Santa Venere

Ripartirò domani, perchè sarà più comodo per gli amici accompagnarmi al mio paese. La mattina faccio un giro con Franco e Domenico alla fiera del paese, poi il pomeriggio scendo al Raganello e risalgo verso Palma Nocera, per imboccare il sentiero della Gola di Barile, nel tratto più ripido, esposto... e spettacolare. La sera tardi Franco riesce a  portarmi in tempo in un altro luogo suggestivo: il belvedere di Santa Venere, che spazia sulle gole basse del Raganello. Anche se è quasi buio riesco a fare qualche foto. Partirò domattina, accompagnato dall'amico Lorenzo Sallorenzo lungo le strade di montagna che ci porteranno prima a Terranova e poi nella Valle del Frido...

 














Saverio De Marco (Indio)

lunedì 19 agosto 2013

Diario - 12 /16 agosto 2013

Il Trekking dei Briganti (Natura e cultura sui sentieri dei briganti: da San Severino Lucano a Civita)

un escursionista del gruppo partecipante al "Trekking dei Briganti", presso il sentiero spettacolare della Gola di Barile. Sullo sfondo, lontane, le spettacolari pareti selvagge di Timpa di San Lorenzo - foto by Indio


Primo giorno

Da tempo i miei amici Giustiniano Rossi e l'instancabile Lorenzo Agrelli, rispettivamente Presidente e Vicepresidente dell'Associazione "I Ragazzi di San Lorenzo Bellizzi" di cui faccio parte dalla sua fondazione,   mi avevano chiesto di partecipare alla seconda edizione di "Natura e cultura sui sentieri dei briganti", sia per mettere a disposizione le mie esperienze di escursionista nell'aiutare la conduzione del gruppo e sia perchè stavolta era stato deciso di partire proprio da San Severino Lucano, il mio paese...
 L'intento di questo bel trekking a cui hanno partecipato persone diverse per provenienza e "status", è stato quello di coniugare la pratica escursionistica negli ambienti più suggestivi del Parco con una rievocazione e riflessione su un fenomeno, quello del brigantaggio, che ha insanguinato le valli del Pollino; una storia che è decisiva per la stessa nostra stessa identità di abitanti del Pollino e le cui reminescenze si innestano sui nodi attuali di quella irrisolta "questione meridionale" di cui parlava Gramsci. Come scriveva il Presidente Rossi: "L’Associazione “I ragazzi di San Lorenzo Bellizzi”, ripercorrendo i sentieri del Parco nazionale del Pollino percorsi dai briganti fra il 1860 e il 1865, non vuole mettere in discussione l’unità e l’esistenza dello Stato nazionale, ma piuttosto continuare una riflessione sul modo in cui quell’unità si è realizzata e sulle conseguenze che ne sono risultate e ne risultano per l’economia e la società del sud del nostro Paese."
Scrivevo in un mio articolo sul brigantaggio di qualche anno fa: " 'Brigante' era un termine di origine francese ed aveva una connotazione dispregiativa.
Con esso si identificarono tutti quei contadini che si ribellarono ai nuovi oppressori imbracciando le armi e dandosi alla macchia. La rivolta sociale nel sud assumerà i contorni di una vera e propria rivoluzione sociale, una guerra di liberazione contro gli invasori piemontesi e la borghesia rurale del sud che era passata a schierarsi con lo stato unitario. La vittoria inevitabile dell’esercito piemontese fu il risultato di una carneficina che non risparmiò né uomini, né donne, né vecchi né bambini (...)
Sia per l’efficacia delle misure repressive, sia per la stanchezza della popolazione, il brigantaggio fu sconfitto nel giro di pochi anni. Già nel 1865 le bande più importanti erano state isolate e distrutte.
Le bande erano favorite dalla conoscenza del territorio, ricco di grotte e boschi, poco percorso da strade carrozzabili che offre rifugi sicuri e vie di fuga percorribili a piedi e a cavallo. La complicità dei contadini offriva nascondigli insospettabili, cure ai feriti, rifornimenti di armi e viveri, informazioni. Le bande erano impegnate in scorrerie che fruttavano denaro e viveri, in sequestri di possidenti e nelle feroci vendette contro chi tradiva. Il grosso delle bande era costituito da braccianti, cioè contadini salariati esasperati dalla miseria; accanto ad essi lottarono anche ex garibaldini sbandati, ex soldati borbonici e numerose donne, audaci e spietate come gli uomini.
"Natura e cultura sui sentieri dei briganti" ha voluto rappresentare anche l'esempio di un tipo di fruizione turistica "sostenibile" che, ad una tipologia di turismo che rincorre unicamente il "brivido" o il "divertimento" fine a se stesso (magari tramite l'ausilio di cavi, passerelle e scivoli vari) o ai macroattrattori artistici della cultura urbana,  ne ribadisce uno che fa perno sul camminare a piedi, sulla conservazione e conoscenza delle bellezze naturali, sui prodotti tipici e il coinvolgimento di pastori e agricoltori nell'accoglienza dei visitatori, sul rispetto delle tradizioni locali, dell'identità territoriale e, appunto, sulla rievocazione storica delle vicissitudini della "nostra" gente.
Ci ritroviamo a San Severino Lucano la sera del 12 agosto, dove l'iniziativa comincia con un convegno sul brigantaggio, con un intervento del sindaco Saverio De Stefano, una relazione di Giustiniano Rossi, le rievocazioni della storia dei briganti locali di  Giuseppe Rizzo, (coautore tra l'altro, di un libro sulla banda del brigante Franco assieme ad Antonio La Rocca), una lettura del professor Civale. Il convegno, molto partecipato, è inframmezzato dai bei pezzi musicali del giovane cantautore Francesco Agrelli di San Lorenzo Bellizzi. Nel dibattito conclusivo ha spiccato un bell'intervento del dottor Leonardo Larocca, medico di San Lorenzo, dove è emersa l'importanza che ha la relazione con il territorio nei processi di partecipazione democratica...

Secondo giorno

Le due vette della Falconara, vista scendendo da Piano Cardone
La parete sud della Falconara al tramonto, vista dai pascoli di Colle di Conca
Il gruppo, formato da una quarantina di persone, sistematosi nelle scuole medie di San Severino, il giorno dopo, appena fatta colazione a base di ricotta e latte di capra portati da un giovane pastore locale, riparte verso il Santuario della Madonna di Pollino accompagnato dai pulmini della Protezione Civile di San Severino Lucano.
La prossima tappa è Piano Iannace, si attraversa il bosco "'u Purcaro" come dice la denominazione dialettale. Il bravo Lorenzo Sallorenzo di... San Lorenzo Bellizzi ovviamente, accompagna il gruppo con un canto devozionale alla Madonna di Pollino, suonando il suo organetto. Proprio sui toponimi e i nomi di flora e fauna si instaura un dibattito lungo il sentiero, che è l'occasione per mettere a confronto le varie denominazioni locali: ne sono un esempio il Piano di Iannace, che per i calabresi è "U Chiano e' gridd", il piano dei grilli, o l'erba della Madonna come si chiama al mio paese, dai sallorenziani e alessandrini detta invece "attagna sangh" per l'uso di tampone e disinfettante che veniva fatto in passato. Sull'origine di Colle Impiso si ritrovano due versioni: una, della quale son convinto io, che si riferisce alla ripidezza del pendio (impiso come "appeso") e un'altra di impiso come "impiccato", riferito ad un episodio del brigantaggio.


Giuseppe Rizzo rievoca le gesta dei briganti parlando anche del ruolo che ebbe Piano di Iannace e la Guardiola del Brigante, o la "Timpa del Ladro", come la chiamava il mio papà cacciatore, la timpa di Serra di Crispo posta sopra il pianoro di Iannace, avente all'epoca funzione di vedetta per la sua posizione panoramica e di nascondiglio per i briganti. Mi sono proposto come chiudi fila del gruppo e mi trovo a parlare con chi di volta in volta resta indietro; è un buon modo anche per fotografare i partecipanti nel paesaggio!

La "sorpresa" dei loricati della Grande Porta è un momento a cui sono abituato quando sono assieme a gente che viene qua per la prima volta... la meraviglia si legge nei volti dei partecipanti; è anche un momento di relax, la gente butta lo zaino e si riposa sotto i pini. Manuel, un disegnatore di fumetti di Torino, cerca di fare lo schizzo veloce di un pino loricato... Il gruppo è pieno di persone interessanti. C'è anche, come mi dicono mentre camminiamo,  Michelangelo Frammartino, giovane regista premiato a Cannes con il suo film "Le quattro volte", girato proprio sul Pollino... film tra i miei preferiti di quelli riguardanti il "rapporto uomo-natura", di cui ho scritto anche una recensione su questo blog ( http://leucodermis.blogspot.it/2010/06/le-quattro-volte-di-michelangelo.html). Raccolti sotto un pino loricato leggiamo un brano sui briganti...


Dopo la sosta alla Grande Porta qualcuno si stacca per andare alla sorgente del Frido, sotto Serra delle Ciavole, poi l'altra sosta si fa alla sorgente del Raganello, mentre siamo già scesi dalle "Porticedde 'e Puddino", ovvero mentre scendiamo dalla Grande Porta lungo il sentiero che aggira le rocce nel bosco e che può portare in varie direzioni: Casino Toscano, Pietra Castello, Piano Cardone... Scendiamo lungo un crinale ammantato dai faggi proprio verso Piano Cardone e dalle radure possiamo ammirare la Gola di Barile formata dalle Timpe di San Lorenzo e di Cassano, che si fa sempre più vicina, mentre la catena del massiccio del Pollino ci sovrasta alle nostre spalle.

Federico, di una frazione di Alessandria del Carretto, uno dei più giovani del gruppo raccoglie radici di cardi, quelli con il fiore grande al centro; la radice è commestibile e me la fa provare... non è una leccornia ma si può mangiare: ricorda un po' una zucchina cruda e forse cucinato sarebbe di sicuro saporito! La luce tersa del tardo pomeriggio comincia a  calare sulle montagne. Attraversiamo Piano Cardone e poi Piano di Jumento, purtroppo non più bello come una volta, per le varie installazioni della pista da sci e per la strada asfaltata che vi giunge, costruita qualche anno fa. Ecco la Falconara... bella soprattutto al tramonto come adesso, quando le luci rossastre colorano le pareti rocciose... qui natura selvaggia e agreste si coniugano in un ambiente suggestivo.

 Attraversiamo ruderi di ovili abbandonati e stalle ancora in funzione; i pascoli e la campagna con le masserie sparse si estendono ai piedi delle pareti rocciose delle timpe, e alla base delle grandi faggete che ammantano le lontane cime del massiccio del Pollino.


 Ci dirigiamo verso la chiesetta di Sant'Anna, costruita con pietra locale e immersa perfettamente nel paesaggio, a ridosso dei pascoli e delle pareti rocciose del versante nord-ovest di  Timpa di San Lorenzo, dove campeggeremo e consumeremo la nostra - di sicuro - poco frugale cena "pastorale". Preparo il mio materassino gonfiabile: dormirò all'aperto, senza tenda. I sallorenziani che si occupano di cucinare hanno preparato la tradizionale pietanza pastorale della pecora cotta, con patate e carote. Il vino scorre, e dopo cena le tarantelle degli organetti e i tamburelli rompono il silenzio di questi luoghi desolati...


Poi si va a dormire e mi metto nel sacco a pelo. Ogni volta che ho il cielo stellato sopra di me i pensieri che portano al sonno non possono che dirigersi verso le stelle e quelle striature bianche che son le nebulose, il firmamento che è la casa del nostro essere, che dà senso a questa esistenza mettendola a confronto con un infinito che ci sovrasta ed  è anche arduo accettare. Per tetto la volta del cielo, la cui oscurità infinita è accentuata da quelle stelle lontane,  che cullano le nostre inquietudini sopendole nel sonno... luci accese di conforto in una notte buia e senza fine...

Terzo giorno

Visione del versante nord-ovest della spettacolare Timpa di San Lorenzo, scendendo verso il Raganello
panorama dalla Scala della Lamia, con lo sfondo, da sinistra, di Timpa di Cassano, Timpa del Principe, Manfriana e Dolcedorme...
Vengo svegliato da Nino Larocca (avevo i tappi auricolari, perché ho il sonno molto leggero), che mi dà il buongiorno domandandomi se per caso ho suonato io la zampogna stanotte, ovvero, se ho russato. Non so, forse sì, quando bevo un po' di più russo...e il vino ieri sera non è mancato. Si fa colazione con ricotta e latte di capra, marmellata di miele e di more, rigorosamente fatti in casa, poi si riparte: il gruppo si divide in due, quelli che faranno il percorso per escursionsiti esperti e coloro che invece seguiranno Rizzo per un percorso più tranquillo.

Col gruppo EE da Sant'Anna scenderemo al Raganello per la bellissima Scala di Sant'Anna e poi prenderemo il sentiero che porta alla Scala di Barile da me percorsa nel 2007 (ma al contrario), sbucando a Palma Nocera. Un percorso che non avevo ancora fatto e che si rivela subito entusiasmante. Noto grandi alberi di ginepro, poche volte visti così grossi e al contempo così slanciati.

Si scende costeggiando le lisce e ripide pareti, con una corda di sicurezza che gli ultimi del gruppo slacciano. Più sotto si scende su un accumulo di detriti, fino ad arrivare al letto del torrente, qui ancora aperto. Da qui posso notare uno dei punti di vista più interessanti di Timpa di San Lorenzo, i cui picchi rocciosi del versante nord-ovest si innalzano lasciando intravedere l'enorme parete sud-ovest, inaccessibile e inesplorata .




Si fa una sosta vicino ad una sorgente consumando il pranzo al sacco preparato dai nostri bravi "massari". Capito in un discorso sull'agricoltura biologica il cui alfiere è Giuseppe Ventimiglia e lo stesso, ricordando i suoi trascorsi giovanili di cacciatore ci fa vedere come si preparava con un masso e qualche legnetto una trappola per uccelli...

Si sale lungo il sentiero coperto dalla macchia e si abbandona il Raganello. Arrivati sulla sommità la vista si apre sull'imponente parete che ci sovrasta...

Il sentiero è stato ripulito volontariamente dagli amici del Gruppo speleologico "Sparviere" e del Gruppo speleol. di Cassano ("curioso" notare come sentieri del genere non siano stati presi in considerazione mentre in altri luoghi del Pollino si opera con un tipo di segnaletica a volte anche invasiva).  Curiosamente ritrovo una pietra sul sentiero che già avevo fotografato sei anni fa, particolare per le stratificazioni geologiche evidenti! Resto indietro a chiudere la fila con Federico e Lorenzo... un altro Lorenzo (molti sono i Lorenzi), appassionato raccoglitore di origano si dà da fare a raccogliere qualche mazzetto di  "pulieiu", pianta officinale buona  in caso di raffreddore...


Prima dell'imbocco della "scala" vera e proprio ci raccogliamo a ridosso di una parete rocciosa mentre Nino Larocca (una delle guide del Pollino più appassionate e competenti che abbia finora conosciuto), ci parla della leggenda di Marsilia, la cui grotta è nelle vicinanze anche se è difficile accesso e che si ricollega alle storie dei briganti e dei loro tesori. Ecco come Nino la descrive (cito dal suo sito www.marsilia.ue.it): "Qui è ubicata una grotta che fu scelta come dimora dalla bellissima Marsilia, definita dalla cultura cattolica femminile “malafemmina“ ossia donna di facili costumi, e per questo invisa al gentil sesso. è però anche custode, in quella sua grotta, d’inestimabili ricchezze e tesori, in primis la famosa chioccia con i sette pulcini tutti d‘oro massiccio datale in consegna dal capo brigante Antonio Franco . Secondo il mio punto di vista, Marsilia, come la più famosa Circe e molti altri simili personaggi , è invece un‘ammaliante e seducente creatura. Di conseguenza chi la incontra se ne innamora pazzamente, sedotto dai suoi poteri che sono inoltre rafforzati dai così detti àrive du scùerde (alberi della dimenticanza), nel cui bosco Marsilia può apparire, e che vengono usati per far dimenticare agli uomini tutte le monotonie della vita quotidiana e l’eccessivo materialismo, rammentandoci nello stesso tempo che i veri valori, quindi gli effettivi tesori, sono l‘ambiente naturale e, soprattutto, l‘amore in tutti i sensi e verso ogni cosa."

 Per una maggiore sicurezza - il sentiero è scavato nella roccia e alcuni punti sono fortemente esposti - il buon Nino Reale, con la sua divisa fosforescente del soccorso alpino attrezza una corda di sostegno e si sale sl tratto più bello del sentiero. Ecco cosa scrissi io nel 2007 su questo stesso blog (http://leucodermis.blogspot.it/2007/09/di-san-lorenzo-dalla-gola-di-barile.html) quando lo scoprii la prima volta, con l'amico Vincenzo A., una situazione indimenticabile e che... non si ripeterà più: "Il primo tratto del sentiero è scavato nella roccia e anche molto ripido. Non ci sono parole né basta qualche foto per descrivere lo spettacolo a cui assistiamo lungo il tragitto. In fondo scorre il torrente Raganello e davanti a noi si mostra in tutta la sua imponente maestosità il versante scosceso della Timpa di San Lorenzo, (sulla cui sommità eravamo stati il giorno prima) che si erge dal fondo della gola per centinaia e centinaia di metri. Come sfondo musicale per questo scenario andrebbe bene una delle musiche dei Popol Vuh per i film di Werner Herzog (...) Qui crescono abbarbicati alle rocce alberi di leccio e di carpino. Soprattutto il leccio popola molti ambienti rocciosi del Pollino. In posti come questi la natura mostra il volto allo stesso tempo meraviglioso ed inquietante della sua grandezza e della sua supremazia … Poche volte e solo in posti come questi si possono avvertire quelle sensazioni estreme che ci fanno sentire al cospetto delle gigantesche forze naturali. Alla fine comunque, questo sentiero che visto da lontano faceva rabbrividire si rivela invece abbastanza comodo. Sicuramente bisogna stare attenti perché se si scivolasse si finirebbe direttamente in fondo alla gola, sui massi del Raganello."


Si arriva a Palma Nocera, sito archeologico di età bizantina riferito all'800 d.c. circa... Nino Larocca ci fa notare l'allineamento circolare delle pietre di quella che era  una Chiesa, con l'apertura rivolta a est, la direzione da cui erano arrivati i monaci basiliani. Lungo il percorso ho avuto modo di conoscere giornalisti e attitivisti che conoscono miei amici dei tempi dell'università... il mondo è davvero piccolo. Si va tutti a darci una rinfrescata al Raganello... Anche io mi do una sciacquata, mi scelgo un luogo appartato e resto con le caviglie  sotto una cascatella... è una sorta di idromassaggio naturale per i piedi mentre la mente divaga nella metafisica, si concentra sulle reazioni dell'acqua allo sbarramento del mio braccio, alla mia mano che stringe l'acqua o la schiaffeggia valutando la sua densità di liquido così comune ma pregno di una natura primordiale; l' intrinseca forza della sua discesa, tesa ad adattarsi ad ogni fessura che essa è in grado riempire... Detto banalmente dall'acqua, elemento tra gli altri, derivò la vita... ed ecco che le riminescenze scientifiche accrescono il mistero invece di sopirlo: non è in fondo questo il liquido del grembo di Madre Terra che ci cullava nell'attesa del risveglio alla vita? Non è allora vita anche questa, non è vita anche ciò che non è vita? 
Filosofia a parte mi rimetto gli scarponi e ci dirigiamo con gli altri vero la frazione Maddalena, dove pernotteremo. Dietro la Gola di Barile brilla la luce del sole al tramonto...

Arrivano i nostri zaini con i sacchi a pelo e altro, trasportati dal fuoristrada; le tende son state già montate da qualcuno e attendiamo affamati la nostra cena. Arriva un trattore col rimorchio, aiutiamo i massari a portare delle panche e capisco che sarà proprio il rimorchio sia il tavolo che il palco per la recita di stasera sui briganti. Ritorna la pecora, cucinata in un calderone all'aperto... stavolta anche con la pasta. Un peperoncino intero e la ricotta salata grattata danno una marcia in più. Si assaggia anche il "paddaccio" (detto anche "tuma") ovvero un residuo (chiamiamolo residuo) della lavorazione del formaggio, ovvero formaggio fresco "gommoso" che si usa fare a frittata o con gli asparagi. La ricetta sallorenzaiana di stasera è padaccio con peperoni, zucchine e uova. Particolarmente estasiato il regista Frammartino, a cui si concede l'onore del bis e anche del tris... 


La serata procede con il monologo del bravo Giuseppe Ventimiglia, ispirato alla storia di un "galantuomo" di nome Restrieri, che fu rapito dai briganti di "Peppe 'u nivuru". Si campeggia la notte in un campo mietuto... Mi sistemo all'aperto sotto un ulivo, il caldo è parecchio, siamo a bassa quota. Mi scoperchio ma i moscerini mi mordono le braccia... continua così finché alle tre di notte l'aria si rinfresca e rimettendomi nel sacco a pelo finisce la tortura dei moscerini... 



Quarto giorno 

veduta delle pareti strapiombanti, dal Ponte del Diavolo
Dopo la solita colazione il gruppo si divide di nuovo anche oggi... alcuni opteranno per l'escursione tranquilla, altri (il mio gruppo) si dirigeranno dalla Maddalena al Raganello per poi arrivare fino a Civita. Nel primo tratto attraversiamo un sentiero vicino ai ruderi di un antico mulino... poi il letto del torrente si espande nella forma della caratteristica fiumara meridionale... 



Come ci annuncia Nino ci aspetta la visione di due cose in particolare: una è la dimostrazione della volontà dell'uomo di soggiogare la natura, l'altra quella di armonizzarsi con essa. La prima è il salto formato dal muro di ciò che rimane di una diga, " Briglia del Mezzogiorno" la cui costruzione avvenne negli anni '30, in nome di uno "sviluppo" mal concepito; la seconda è Pietraponte, un enorme masso roccioso incastrato tra le gole, attrezzato dai pastori con semplici  muretti a secco e rami di albero come passerella. Affacciandosi dal ponticello di sassi che riempie l'insenatura tra le pareti e il masso di Pietraponte si ha una visione da brivido... la mia ombra si staglia lontana sulla parete strapiobante...






 Si ritorna nel Raganello, poi lo si abbandona salendo i pendii boscosi sulla sinistra... poi si incontra una stradina che si apre su campi e pascoli (siamo nel comune di Cerchiara) punteggiati da qualche masseria; davanti all'ingresso di una di questa incontriamo una coppia di anziani contadini con cui mi fermo a parlare mettendoli a conoscenza da dove vengo e del percorso che abbiamo fatto... In mezzo alla strada possiamo ammirare invece un bell'esemplare di tarantola. 



Da lì ci si inoltra di nuovo nella natura selvaggia, giungendo al Ponte d'Ilice ("ilice" è il nome dialettale del leccio, Quercius ilex), purtroppo sfigurato dall'impalcatura di pali  di ferro arrugginiti messi qui per non farlo crollare come il Ponte del Diavolo. Il bosco è qui formato da grossi esemplari di leccio, che mi rimandano, non so perché,  alla visione dell'Eremo di San Francesco visitato mesi fa... Si fa una sosta e consumiamo qui il pranzo a sacco. Sotto, nella gola, come ci informa Larocca, c'è una bella sorgente. 

 Aprendosi il paesaggio dalle radure, posso notare le pareti delle gole basse e la impegnativa "Via degli Sparvieri" che Nino la guida conosce bene e mi fa notare: egli suggerisce il termine di "banchismo" a proposito di questa attività richiamando l'esperienza di pastori "alpinisti" che sfruttavano appunto il passaggio sulle "banghe", ovvero terrazzi strapiombanti sul vuoto...



I pendii boscosi si fanno ripidi ma Civita si avvicina... Arriviamo in località Piano d'Ilice - Aria Massaro, lungo il sentiero incontriamo dei muretti a secco, segno di stazzi di pastori. Mentre il gruppo è più sotto, con Nino ci spingiamo oltre il sentiero in esplorazione e notiamo che quello che stiamo vedendo sono i resti di un vasto complesso pastorale, con grandi recinti di pietra formati da muri a secco, fatti di massi molto grossi e ben incastrati; presupponiamo che tale sito pastorale sia molto antico. 



Un unico problema sorge quando una signora del gruppo è morsa da un'ape dopo aver disturbato un nido... la dottoressa del gruppo interviene subito con un'iniezione e tutto si tranquillizza. Dei cani da pastore ci vengono incontro, segno che la "civiltà" è ormai vicina. In effetti più sopra si sbuca in una masseria isolata. Si va a chiedere un po' d'acqua e le persone che vi abitano offrono molto gentili anguria per tutti...




Il proprietario ci mostra orgoglioso il suo orto e  fa notare che sopra di noi volteggiano i grifoni reintrodotti anni fa dalla Spagna... sono due, maestosi e quasi minacciosi volano bassi sui pascoli... Dopo aver percorso un po' di strada asfaltata si arriva al pullman che ci porta al caratteristico paese arberesh di Civita. Qui si va a visitare il museo della cultura arberesh, poi con Frammartino e Federico scendo giù verso il Ponte del Diavolo. 


A dir la verità non mi sento più a casa, nel Pollino... rispetto a San Lorenzo Bellizzi, che è nel cuore del Parco, qui sembra davvero essere giunti alla fine del Pollino... Il Raganello dopo le gole si allarga e scorre verso un suggestivo paesaggio agricolo tipico delle "marine". Mi aspettavo qualcosa di più verso il Ponte del Diavolo: la stradina che porta giù è di cemento e ai lati ci sono sbarre di ferro  messe là forse negli anni '80; inoltre, moderni e discutibili edifici circondati da cancelli forse era meglio che non ci fossero; lo stesso ponte non è purtroppo quello antico delle vecchie foto, crollato anni fa e oggi ricostruito... Ma la visione di ciò che si ha di fronte e sotto di noi - il canyon e le alte pareti di roccia che sovrastano il Raganello -  è spettacolare.




 Il pullman fa ritardo, abbiamo saputo che l'autista ha avuto un problema perciò ci vengono a prendere con i pulmini del comune, uno dei quali uno scuolabus su cui mi accomodo subito rapito dalla nostalgia dell'infanzia...  Arriviamo stanchi a San Lorenzo Bellizzi, Lorenzo Agrelli mi accompagna a casa della signora Nicoletta, dove vengo gentilmente ospitato assieme al buon Rizzo. Per concludere la serata, mentre si cena ho il piacere di rivedere la proiezione del film "Le quattro volte" di Michelangelo, che ci ha accompagnato con la sua simpatia e i suoi momenti di "meditazione" durante l'escursione. 

Quinto e sesto giorno

Resterò ancora altri due giorni a San Lorenzo Bellizzi. Il 16 mattina rivedo Domenico Cerchiara, ex sindaco di San Lorenzo e pioniere della protezione ambientale nel Pollino, a cui sono riconoscente per avermi indirizzato verso l'Associazione Italiana Wilderness di cui faccio parte, assieme all'ora consigliere nazionale e caro amico Franco Cattabriga. Il pomeriggio invece conosco un altro amico finora virtuale (su Facebook), Ettore Angiò, del Gruppo Speleologico Sparviere di Alessandria del Carretto. La sera c'è stato il convegno conclusivo, con accesi momenti di dibattito mentre il 17 Lorenzo Agrelli, Nino Larocca e un altro Lorenzo mi hanno accompagnato alla mia Mezzana chiudendo il cerchio...

Ringrazio tutti i "ragazzi" di San Lorenzo Bellizzi per questa bella settimana di trekking, cultura e amicizia, quelli che ho citato e che non ho citato, i partecipanti al trekking che ho conosciuto e i sallorenziani che hanno provveduto a preparare le nostre colazioni e le cene...  Un'esperienza che rafforza, sebbene da esterno, il mio senso di appartenenza alla comunità sallorenzana, da tempo aperta al "mondo" e a prospettive di rinascita culturale.

 Indio (Saverio De Marco)

 Indio presso il Ponte del Diavolo - foto di M. Frammartino