domenica 29 dicembre 2013

Diario 28/29 dicembre 2013

Una traversata invernale: Cresta Nord Serra Crispo, Serretta Porticelle, Cresta Nord Serra delle Ciavole, cima, Piano di Acquafredda (bivacco), Piani di Pollino, Vaquarro, Acquafredda, Conocchielle

un ladro di ombre è anch'egli pur sempre un'ombra - foto by Indio
Era da tempo che volevo sperimentare un campeggio nella neve in solitaria nel  cuore del Pollino innevato, anche per poter fare lunghe traversate, senza il limite di giornate molto corte e dell' esigenza quindi di avviarsi per il ritorno prima del buio.Campeggiare nella neve non è uno scherzo e mi era già capitato di farlo con l'amico Vincenzo A., in un' avventurosa escursione in cui campeggiammo nel pieno di una bufera di neve a 1800 metri. Quando si è soli poi bisogna essere ancora più prudenti. Un grosso peso di una traversata invernale in autosufficienza  è rappresentato, e non metaforicamente, dallo zaino. Gli americani parlano di Backpacking, per indicare escursioni in completa autosufficienza per più giorni (un termine che risale ai vagabondaggi degli hippies degli anni Sessanta). Bisogna perciò portare solo le cose indispensabili, con un occhio sempre al peso. Valutando cosa portare dell'attrezzatura necessaria per la sicurezza nell'escursione (ramponi, ciaspole, piccozze, giacche antivento ecc.), ho preferito non  portare le ciaspole per il loro peso e soprattutto per l' ingombro, limitandomi ai ramponi, visto e considerato che il percorso più importante si è svolto tutto su cresta e che la neve non è ancora tanto profonda. Quello che desideravo era insomma una full immersion nella natura selvaggia delle alte quote, percorrendo posti in cui son stato decine (se non centinaia) di volte, ma da un punto di vista "diverso" e con la modalità di una media "traversata" di due giorni. E poi l'obiettivo era di sperimentare un campeggio in solitaria a quasi 2000 metri con la neve, una cosa che non avevo ancora fatto. Parto prima dell'alba con la lampada frontale e mi fanno compagnia solo i versi degli allocchi e le stelle cadenti. La prima tappa è il Piano di San Francesco, dove i bagliori rossastri dell'alba illuminano gli anfratti del bosco, dominato dall'abete bianco...
Da qui mi dirigo fuori sentiero in salita, dopo aver attraversato il canale Cugno dell'Acero. I pendii sono ripidi e con la neve la fatica aumenta, ma alla fine si stagliano i pini della cresta nord di Serra di Crispo, i quali mi segnalano che l'uscita dal bosco intricato e l'arrivo al sentiero non sono lontani. Capisco subito che la neve è farinosa e asciutta ma ricopre lo strato di neve più vecchia, ghiacciata e scivolosa; perciò per affrontare la ripida cresta nord sfodero i ramponi e la piccozza. Dove la neve è stata spazzata via c'è la crosta ghiacciata, ideale per i ramponi e per fare meno fatica, mentre dove la neve è accumulata si sprofonda un po'.



Nei tratti in cui bisogna attraversare il bosco fitto dei piccoli faggi la neve mi cade addosso quando li tocco... in tali casi la cosa più spiacevole è sentirsi la neve che si insinua nel collo della giacca di pile! Supero una colonia di piccoli pioppi tremuli e seguo la cresta fino ad arrivare ad un cocuzzolo... da qui in poi c'è un noioso e un po' ripido tratto nel bosco fitto, prima di sbucare di nuovo tra i loricati.




E dopo un po' eccomi all'uscita di un canalone percorso quest'anno, e all'inizio della cresta che porta in cima. Il ghiaccio dei loricati si sta sciogliendo con il sole e cade dalle chiome. Anche le cortecce sono imbiancate dal ghiaccio. Seguo sempre la cresta, supero la cima e mi dirigo verso Serretta delle Porticelle, con i pini   avvolti dal ghiaccio. I panorami oggi sono spettacolari: l'aria è tersa e si riesce a vedere tutto, paesi, montagne e soprattutto il mare... si vedono nitidamente le coste della Puglia!



Una limpida giornata di sole e senza un alito di vento, perfetta quindi, almeno per una traversata con campeggio all'aperto. E' una strana e bella sensazione avere la propria "casa" nello zaino. Ci si sente un po' come una chiocciola. Si ridesta l'istinto primordiale dei nostri antenati e la tenda rimanda ad epoche e momenti in cui l'uomo nomade, da solo o in comunità, vagava nella natura selvaggia bivaccando all'aperto... Dopo la Grande Porta salgo sulla nord di Serra delle Ciavole... Anche lungo la cresta di questa montagna incontro spettacolari cornici di neve e loricati ricoperti di ghiaccio. Eccomi alla cima: la luce si fa via via più tersa con l'avvicinarsi dell'ora del tramonto. Dalla cima c'è da scendere la dorsale di Serra delle Ciavole che sovrasta il Piano di Acquafredda...







Ho deciso che dormirò sopra il Piano di Acquafredda, nel bosco, nei pressi del sentiero. Trovo un posto buono e in piano anche a ridosso dei loricati, ma ho lasciato scritto a casa che campeggerò al già citato Piano di Acquafredda, luogo facilmente individuabile in caso di emergenze e posto comunque sul sentiero, a pochi metri da Passo delle Ciavole. Scendendo trovo due cavalli sulla cresta... cavalli "selvaggi", per vivere a queste quote in inverno! L'ultima parte del percorso si snoda su terreno ripido alla luce tersa dei raggi del tramonto... tra spettacolari esemplari di pino loricato. Ripeto: posti noti e stranoti ma che oggi sono avvolti da un'atmosfera diversa, complice la neve immacolata delle vette e complice la maggiore libertà di un'escursione di due giorni...



Sono le quattro ed ho ancora mezz'ora di luce per scendere e fare il campo. E' sempre bene non farsi sorprendere dal buio quando si deve bivaccare, perché la scelta e la predisposizione del campo sarebbe resa difficoltosa, pur avendo con sè la lampada frontale. Eccomi al sentiero, costeggiato dai grandi faggi secolari. Scelgo una piazzola nel bosco, a ridosso di un masso e poco distante da un grande faggio. Calpesto bene la neve prima di mettervi il telo di base. Assicuro bene il telo di copertura con la piccozza, bastoncini, rami d'albero... di vento non ce n'è, ma è sempre bene non rischiare e fare le cose a modo. Intanto il freddo cala assieme al buio. Indosso il piumino (quando si deve stare  fermi al freddo è meglio togliersi la giacca di pile umida che abbiamo usato durante la camminata). Ci sono impronte di lupi lungo il sentiero e anche più giù, dove sorge l'acqua della fonte: probabilmente si tratta di lupi che andavano a bere.
 Siamo più a bassa quota rispetto alle creste, ma il freddo si sente maggiormente ai piani (non dimentichiamo che a febbraio di quest'anno ai Piani di Pollino è stata registrata una temperatura di -31 gradi! ). Entro in tenda e vi porto tutto quello che ho.
Dovrò starci più di dieci ore e spero in tutto questo tempo di riuscire a dormire. Mi metto i calzini di ricambio, entro nel sacco a pelo e poi mangio un po' di pane e soppressata, quella fatta da mia madre... cibi buoni e nutrienti come questi sono salutari  in queste condizioni. La tenda è sulla neve e la neve è... ovviamente fredda, ma il materassino gonfiabile mi isola abbastanza dal terreno, per cui me la dovrei passare piuttosto bene. Certo, non stiamo sicuramente nella suite di un albergo di Cortina!
Fuori si sente solo il verso dell'allocco: assieme ai lupi che si muovono come fantasmi sono i miei "fratelli della notte"...
 Per riscaldare un po' l'ambiente accendo una candelina che avevo nel kit di sopravvivenza. Riguardo tutte le foto e poi non mi resta che mettermi nel sacco per provare a dormire. Ci riesco un po' svegliandomi più volte. Alle undici mi risveglio... Ho bevuto parecchia acqua e son obbligato a far pipì,  ma la faccio inginocchiato dalla "porta" senza uscire dalla tenda. Il freddo si fa sentire e per stare più caldo mi metto anche il piumino. Ma il problema non è tanto il freddo, quanto il mal di denti: la carie al dente del giudizio comincia a darmi noia. Prendo un'aspirina ma con scarsi risultati. Fino alle tre di notte mi giro e rigiro sul materassino, finché, forse verso le quattro, piombo in un sonno profondo. Nel dormiveglia di questa notte è come se le parti del mio corpo si fossero separate, come fossero individui diversi, con esigenze diverse. La testa rimprovera i piedi all'inizio, quando sono ancora freddi... quando i piedi son caldi son le gambe a lamentarsi, ed è sempre la testa che richiama, valuta, suggerisce.


Non ho messo la sveglia e mi sveglio alle sette e mezza. La tenda è illuminata dai raggi del sole, guardo fuori e la cima del Dolcedorme risplende di luce. Rimetto tutto a posto e sgombero il campo nel giro di mezz'ora. I piedi sono intorpiditi: le scarpe infatti sono ghiacciate, ma camminando il sangue si rimetterà in moto e mi riscalderà...


Dal Passo delle Ciavole arrivo ai Piani: la neve è immacolata, l'atmosfera selvaggia. Più avanti trovo le impronte fresche di un branco di lupi: dovrebbero essere tre... fratelli della notte...
 Oggi è domenica e ci sarà sicuramente gente. Infatti, prima di imboccare il sentiero per Vaquarro vedo Umberto di San Severino con degli amici e gli chiedo di mandare quando potrà, un messaggio su Facebook a mia sorella, visto che è dalla cima di Serra delle Ciavole che non ho linea sul telefono. La pista qui è già tracciata e si cammina velocemente in discesa. Rivedo anche Vincenzo D. che mi riconosce e mi chiama Indio, compagno di una scalata di due anni fa al canale sud-ovest di S. Ciavole.



Mi dirigo ai Piani bassi di Vaquarro, mi disseto al Frido e rivedo qui la guida Adalberto con un gruppo,
fermandomi a raccontargli il giro compiuto. Da qui prendo il sentiero che mi porterà verso la zona di Acquafredda (che non è il pianoro di cui ho parlato prima) costeggiando le Gole del Frido...



Prendo la strada che va a Conocchielle: molto panoramica, da qui si staglia soprattutto la visuale mozzafiato delle pareti ovest di Timpa della Madonna di Pollino. Le prime persone che vedo sono Francesco col padre, gli racconto da dove vengo e quello che ho fatto... Il papà dice con apprensione che sono pazzo e che non dovrò più fare quello che ho fatto (campeggiare da solo con la neve). Scendo per le viuzze di Conocchielle, una delle più belle frazioni del Pollino lucano, e mi fermo a salutare la gente che vedo... e poi l'ultimo chilometro che mi separa da una bella doccia e da un pasto caldo.






domenica 22 dicembre 2013

Al Monte Pelato... con Buck!

Mucche al pascolo, faggi maestosi, fioriture invernali, ricordi d'infanzia, un picolo abete bianco isolato, forse l'unico di questo monte... le rocce nere, le ofioliti che formano i suoi ripidi versanti, la vista che spazia su montagne e foreste, la compagnia di un animale fratello...

by Indio










domenica 1 dicembre 2013

Diario - 1 dicembre 2013

Nell'abbraccio del vento (Monte Prana, Apuane meridionali)


antichi terrazzamenti agricoli, sullo sfondo il Monte Piglione

Vengo dai ruderi, dalle chiese,
dalle pale d'altare, dai borghi
abbandonati sugli Appennini o le Prealpi,

dove sono vissuti i fratelli.
(...)
 Mostruoso è chi è nato
dalle viscere di una donna morta.
E io, feto adulto, mi aggiro
più moderno di ogni moderno

a cercare fratelli che non sono più.
 
                                                                           (Pier Paolo Pasolini, da "Poesie in forma di prosa")
.

Con l'amico Alessandro B. avevamo deciso, visto che le previsioni erano buone, di fare una escursione tranquilla nelle vicinanze, con la neve. La meta è stata individuata da Alessandro, che conosce bene queste montagne, nella zona del Prana-Matanna.
L'escursione ha inizio al bel rifugio "Matanna" e siamo passati da una frazione che curiosamente si chiama come la mia, "Le Mezzane". Ci accolgono abbaiando dei cani liberi, abituati ai camminatori.

 
Il tempo è sereno ma ci accorgiamo subito che la giornata sarà molto ventosa. La neve è ghiacciata dove c'è stato calpestio, ma non presenta problemi. Incontriamo due cacciatori con magnifici fucili di precisione... forse saranno cacciatori di selezione, visto che qui siamo nel Parco (il gestore del rifugio ci dirà poi che erano selettori di mufloni). Abbiamo con noi un paio di piccozzine per maggiore sicurezza...
Si va verso Foce del Crocione e poi verso Campo dell'Orzo. Una caratteristica che salta subito all'occhio di queste zone è la presenza di antichi terrazzamenti, probabilmente coltivati a cereali, che arrivano fino a circa mille metri. Il paesaggio è quello di una montagna che lentamente sta cancellando le antiche tracce del mondo rurale... Sono sparsi antichi ruderi e malghe ancora frequentate.. da lontano posso notare una casetta con dei caratteristici covoni vicini... Notiamo anche un'antica chiesetta con il tetto crollato.



Il paesaggio è superbo, la catena delle pareti rocciose della Pania si staglia all'orizzonte. La meta sarà la cima del Monte Prana: per arrivarci prendiamo un sentiero che scende giù verso i valloni boscosi e poi dovrebbe risalire. Il sentiero è ingombro di castagni secolari caduti (un simbolo anche questo...) e dato il vento cerchiamo di stare attenti ad eventuali segnali di alberi "scricchiolanti".   Passiamo accanto ad altri ruderi e poi imbocchiamo il crinale che ci porterà in direzione della vetta, avendo solo qualche problema con dei tratti invasi dai rovi. Sopra il vento è davvero impetuoso e tagliente, ma siamo ben protetti dalle nostre giacche a vento.


 Arrivati in cima, a parte la solita bruttissima croce di ferro, il panorama è superbo e spazia dall'Appennno alle Apuane, fin verso il mare: lontane, appaiono come un miraggio le vette evanescenti delle Alpi, che sembrano ergersi direttamente dalla linea del mare. Si torna giù, sempre sotto il vento sferzante, lungo il sentiero ghiacciato... ci aiutiamo con le piccozze per mantenere l'equilibrio e non scivolare e ritroviamo l'incrocio del sentiero..




Facciamo una capatina alla bella Baita , che è chiusa, forse ricavata da una vecchia malga, visto che l'architettura è tradizionale, e qui sulle panchine consumiamo il nostro panino da bar non proprio allettante. Si incontrano degli agrifogli... il pensiero va all'infanzia: quando ero piccolo mio papà portava un ramo d'agrifoglio come albero di Natale, l'agrifoglio secolare che ancora c'è nei miei boschetti. L'agrifoglio "shkatta nata vota" diceva: se si taglia qualche ramo, l'agrifoglio ricresce. Un giorno, come una specie di iniziazione andai io a tagliare il ramo in montagna e me lo portai a spalla fino al paese, mentre il sole tramontava. Ma oggi il Natale è altro, albeti secolari tagliati ed eretti a Piazza San Pietro, o alberi di plastica venduti nei supermercati...
foto di Alessandro Bastiani
 Poi ci dirigiamo al rustico Rifugio Matanna, dove ci vengono incontro dei cavalli (uno dei quali un bellissimo albino), e scodinzolando tanti cani liberi: entrando c'è un'atmosfera familiare, il proprietario sta vicino al caminetto, l'aria è un po' affumicata. Il bar è arredato con una serie infinita di oggetti della cultura contadina e con trofei di animali selvatici e non... in una vetrina ci sono vecchi animali imbalsamati. Si mangia un panino, un bicchiere di vino e si fanno quattro chiacchiere col gestore che già ci ha apostrofato come quelli "che in una giornata come questa hanno voglia di prendere vento": cacciatore, contadino e allevatore è rimasto qui a vivere con la sua famiglia. L'inverno è duro da passare ci dice, e le istituzioni dovrebbero aiutare la gente che ancora popola la montagna... Ci conferma che gli antichi terrazzamenti erano coltivati ad orzo, ma un orzo particolare, autoctono, molto adatto a questi terreni montani... Ci parla anche di una antica strage, un'esecuzione, proprio davanti al rifugio, di sospette "spie" da parte dei tedeschi, ragazzi che erano stati accusati di favorire i partigiani. Questi luoghi, dove correva la Linea Gotica, conservano la memoria  della Resistenza... L'uomo in queste valli aspre c'è sempre stato e le sue labili tracce si confondono nella neve...

foto di Alessandro Bastiani