domenica 13 aprile 2008

Diario - 10 aprile 2008

chiacchierata col "maestro" - foto by Carmela De Marco
Il sentiero dei giardini rocciosi
Oggi ho avuto l’occasione di compiere un’escursione assieme a Giorgio Braschi, mia sorella ed altri amici, ritornando in uno dei luoghi del Pollino a me più cari, ovvero Timpa della Madonna di Pollino. Proprio sotto la direzione di Braschi è stato è stato realizzato un bellissimo sentiero, che si snoda lungo la panoramica cresta della Timpa della Madonna. Un’escursione con Braschi è entusiasmante, per la profonda conoscenza che egli ha del territorio, per le cognizioni geologiche, naturalistiche e storiche. E’ un legame profondo, quasi simbiotico quello di Braschi con il Pollino, legame di intenso amore per questa terra, che lo ha portato a diventare prima il principale poniere dell’escursionismo nel Pollino e poi uno dei primi promotori della salvaguardia ambientale delle nostre bellissime montagne. Con le foto stupende delle cartoline e dei suoi libri e con la descrizione minuziosa di decine e decine di itinerari egli ha saputo comunicare ai giovani la consapevolezza degli immensi tesori che rivelano le nostre montagne che noi, gente del posto vissuta qui per generazioni e abituata a vedere da sempre certi paesaggi, quasi ignoravamo… Braschi è diventato così il nostro "maestro". L’itinerario dell’escursione ha previsto la discesa al Fosso Iannace, verso Piano del Cerro. Questo tratto di Fosso Iannace è popolato da faggi secolari enormi, con rocce mastodontiche, attrezzate anche per l’arrampicata. L’ambiente è suggestivo e selvaggio. Siamo andati poi al Piano del Cerro, dove Braschi, che sa vita morte e miracoli del nostro territorio, ci fa notare delle strane pietre vuote all’interno, quasi come dei gusci, di cui (ahimè) non ricordo il nome. Le mie nozioni di geologia equivalgono purtroppo a zero… Ci dirigiamo salendo verso Pietra Iaccata; qui un’insenatura spezza in due bastioni rocciosi la cresta della timpa, formando una specie di gola. Ci dirigiamo così verso il sentiero realizzato da Braschi. La luce rossastra del tramonto illumina i boschi e le rocce del paesaggio. La cresta è un continuo “belvedere”. Guardando a sinistra, il giardino degli dei domina la foresta, da cui spuntano imponenti le cime degli abeti bianchi; a destra la Serra dell’Abete e gli estesi pascoli… di fronte abbiamo la solenne Serra del Prete, ammantata di neve. Il “sentiero dei giardini rocciosi” si snoda attraverso rocce popolate da una vegetazione ricca, che annovera faggi, lecci, cerri e altri alberi ancora. Arriviamo alla cima, sotto la bruttissima statua di un cristo, fatta realizzare illecitamente e in barba ad ogni minimo senso di rispetto per l’ambiente. Non è che uno dei tanti obbrobri presenti sul Pollino. Così, tra una chiacchierata e l’altra, giungiamo al santuario. La vecchia rotonda, coi lavori di ristrutturazione, è stata levata… con grande rispetto per la memoria storica dei pellegrini! Ma a parte questa mancanza i rifugi sono realizzati con criterio, soprattutto quello a sinistra della chiesa. Continuiamo la nostra chiacchierata, mentre le ombre della sera calano lentamente e le sagome degli alberi si proiettano scuri nella luce rossa del cielo, dirigendoci verso il parcheggio vicino Fosso Iannace…

giovedì 3 aprile 2008

Diario - 31 marzo 2008

la vetta del Monte Pollino dalla dorsale nord-ovest - foto by Indio
Monte Pollino dalla cresta nord-ovest
Ancora un giorno e poi ritornerò nel caos metropolitano di Roma. Il tempo è migliorato ed è l’occasione buona per fare l’ultima escursione invernale di quest’anno, stavolta compiuta in solitaria. Una giornata di completa solitudine prima di immergermi nell’affollamento della città. In realtà è una solitudine apparente perché la montagna è sempre una calorosa compagnia. L’obiettivo sarà la scalata della ripida cresta nord-ovest del Monte Pollino. A Colle Impiso la neve è ancora giacciata e procedo velocemente, senza bisogno delle racchette. Al Piano di Vaquarro c’è quella che io considero la pù bella visuale che si possa avere del mitico monte di Apollo. I pini loricati del crestone sud-ovest , illuminati dalle prime luci del mattino, dominano austeri i ripidi pendii dei boschi che circondano Colle Gaudolino, in un’atmosfera quasi irreale. Arrivo a Gaudolino e prendo il sentiero che porta in direzione nord ai Piani di Pollino. Superato il versante più ripido del bosco, in diagonale, bisogna poi tagliare a destra cominciando a salire per la dorsale sud-ovest, qui ancora coperta dal bosco intricato di piccoli faggi. Nella neve si sprofonda, anche se lo strato superiore è ghiacciato. Le racchette sono indispensabili come anche la picozza. Finalmente dopo un po’ sbuco in alto, contento come un bambino, fuori dal bosco, tra i maestosi pini loricati del crestone. L’ambiente è veramente spettacolare per la sua bellezza selvaggia. La montagna d’inverno è tutta un’altra cosa. La neve ammanta la montagna di atmosfere misteriose. .. Il percorso che ho compiuto è poi tra quelli più unici perché poco seguito dai normali turisti. Il ripido pendio è ricoperto tutto da vetrato, ovvero ghiaccio scivoloso che si forma sulla neve. Con le racchette che ho ai piedi, dotati di ramponi anche ai lati e dotati di un solleva- tallone, posso avanzare con sicurezza (indubbiamente queste magnifiche ciaspole sono l’acquisto più importante della mia attrezzatura). L’uso della picozza (finalmente m’è servita a qualcosa!) è indispensabile come punto d’appoggio e di sicurezza, sia per mantenere l’equilibrio durante l’ascesa, e sia per frenare un’eventuale scivolata . Senza di essa e senza ramponi non si possono afffrontare i ripidi pendii ghiacciati. La salita è molto divertente. La bellezza del paesaggio mi ridà energia, annulla in un attimo tutta la fatica della salita compiuta in mezzo al bosco. Sono circondato da paesaggi infiniti… I piani di Pollino con Serra di Crispo e delle Ciavole… Il Monte Alpi… i monti dell’Orsomarso…. Ad un certo punto la picozza mi scivola di mano scendendo giù per decine di metri! Non bisogna mai tirare fuori la mano dal lacciolo. Meno male poi che la picozza si arresta. Non è bello vedere sparire cinquanta euro giù per un pendio ghiacciato! Così purtroppo devo ridiscendere lungo il pendio per riprendere la picozza. Le racchette in discesa sono scomode e rischio di scivolare; ma alla fine, aiutandomi con un bastoncino da trekking, riesco a recuperare l’attrezzo. Si continua ad arrancare in verticale. Finalmente mi appare la cima del Monte Pollino. Si prosegue seguendo la linea del crinale. Il ghiaccio sparisce e si affonda nella neve fresca. Le cornici di neve disegnano la linea ascendente del crestone. Lo stesso manto nevoso è percorso dal disegno di strane linee ricurve… Faccio molte foto. Purtroppo il tappo del mio obbiettivo Nikon mi casca e rotola giù velocissimo sulla neve ghiacciata, perdendosi tra i pendii scoscesi. Pazienza. Passo quasi indifferente vicino alla cima. Se non ci fosse quel bruttissimo blocco di cemento sarebbe meglio. Basta un mucchietto di pietre per segnalare il punto più alto di una montagna. E poi lo scopo delle escursioni nel Pollino non è certo la conquista della cima (conquista irrilevante, trattandosi di montagne che superano appena i duemila metri) ma l’attraversare i suoi ambienti più selvaggi e suggestivi. Nei pressi della cima cala la nebbia… Sono circondato dalla neve e dalla nebbia… sembra che mi stia aggirando in una spacie di deserto bianco immerso tra le nuvole. Adesso comincia la discesa. La neve è marcia e scivolosa. La maniera migliore e più sicura per procedere sui pendii in discesa, soprattutto in quelli più ripidi, è quella di creare dei gradini con l’affondo dei talloni. Sono le due e mi concedo la seconda breve pausa della giornata, seduto su un mucchio di pietre. Un po’ di fichi secchi e qualche biscotto e poi si riparte. Costeggio la dorsale sud, che mi porterà all’imbocco del sentiero della via classica, quella che conduce a Gaudolino. Vado un po’ più avanti, smarrendo il punto d’imbocco del sentiero, accorgendomi subito che proseguendo da quella parte si va dritti versoPollinello. Ritorno indietro e comincio a scendere lungo il sentiero della via classica, che passa accanto ai grandiosi e particolari pini loricati aggrappati alla roccia. Il sentiero poi porta nel bosco, vicino a faggi secolari. Sono a Gaudolino finalmente, e così mi ricongiungo alle tracce dell’andata. Il percorso ad anello si è compiuto. Sono molto stanco e non mi resta che indossare di nuovo le racchette e procedere velocemente verso Colle Impiso…