Monte Pollino dalla cresta nord-ovest
Ancora un giorno e poi ritornerò nel caos metropolitano di Roma. Il tempo è migliorato ed è l’occasione buona per fare l’ultima escursione invernale di quest’anno, stavolta compiuta in solitaria. Una giornata di completa solitudine prima di immergermi nell’affollamento della città. In realtà è una solitudine apparente perché la montagna è sempre una calorosa compagnia. L’obiettivo sarà la scalata della ripida cresta nord-ovest del Monte Pollino. A Colle Impiso la neve è ancora giacciata e procedo velocemente, senza bisogno delle racchette. Al Piano di Vaquarro c’è quella che io considero la pù bella visuale che si possa avere del mitico monte di Apollo. I pini loricati del crestone sud-ovest , illuminati dalle prime luci del mattino, dominano austeri i ripidi pendii dei boschi che circondano Colle Gaudolino, in un’atmosfera quasi irreale. Arrivo a Gaudolino e prendo il sentiero che porta in direzione nord ai Piani di Pollino. Superato il versante più ripido del bosco, in diagonale, bisogna poi tagliare a destra cominciando a salire per la dorsale sud-ovest, qui ancora coperta dal bosco intricato di piccoli faggi. Nella neve si sprofonda, anche se lo strato superiore è ghiacciato. Le racchette sono indispensabili come anche la picozza. Finalmente dopo un po’ sbuco in alto, contento come un bambino, fuori dal bosco, tra i maestosi pini loricati del crestone. L’ambiente è veramente spettacolare per la sua bellezza selvaggia. La montagna d’inverno è tutta un’altra cosa. La neve ammanta la montagna di atmosfere misteriose. .. Il percorso che ho compiuto è poi tra quelli più unici perché poco seguito dai normali turisti. Il ripido pendio è ricoperto tutto da vetrato, ovvero ghiaccio scivoloso che si forma sulla neve. Con le racchette che ho ai piedi, dotati di ramponi anche ai lati e dotati di un solleva- tallone, posso avanzare con sicurezza (indubbiamente queste magnifiche ciaspole sono l’acquisto più importante della mia attrezzatura). L’uso della picozza (finalmente m’è servita a qualcosa!) è indispensabile come punto d’appoggio e di sicurezza, sia per mantenere l’equilibrio durante l’ascesa, e sia per frenare un’eventuale scivolata . Senza di essa e senza ramponi non si possono afffrontare i ripidi pendii ghiacciati. La salita è molto divertente. La bellezza del paesaggio mi ridà energia, annulla in un attimo tutta la fatica della salita compiuta in mezzo al bosco. Sono circondato da paesaggi infiniti… I piani di Pollino con Serra di Crispo e delle Ciavole… Il Monte Alpi… i monti dell’Orsomarso…. Ad un certo punto la picozza mi scivola di mano scendendo giù per decine di metri! Non bisogna mai tirare fuori la mano dal lacciolo. Meno male poi che la picozza si arresta. Non è bello vedere sparire cinquanta euro giù per un pendio ghiacciato! Così purtroppo devo ridiscendere lungo il pendio per riprendere la picozza. Le racchette in discesa sono scomode e rischio di scivolare; ma alla fine, aiutandomi con un bastoncino da trekking, riesco a recuperare l’attrezzo. Si continua ad arrancare in verticale. Finalmente mi appare la cima del Monte Pollino. Si prosegue seguendo la linea del crinale. Il ghiaccio sparisce e si affonda nella neve fresca. Le cornici di neve disegnano la linea ascendente del crestone. Lo stesso manto nevoso è percorso dal disegno di strane linee ricurve… Faccio molte foto. Purtroppo il tappo del mio obbiettivo Nikon mi casca e rotola giù velocissimo sulla neve ghiacciata, perdendosi tra i pendii scoscesi. Pazienza. Passo quasi indifferente vicino alla cima. Se non ci fosse quel bruttissimo blocco di cemento sarebbe meglio. Basta un mucchietto di pietre per segnalare il punto più alto di una montagna. E poi lo scopo delle escursioni nel Pollino non è certo la conquista della cima (conquista irrilevante, trattandosi di montagne che superano appena i duemila metri) ma l’attraversare i suoi ambienti più selvaggi e suggestivi. Nei pressi della cima cala la nebbia… Sono circondato dalla neve e dalla nebbia… sembra che mi stia aggirando in una spacie di deserto bianco immerso tra le nuvole. Adesso comincia la discesa. La neve è marcia e scivolosa. La maniera migliore e più sicura per procedere sui pendii in discesa, soprattutto in quelli più ripidi, è quella di creare dei gradini con l’affondo dei talloni. Sono le due e mi concedo la seconda breve pausa della giornata, seduto su un mucchio di pietre. Un po’ di fichi secchi e qualche biscotto e poi si riparte. Costeggio la dorsale sud, che mi porterà all’imbocco del sentiero della via classica, quella che conduce a Gaudolino. Vado un po’ più avanti, smarrendo il punto d’imbocco del sentiero, accorgendomi subito che proseguendo da quella parte si va dritti versoPollinello. Ritorno indietro e comincio a scendere lungo il sentiero della via classica, che passa accanto ai grandiosi e particolari pini loricati aggrappati alla roccia. Il sentiero poi porta nel bosco, vicino a faggi secolari. Sono a Gaudolino finalmente, e così mi ricongiungo alle tracce dell’andata. Il percorso ad anello si è compiuto. Sono molto stanco e non mi resta che indossare di nuovo le racchette e procedere velocemente verso Colle Impiso…
Quanta serenità d'animo lascia il superamento di quei momenti di panico vissuti nell' ostile montagna invernale!
RispondiEliminaLa perdita di un oggetto, l'impossibilità d'usare correttamente mani e piedi...
Quanto minuscole appaiono poi le ansie della quotidianità.
Un barlume di quell'eterna sacralità espressa dalle vette risiede anche nella nostra transitorietà umana.
Ancora una volta verso l'alto, alla sua ricerca, dunque!
Vincenzo
questo è verissimo vinc. la montagna è una scuola di vita...
RispondiEliminaTi seguo sempre! Biagio.
RispondiEliminahttp://naturalmentepollino.wordpress.com/