un ambiente primordiale: pini loricati aggrappati alle rocce del canalone nord-est, sullo sfondo del Dolcedorme - foto by Indio
La scivolata - Canalone nord-est del Monte Pollino
Il canalone nord-est del Monte Pollino era uno dei miei obiettivi fin da un po' di tempo... il classico luogo mitico da cui non è possibile staccare gli occhi. Quest'escursione al canalone resterà una delle più avventurose che abbia fatto. Le previsioni dicevano che sabato sarebbe stata una bella giornata, per cui dovevo assolutamente sfruttare il bel tempo per andare in montagna, nonostante il forte mal di denti di questi giorni. Arrivo a Colle Impiso senza particolare difficoltà. La neve è veramente tanta e degli alti muraglioni si alzano ai lati della strada. Inizia la ciaspolata da Colle dell'Impiso. Dai piani di Vaquarro mi dirigo verso il fossato sopra il quale inizia il sentiero che mi dovrebbe portare ai Piani di Pollino. Noto che ho lasciato il cellulare nella borsa della mountain bike: si è aggiunto un ulteriore problema, perché i miei mi chiameranno e risulterà che io non rispondo. Ma ormai è fatta e bisogna proseguire. Per capire la quantità di neve che si è accumulata basti pensare che i fossati scavano gole nella neve creando dei muri alti circa tre metri! In qualche occasione mi capita di dover superare con qualche difficoltà queste gole scavate dai fossati nella neve. Il mal di denti ogni tanto si rifà vivo e per attutire il dolore mi metto un po' di neve in bocca... potremo parlare di rimedi naturali! Subentra un altro problema quando, per non aver chiuso bene la borraccia, l'acqua si riversa nello zaino. Per il resto dell'escursione sarò costretto così a bere l'acqua dei fossati o a dissetarmi con la neve (il dissetarsi è apparente, perché la neve, come immagino tutti sappiano, non contiene sali minerali). La neve ha sommerso tutto ed è così tanta che non riesco, in alcuni tratti, a individuare il tracciato del sentiero che si snoda nella fitta foresta (ovviamente di segnalazioni manco a parlarne!!!). Comunque conosco la zona e so più o meno dove dovrebbe snodarsi il valico che porta ai piani. La marcia è faticosissima: si sprofonda, perché il manto nevoso è reso inconsistente dalla temperatura mite dello scirocco. Inoltre devo districarmi con le ciaspole tra i piccoli faggi buttati a terra dalla neve, che in questo modo intralciano il sentiero. Sto impiegando molto più tempo del previsto e i Piani di Pollino sembrano lontani anni luce. Ma la faciloneria si paga e a volte bisognerebbe essere meno impulsivi nel programmare un' escursione. L'idea era di scalare il canalone, arrivare in cima e scendere per la via classica a Gaudolino. Riesco finalmente ad arrivare ai Piani. Dato che è già tardi forse dovrei rinunciare. Ma ho faticato tante ore per arrivare fin qui e non me la sento di cedere in ritirata. Il problema principale risulta proprio quello di rispettare gli orari. Devo arrivare in cima per le tre al massimo e non posso farmi sorprendere dal buio. Sono da solo, in una distesa sterminata di neve, non ho il cellulare e se facessi tardi i miei si allarmerebbero. Speravo di trovare la neve più compatta e ghiacciata, almeno sulle pendici del Monte Pollino... ma niente: si sprofonda e si scivola. Ho accumulato tanta stanchezza e tensione e sicuramente non mi sto godendo al meglio i paesaggi stupendi che mi circondano. Mi porto alla base dell'inizio del canalone. Anche qui la neve, sebbene un po' più compatta, è molto scivolosa. Il pendio comincia a farsi più ripido, metto via le ciaspole, tiro fuori la picozza e per avere più libertà di movimento indosso i ramponi. D'ora in avanti comincia l'itinerario alpinistico vero e proprio. Ho fatto un lacciolo lungo, con un cordino, attaccato al foro per il moschettone della testa della picozza e legato al polso, in modo da evitare che la picozza rischi di sfuggirmi dalle mani precipitando lungo il ripido pendio. Inizio la progressione in salita, lentamente, un passo alla volta, con tanta fatica. Speravo di trovare della neve ghiacciata, almeno qui. Ma la neve del canalone è scivolosa e solo appena più compatta di quella dei piani, per cui i ramponi non riescono a fare presa, risultando così quasi inutilizzabili. Anche la picozza, il mio unico mezzo d'autoassicurazione, a volte sprofonda, facendomi mancare il punto d'appoggio necessario a mantenere l'equilibrio. Mi capita anche che, forse perché ho stretto male le cinghie, in un paio di occasioni i ramponi si sfilano e devo rimetterli allo scarpone mentre sto in una posizione che lascio a voi immaginare, ovvero scomodissima, mentre cerco di restare aggrappato al ripido pendio. E' in questi momenti che si nota quanto siamo legati ad oggetti come la picozza o il proprio zaino, da cui dipende tutta la nostra sicurezza. Sono impegnato nella durezza della salita ma ciò non mi ha impedito di ammirare la visuale eccezionale che si gode da qui. Il canalone nord-est appare come un immenso corridoio tra rocce ripide e scoscese, popolate da pini loricati inavvicinabili e il suo limite, indicato dai cornicioni di neve, sembra portare verso un tesoro indefinito e misterioso. La neve, le rocce e i pini loricati che sovrastano il canalone fanno da cornice all'immensa bastionata del Dolcedorme... Il posto dà la sensazione di qualcosa di primordiale e a tratti anche inquietante, sensazione che cresce nell'ultimo tratto quando il pendio si fa ancora più ripido. Arrivo alle rocce che costeggiano il tratto sommitale del canalone dominato dai cornicioni di neve. E' così scosceso che ormai non posso fare altro che procedere accovacciato, scalciando con forza le punte degli scarponi nella neve, e usando la picozza come fittone, oppure di tanto in tanto scavando dei gradini con la paletta della picozza per creare dei punti d'appoggio per i piedi. Non posso nemmeno aiutarmi con la picozza utilizzando la becca, proprio perché, in assenza di vetrato, essa non mi può tenere. Sono quasi nel tratto finale e la cima è (apparentemente) a meno di un soffio... Ma si procede lentamente proprio perché l'ultimo tratto del canalone è molto ripido, perciò difficile e insidioso. La sommità del canalone appare vicinissima e allo stesso tempo lontana e inafferrabile. Altro problema: arrivato sulla sommità del canalone dovrei superare poi la barriera verticale delle alte cornici di neve, un'operazione delicata e pericolosa e che porterebbe via sicuramente parecchio tempo. Procedere ancora richiederebbe perciò tanta calma e pazienza, cose che non posso permettermi. L'ideale sarebbe stato campeggiare, magari con un compagno e prendersela comoda nella salita. Sono passate le tre e mezza e mi rimangono a malapena tre ore di luce. Ripenso al fatto di non avere il cellulare. Se mi sorprendesse il buio cosa potrebbero pensare i miei familiari? Questo pensiero mi fa andare in agitazione. Per giungere alla cima impiegherei come ho già detto parecchio tempo. Devo allora arrendermi e rinunciare alla cima. Tuttavia tornare indietro ai Piani di Pollino sarebbe ancora peggio, perché impiegherei un casino di tempo nel rifare in discesa lo stesso percorso del canalone su una pendenza per giunta così elevata. Sopraggiunge la sensazione di sentirmi imbottigliato. A mali estremi però, estremi rimedi... Osservando il canalone in discesa si nota che è sgombro da rocce sporgenti e da alberi. Giungo alla conclusione che l'unica alternativa è... la scivolata. A questo punto mi avrete già dato del pazzo... Ma se opto per questa scelta è anche perché ricordo di aver letto su un utilissimo manuale di alpinismo come la scivolata possa diventare, con le dovute accortezze, una tecnica veloce di discesa. Le ginocchia vanno tenute piegate leggermente. Non bisogna avere ai piedi i ramponi. La picozza invece fa da freno, morde la neve e viene tenuta con entrambe le mani. Prima di procedere però metto il copribecca di gomma alla picozza, per evitare che nella discesa questa mi possa ferire. Così mi posiziono per terra e mi lascio andare lungo il canalone. All'inizio scivolo perfettamente ma l'estrema pendenza del canalone, com'era inevitabile, mi fa acquistare subito velocità e non riuscendo a mantenere l'equilibrio inizio a rotolare su me stesso per un bel po' di metri. Mi fermo, un po' scosso, tutto imbrattato di neve, che copre anche gli occhiali, osservo se è tutto a posto e ricomincio a scivolare. Stavolta sto più attento a sollevare e ad allargare maggiormente le gambe e noto che così va molto meglio. Sotto il sedere si forma una specie di slittino naturale di neve, che mi fa scivolare alla perfezione. Prima di fermarmi faccio un'altra breve rotolata. Sono alla base del canalone. Ho percorso in pochi secondi ciò che avevo faticosamente scalato in ore di dura salita. E' una scivolata che ho deciso di fare in una situazione di emergenza, e solo perché il canalone era sgombro da rocce sporgenti; ma a costo di sembrare esagerato, non posso non ammettere che sia stata anche... divertente! Arrivato così (velocemente) in fondo al canalone, mi rimetto le ciaspole ai piedi e mi dirigo ai Piani di Pollino, seguendo le tracce del percorso dell'andata che mi porteranno senza difficoltà fino ai Piani di Vaquarro... Non ho "conquistato" nessuna cima, molte cose sono andate male, ma sicuramente non dimenticherò questa avventurosa escursione...