Faggete d'autunno - da Acquafredda a Vaquarro, da Timpone Cannocchiello a Piano Iannace
uno scorcio nella faggeta, risalendo il sentiero da Vacquarro verso T. Cannocchiello - foto by Indio. sotto: 1. scorcio nei pressi di Timpone di Mezzo, appena usciti dal bosco; 2. il torrente Frido a Vaquarro 3. pini loricati sulle pendici di Timpone Cannocchiello, con Serra del Prete sullo sfondo; 4. nuvola sulla cima del Monte Pollino; 5. la faggeta di Piano Cannocchiello vista da Piano Iannace 6. colori autunnali al Piano di San Francesco
Era da tempo che volevo farmi una bella camminata nei boschi tra i colori autunnali di questo periodo. Il tempo prometteva bene e allora venerdì era un giorno che non dovevo farmi sfuggire. L’itinerario che mi è venuto in mente l’avevo già fatto una volta ma al contrario, e congiunge due luoghi caratteristici della nostra montagna: Piano Vacquarro e Piano di Iannace. Se avessi preso l’auto, che mi obbligava a ritornare ad un punto di partenza, non avrei potuto fare il percorso ad anello che avevo in mente: ovvero partire dalla fontana di Acquafredda, tra Timpone di Murzo e Timpone di Mezzo, raggiungere Piano di Vaquarro e poi da lì seguire il sentiero (non segnato però sulla cartina di Braschi) che attraversa la faggeta di Timpone Cannocchiello conducendo a Piano Iannace. Da Piano Iannace infine avrei seguito la strada per Piano San Francesco fino ad Acquatremola e poi da lì al mio villaggio scendendo per boschi e pascoli. Perciò al diavolo le auto e a tutti i mezzi motorizzati… si va a piedi!
Si arriva comodamente ad Acquafredda-Frangiosso partendo da Conocchielle e percorrendo una stradina sterrata.. Ma io ho tagliato dalle sorgenti del Frida salendo per i sentieri di pastori che attraversano i pascoli ormai invasi dai rovi. A nessuno comunque è mai passato in mente di pubblicizzare e segnalare con una bella tabella il sentiero Conocchielle Vacquarro. Tra l’altro era un sentiero che faceva sempre un mio caro amico purtroppo scomparso. Potevo portare con me il cane ma avrebbe avuto grosse difficoltà ad attraversare il torrente Frida in piena, magari si sarebbe messo paura per poi rifiutarsi di procedere, mentre io lo tiravo e l’aria si sarebbe riempita di spaventose bestemmie. Perciò, mi dispiace cane, ma oggi stai a casa. Riprendo la parte di un motto di Into the Wild “…niente telefono, niente cani e gatti…”. Niente auto, niente persone, niente cani… oggi voglio ritrovare lo spirito di contemplatore solitario della natura selvaggia!
Per superare il torrente Frida ci metto un po’ di tempo: devo costeggiare un muraglione tenendomi aggrappato alla rete di ferro per raggiungere il punto dal quale posso superare il torrente con un salto da una roccia all’altra. Comincia la parte più noiosa dell’escursione, perché i sentieri sono invasi dai rovi. Le spine mi graffiano la testa. La zona è piena di escrementi e orme di cinghiale. Prima o poi dovrei incontrarli. Riesco alfine ad arrivare alla strada sterrata. Davanti a me si estende la faggeta di Timpone di Mezzo, mentre la cima di Serra del Prete spunta dalla foresta. Mi dirigo verso la fontana di Acquafredda e davanti a me vedo dei cinghiali che attraversano la strada velocemente. Vado più avanti e li vedo più sotto correre e saltare tra i cespugli. Saranno una trentina. E’ strabiliante come abbiano avvertito subito e da piuttosto lontano la mia presenza. Se fossi un cacciatore uno oggi lo avrei beccato. Che strano: sono trenta e potrebbero travolgermi ma hanno paura di questo strano essere bipede. Continuo per la mia strada. Trovo un bel gruppo di funghi Tricholoma portentosum, detti ordinati o a filera in gergo dialettale. Li raccolgo e li metto nello zaino.
Dopo la fontana di Acquafredda per andare a Vaquarro bisogna salire a destra, dove si sbuca in una radura bellissima con decine di enormi faggi secolari. Il sentiero costeggia il Timpone di Mezzo attraversando una fitta faggeta, a ridosso del torrente Frido, di cui riesco a sentire già il sordo e lontano rumore della piena. Alcuni colossi, esemplari di faggio secolare. Qualche relitto, qualche tronco fradicio che testimonia la grandezza del passato. Si sbuca su una sommità rocciosa e spoglia, un punto panoramico, da cui si possono ammirare i piccoli loricati aggrappati alle sommità rocciose e boscose che sovrastano il corso del Frido e, immediatamente di fronte, la sagoma allungata di Serra del Prete avvolta dal mantello rossiccio della foresta. Qui il sentiero attraversa un terreno roccioso, poi scende per arrivare ai Piani di Vaquarro. Il pianoro è pregno del gorgogliare delle acque del Frido, il quale scava i pascoli verdi di Vaquarro dividendosi in rigagnoli, che poi si ricongiungono al corso principale ed entrare nel bosco scuro e misterioso. Numerosi salici costeggiano il torrente, disegnando macchie tondeggianti di verde chiaro e brillante. Siamo nella parte bassa dei Piani di Vacquarro.
Adesso devo ricordarmi l’imbocco del sentiero, fino a pochi anni fa segnalato da un mucchio di sassi. Consulto il mio taccuino dove sono disegnati come promemoria gli imbocchi e le direzioni di sentieri poco frequentati. Avevo disegnato e descritto una macchia grande di ginepro, un’altra più sopra e più piccola e un grosso masso. I disegni corrispondono ma il mucchio di sassi è crollato. Ed eccomi ad arrancare sul sentiero che sale ripido nella faggeta. Nella parte scoperta e rocciosa dei pendii del Cannocchiello sovrastanti Vaquarro crescono giovani piante di pino loricato. Salendo noto anche un giovane abete bianco. Sbuco nel punto in cui termina la lunga cresta ammantata dalla faggeta della Madonna di Pollino. Lontano, sulle rocce, noto anche un piccolo pino loricato. Poi si sbuca in una radura tra le rocce, da cui si può ammirare il panorama di Serra del Prete e dei Piani di Vaquarro. In fondo l’obiettivo dell’escursione era proprio questo valico che mi condurrà a Iannace attraversando la zona del Cannocchiello. Raccontava mio padre che proprio in questi boschi viveva un tempo un boscaiolo eremita. Si era costruito una capanna e stava là anche d’inverno, con la neve. Tagliava i faggi e li trasformava in traversine. La zona a quanto pare subì tagli boschivi consistenti…
Sono nei pressi del Piano di Cannocchiello. Davanti a me adesso si stagliano unicamente faggi longilinei, linee verticali che si susseguono uno dopo l’altro fino a rarefarsi sovrapponendosi l’un l’altro all’orizzonte finito dei pendii. Sono nel cuore della faggeta e il silenzio qui sembra “assordante”. Non si sentono voci di uccelli o di altri animali. Faggi con il fogliame residuo rosseggiante, un tappeto di foglie secche che copre il sentiero, e da cui spuntano ogni tanto funghi di varie specie che rompono coi loro colori accesi la monotonia cromatica del terreno. Qualche isolato abete bianco. La traccia del sentiero comincia a farsi sempre più rada. Infine arrivo nella radura che conosco bene, attraversata da un ruscello. Sono quasi arrivato a Piano Iannace. Ci sono i resti di un fuocherello fatto probabilmente dai pastori che conoscono bene questi boschi. A Piano Iannace faccio una capatina ai ruderi della vecchia caserma della forestale e alla vicina sorgente captata dal serbatoio. Adesso proseguirò verso il Piano di San Francesco. Costeggio la strada aggirandomi tra gli abeti. Vado alla ricerca dei funghi abetini (Lactarius Deliciosus), caratterizzati dal colore arancione brillante, dal cappello viscido e dal lattice rosso che sporca le mani. Ma è l’odore e quasi il “sapore” dell’abete bianco a rendere così speciale questo fungo. Posso scalare una montagna innevata, attraversare una foresta, seguire il corso di un torrente, raccogliere funghi. Ciò che mi interessa in fondo è sempre l’immersione nella natura incontaminata, aspettando sempre ciò che la montagna riesce a regalarci con le sue atmosfere, le sue sorprese e i suoi paesaggi…