Fiori di ghiaccio - dal Fosso Carceri ai loricati della Grande Porta
Loricati ricoperti di
galaverna alla Grande Porta - foto by Indio. sotto: 1. il grande
scenario della foresta che circonda le Gole di Iannace; 2. la gola di
Fosso Carceri; 3. il tratto della foresta nei pressi delle Carceri; 4.
loricati scheletrici presso il crinale della Serretta; 5. Buck osserva
attento i dintorni; 6. un tratto del bosco Tre Valli percorso dal
vecchio sentiero che da Iannace corre dritto attraverso la foresta che
costeggia le Gole.
Nell’escursione che avevo programmato per il 28 ero
indeciso sulla meta da raggiungere. Di sicuro sarebbe stata una camminata tranquilla. La cosa che volevo fare
assolutamente era l’esplorazione di Fosso Carceri nell’ultimo tratto,
quello più selvaggio. Poi sarei potuto arrivare a Timpone Cannocchiello,
e magari me ne sarei sceso verso i Piani di Vaquarro e poi per il
sentiero che conduce alla frazione Conocchielle, anche se il giro
risultava troppo lungo. L’altra possibilità era raggiungere i Balconi di
Pollino.Volevo anche ritornare sul vecchio sentiero
che segue il valico che costeggia le sommità delle Gole di Iannace, sul
lato
est. Comunque l’intenzione era soprattutto fare un percorso che
attaversasse la
foresta di faggio e abete bianco attorno a Iannace. Dato che avrei
portato con
me il cane, di certo non sarebbe stato carino nei suoi confronti
portarlo a
scalare una cresta ripida e ghiacciata. I ramponcini per cani non li
hanno
ancora inventati!Decido di non decidere, ovvero di non stabilire una
meta ben
precisa. E così la mattina mi sveglio e parto da casa di
buon’ora, a
piedi, assieme al fido Buck, che appena
mi vede con zaino e attrezzatura ha già
capito che si va in montagna e manifesta tutta la sua contentezza. Dai
sentieri
che attraversano i boschetti di cerro ci portiamo dopo un po’ sulla
strada che
va al santuario. Da lì prendiamo il sentiero “Albanete” , che attraversa
l’ultimo tratto delle Gole di Iannace alla confluenza del Frido. L’acqua
del
torrente è davvero tanta e rumoreggia nel bosco. Ci lasciamo alle spalle
il
superbo scenario delle gole e ci dirigiamo veso Pietra Spaccata, per poi
raggiungere Cresta della Madonna.
Comincia a vedersi un po’ di neve. Noto un cunicolo scavato ametà tra
neve e terra da qualche topo muschiato o di montagna: la neve
sciogliendosi
lascia intravedere l’opera del roditore sul terreno. Mi lascio alle
spalle il
rifugio del santuario e mi inoltro nel bosco di faggio seguendo il
sentiero. Si
raggiungono delle radure nei pressi delle quali monumentali faggi si
ergono
accanto a massi rocciosi: sembrano essi stessi di roccia. Questa zona si
chiamava anticamente “ il Porcaru” ed era nota proprio per la presenza
di
enormi faggi secolari, molti dei quali salvati fortunatamente dal taglio
negli
anni ’80. Cominciano ad incontrarsi i primi abeti bianchi: fra poco
arriverò
all’incrocio con il sentiero che attraversa il torrente conducendo a
Piano
Iannace. Lo scrosciare impetuoso del torrente preannuncia che sono vicino
al
guado. Il mio obiettivo adesso è risalire ed esplorare l’ultimo tratto
di Fosso Carceri fino al punto in cui potrò deviare a
sinistra, verso il lato est della foresta, per sbucare a Piano Iannace. Capisco
subito che seguire il torrente non sarà facile perché non sempre potrò
costeggiare le sue rive con
facilità . Devo decidere quale sponda del torrente mi conviene costeggiare:
seguo
quella sinistra ma devo subito aggirare i ripidi pendii iniziali. Lungo
il
letto del torrente crescono giovani piante di abete e la neve alta
ricopre i
massi rocciosi a volte creando dei ponti tra di essi. Arrivato alla
sommità
rocciosa della gola ridiscendo e mi accorgo che non si può proseguire a
sinistra. Devo oltrepassare il torrente per giungere sulla riva destra, che
risulta
percorribile almeno per un bel tratto di visuale. L’acqua scorre
impetuosa e la
corrente è forte. Per me non ci sono problemi ad attraversare anche
perché le
mie nuove e costose scarpe della Scarpa (un nome più originale non
avrebbero
potuto trovarlo…) mostrano davvero una grande funzionalità. Buck però si
mostra
perplesso nell’attraversare la corrente. Così decido di mettergli il
guinzaglio
per poterlo aiutare nel caso dovesse scivolare.
E’ titubante ma alla
fine
attraversa senza problemi. Procediamo agevolmente sulla riva destra
mentre davanti a noi cominciano
ad ergersi le pareti rocciose della gola. Attraverso un faggio caduto
trasversalmente sul torrente e Buck mi segue saltandolo con agilità. Ed
ecco che
si affaccia una di quelle visioni spettacolari che solo il Pollino sa
regalare:
davanti a me si staglia una gola dalle pareti alte e ripide, in mezzo
alla quale l’acqua spumeggiande corre giù lungo i massi
rocciosi in piccole cascatelle. Un albero secco e spoglio è posto di
traverso
ed ha l’aspetto di una lontra che stia immobile sul torrente. Abeti
giovani e
longilinei si affacciano dalla sommità rocciosa della gola. Speriamo che
questo
posto resti intatto per sempre così com’è. Basterebbe anche un picclo
ponticello per annullare l’immacolata bellezza che presenta. Qui non si può
attraversare e dobbiamo di nuovo risalire, aggirandolo, il tratto della
stretta
gola, arrampicandoci sui pendii coperti di neve. Buck mi segue veloce
ripercorrendo i miei passi. Aggirato il lato roccioso il torrente adesso
risale
dolcemente i pendi boscosi. Incontro una biforcazione dove un affluente
scende
sulla destra. Bisogna attraversare di nuovo e stavolta Buck non ha più
paura.
Mi porto così sul lato sinistro della
riva. Questa zona è detta "le Carceri" perchè qui era facile perdersi: in effetti se si devia verso sud-ovest la foresta sembra non conoscere limiti, perchè si espande verso Timpone Cannocchiello e il Bosco Toscano fino al letto del torrente Frido. Proseguendo dritto devo sbucare necessariamente a Piano Iannace.
Controllo la cartina ed effettivamente è così. Ho deciso che
l’escursione può
terminare anche là. Però arrivato a Piano Iannace noto subito che i
loricati lontani
di Serra Crispo sono bianchi di ghiaccio. Un evento che non sempre è
frequente. I loricati ricoperti di
galaverna rappresentano un’attrazione
irresistibile e perciò decido di proseguire;
voglio arrivare almeno alla Grande Porta per assistere da vicino allo
spettacolo. Indosso le ciaspole, mi fermo e do da mangiare al cane. Ossa
e
pane. Il mio pasto è a base di fichi secchi, come sempre. Giunti al
Piano di
Toscano la neve è davvero tanta.
Non riesco ad individuare la fonte
Pittacurc:
è sommersa dalla neve. Su Serra Crispo i loricati coperti di ghiaccio
appaiono
e scompaiono tra la nebbia che cala sulle creste. Noto che un fianco
della
lontana Serra del Prete è squarciato da una slavina, che ha sradicato un
lembo
della foresta che ricopre i ripidi pendii. Buck
ama correre e rotolarsi in questa distesa di neve. Non c’è nessuno oltre
a noi; la montagna oggi sembra un deserto desolato di neve, alberi e
rocce. Non
si avverte nemmeno la presenza di animali selvatici. Oggi il vento è la
sola
voce che si può ascoltare quassù. E’ vero che percorrere la montagna da
soli crea sempre una sorta di
malinconia (siamo animali sociali, che ci piaccia o no) e che perciò fa
sempre
piacere incontrare altre persone durante le escursioni: la montagna
unisce chi
la ama e salutarsi e scambiare due chiacchiere diventa un gesto quasi
spontaneo. Ma oggi è domenica delle Palme e soprattutto ci sono le
elezioni regionali,
così tanti escursionisti e turisti hanno perso l’occasione di una bella
escursione tra i loricati rivestiti di galaverna… per conto mio oggi
voterò
solo la montagna. La politica per com’è conciata possiamo anche metterla
da
parte! La Grande Porta è vicina ed
accelero il passo. Buck mi
cammina accanto e per un po’ mi salta addosso
manifestando la sua euforia. Siamo soli. Un uomo e un cane vagano in
una vastità selvaggia legati da una
strana alleanza che si perde nella notte dei tempi… Ed eccoci tra i
loricati
della Grande Porta. I pini coperti di galaverna rappresentano uno
spettacolo davvero fantastico. Ricordano vagamente
dei coralli o degli alberi fioriti,
anche se questi fiori apparenti non segnano l’inizio della primavera ma
gli
ultimi sussulti dell’inverno. Il tempo è
parzialmente nuvoloso, fa freddo e il sole fa capolino ogni tanto nel cielo azzurro e terso. E’ l’ideale per fotografare, perché la luce è soffusa
ed esalta
i dettagli del paesaggio. Basta un
raggio di sole che penetra le nubi per creare un bell’effetto
fotografico. Del
resto sono arrivato fin qui proprio per fotografare i loricati: il motto di un fotografo naturalista dev'essere sempre "al posto giusto nel momento giusto".
Ogni
pino
ricoperto di ghiaccio è un’ unicità, uno
spettacolo a sé. I granelli di giaccio spinti dal vento si staccano dai
rametti
e piovono su di noi Il vento soffia con forza e mi gela le mani; ho
dimenticato i guanti per cui ogni tanto devo riscaldare le mani nelle
tasche
dei pantaloni, lasciando così la presa della mia Nikon. Seguendo il
crinale che
delimita la Grande Porta mi aggiro così tra gli alberi monumentali
mentre Buck
esplora i dintorni. Mi porto fin sotto l’inizio di Serretta della
Porticella
dove mi appare il gruppo di
scheletrici loricati bianchi. Buck si è seduto a
ridosso delle rocce ed osserva le
distese innevate sottostanti, attento al minimo movimento o rumore. E’
ora di
tornare sulla via del ritorno. Buck in discesa è veloce e mi distanzia
parecchio, fermandosi di tanto in tanto
ad aspettarmi per non perdermi di vista. A Piano Iannace decido di prendere un vecchio sentiero che mi
insegnò una volta mio padre, utilizzato
un tempo dai cacciatori. Il sentiero costeggia all’inizio le rocce che
delimitano
Piano Iannace a nord, e scende dritto attraversando la foresta per poi
costeggiare le rocce
sommitali delle Gole di Iannace dal lato est. Noto con
piacere che le guide
hanno provveduto a segnalare il vecchio sentiero, legando delle strisce
di
plastica agli alberi (è il metodo di segnalazione che io preferisco;
meglio
della vernice...). A quanto pare proprio lungo questo valico si snodava una
volta
una teleferica utilizzata per il trasporto dei tronchi. Siamo nel Bosco
Tre
Valli, caratterizzato dalla presenza di grandi faggi e giovani abeti
bianchi che popolano le sommità
rocciose della foresta. Di sicuro da qui si arriva a Iannace molto
velocemente. Buck è come se sapesse il sentiero a memoria, perchè corre avanti seguendo perfettamente il tracciato segnalato.
Sento tra i faggi il richiamo di un uccello: confrontato con le
registrazioni
audio che ho potuto ascolatare su un sito (www.seguilisentiero.it) potrebbe essere proprio il
picchio
rosso mezzano, una rara specie di picchio che popola le foreste della
Basilicata e che rappresenta un indicatore di ambienti forestali intatti
e non
manomessi dall’opera dell’uomo. Il sentiero sbuca finalmente sopra la
strada e
due piccoli abeti sembrano sorvegliarne l’imbocco. Non ci resta che
procedere
per il sentiero del pellegrino e tornare a casa attraverso i boschetti
di
cerro.
Questa è una foto di circa tre anni fa, scattata con una semplice
digitale compatta. La considero una delle foto più significative che
abbia fatto... oltre ad essere legata ad una mia vicenda personale.
Procedevo in solitaria verso la cima di Serra delle Ciavole con le mie
nuove ciaspole e mi si dipanò questa veduta che rappresenta bene l'anima
del Pollino. L'immagine rimanda significativamente al cerchio della
vita: la cornice è rappresentata dal loricato secco che per me richiama
la fine naturale di tutte le cose, che però continua a testimoniare il
suo passaggio nel mondo; i loricati piccoli simboleggiano la rinascita,
le nuove generazioni che si affacciano alla vita; il pino adulto il
vigore e la forza della maturità... e poi c'è lo
sfondo, che completa lo scenario di questo paesaggio primordiale e selvaggio. E'
quello che io ci vedo...