"L'uomo arrivò sul re, il branco era ancora vicino, a guardare. La più aspettata vittoria era gemella uguale di una sconfitta mai conosciuta prima."
Erri De Luca
Il peso della farfalla (Feltrinelli 2010) è uno dei racconti più belli sulla natura che abbia letto di recente. Più che un romanzo è un racconto lungo, incentrato contemporaneamente sulla figura di un vecchio bracconiere e sul "re dei camosci", un camoscio leggendario che è sempre riuscito a sfuggire al cacciatore. Uomo e camoscio sono rispettivamente cacciatore e preda ma entrambi sembrano condividere la stessa esistenza, che si svolge a contatto con l'asprezza selvaggia della montagna.
Il cacciatore, da quello che lascia intendere De Luca, è un vecchio militante di estrema sinistra che dopo gli anni di piombo si è rifugiato in montagna da solo in una baracca, lontano dal resto del mondo. I guardiacaccia non riescono mai a beccarlo e la gente del vllaggio è sua alleata. Cacciatore e camoscio sembrano accomunati dallo stesso destino: entrambi un tempo forti ed invincibili, subiscono lentamente il lento declino che appartiene a tutti gli esseri. Entrambi però sono dei re, perchè invece di soccombere in una lenta agonia, preferiscono lottare fino alla fine con dignità. E' un racconto molto profondo e il finale, che non vi anticipo ovviamente, è davvero commovente. Un racconto estremamente poetico. La prosa è asciutta ed essenziale, va dritta alle cose e rappresenta bene il mondo della montagna, un mondo dove tutti gli esseri sono legati da un filo invisibile; un mondo per niente idilliaco ma violento e a volte spietato, dominato dalla lotta per la vita. E il cacciatore è parte ormai di questo mondo, come i camosci che egli caccia. Ma gli animali si rivelano anche dei maestri di vita per il vecchio cacciatore, ed alla fine, cacciatore e camoscio, un tempo nemici, diversi ma in fondo simili, quasi l'uno specchio dell' altro, si ritroveranno ad affrontare la loro dipartita in un ultimo, intenso abbraccio...