lunedì 23 maggio 2011

Camoscio solitario

 Camoscio d'abruzzo tra le rocce, fotografato con uno zoom 70 mm. Dato che l'animale nella foto è lontano, non disponendo di una lunghezza focale maggiore, all'inizio ero insoddisfatto della foto. Ma scaricandola l'ho rivalutata subito: perché  risalta immediatamente l'ambiente naturale del camoscio... molto meglio quindi di una foto ravvicinata! - foto by Indio

dettaglio ingrandito della stessa foto

Diario - 22 maggio 2011

Nel cuore del Gran Sasso: Pietracamela, Valle del Rio Arno, Val Maone.

panorama, verso Grotta dell'Oro - foto by Indio. sotto: 1. lungo il sentiero che proviene dal Vallorne Rio Arno; 2. particolare dei pinnacoli avvolti dalla nebbia; 3. i versanti rocciosi in direzione del Corno Piccolo; 4. antichi ripari di pastori; 5. cascata, lungo il sentiero che collega Rio Arno a Prati di Tivo; 6. verso i Prati di Tivo, pascoli intatti sullo sfondo delle cime del Gran Sasso; 7. veduta panoramica dalla Val Meone. l'escursionista nella foto, visibile come un puntino a destra, rende bene la dimensione dello scenario.



Dove soggiorno adesso, dalla terrazza della mia stanza svettano lontani i picchi rocciosi del Gran Sasso, che da tempo sembravano  invitarmi alla scoperta dei loro segreti. L'occasione è arrivata subito. Vincenzo A., amico e fidato compagno di escursioni nella natura selvaggia, mi viene a trovare, per organizzare la nostra prima uscita alla scoperta degli scenari naturali di queste montagne imponenti e austere. Ad aggiungersi a noi c'è stata anche una nostra simpaticissima  amica di Teramo, che conosce già il Gran Sasso ed ha subito approvato la mia proposta. L'idea era di compiere un'escursione di "avvicinamento", non troppo impegnativa ma che ci regalasse visioni di natura aspra e selvaggia, nel "cuore" del Gran Sasso appunto. Non conosco la zona ma guardando la cartina dei sentieri noto che c'è un bel percorso che da Pietracamela, piccolo paesino incastonato nella roccia, risale un torrente chiamato Rio Arno, ammantato di boschi, fino a sbucare in un vallone in mezzo alle montagne.


Il percorso dà l'idea di un cammino che raggiunge il cuore di queste montagne, un cammino di contemplazione, che non ci imporrà la scalata di alcuna cima ma che si svolgerà al cospetto di un anfiteatro di  ghiaioni,  pareti verticali e picchi rocciosi sfiorati dalle nuvole... Non mi sbaglierò, perché l'escursione ci regalerà momenti indimenticabili. Pietracamela: qui, all'imbocco del sentiero, abbiamo una manifestazione della suprema forza della natura: una frana, massi rotolati giù, uno di essi enorme, fermatosi a ridosso delle case, il sentiero che non c'è più, travolto dal cedimento del terreno... Di regola non si potrebbe proseguire, ma sono convinto che il sentiero riapparirà se supereremo il pendio franato. Vado in perlustrazione e come pensavo ritrovo il sentiero... do quindi il segnale di via libera ai miei compagni d'escursione. La nostra amica ci dice che la frana ha travolto anche alcune incisioni rupestri, che si ritrovavano lungo la prima parte del percorso. Le vette delle montagne svettano dalla foresta. Dovremo percorrete tutto il vallone per poi sbucare in mezzo alle montagne, dirigendoci verso la località Val Maone. La prima parte del percorso si snoda lungo una strada sterrata, attraverso una vegetazione di macchia mediterranea, poi via via cominciano ad apparire i primi faggi e alla stradina sterrata si sostituisce uno stretto sentiero, più o meno in prossimità di un cancello con edifici di captazione delle acque. Il bosco regala angoli fiabeschi: in prossimità del torrente, sfiorato di tanto in tanto dal sentiero, faggi monumentali sono circondati da enormi massi. Richiamo sempre l'attenzione dei miei compagni d'escursione quando mi si para davanti qualcosa di bello da vedere...

Ogni tanto grandiosi faggi abbattuti dalla furia degli elementi ci sbarrano il passo. Poi appare una radura da cui possiamo ammirare i vicini picchi rocciosi, radura in cui ci riposiamo un po' e che ci fa pensare a propositi di "meditazione", oltre a farmi sfoderare in maniera piuttosto ilare citazioni di Whitman, London, Chris McCandless.  E come sottofondo musicale per queste atmosfere c'è lo scrosciare tumultuoso del torrente. Il sentiero risale i ripidi pendii boscosi facendoci sbucare presso una gola, la cui integrità selvaggia è stata purtroppo compromessa dal cemento delle strutture di captazione. Anche se più sopra il gettito delle cascate del Rio Arno è sicuramente suggestivo. Incrociamo il sentiero che va ai Prati di Tivo, che faremo al ritorno, e proseguiamo dritti seguendo il vallone da cui prende vita il corso del torrente, ormai fuori dal bosco. Qui comincia la wilderness vera e propria di questa parte del Gran Sasso. Ai nostri lati, a destra come a sinistra, si ergono picchi e pareti rocciose a strapiombo, circondati da enormi ghiaioni: a ovest svettano il Pizzo dei Caprai e Picco Pio XI, mentre ad est dominano le immense propaggini rocciose del Corno Piccolo e del Corno Grande: nella cartina leggo di toponimi come Coste del Calderone e Valle del Ginepro (forse chiamata così per le estese e basse macchie di ginepro che ricoprono i ghiaioni?).


Nel Vallone numerose sono le fioriture primaverili, con fiori delle specie più svariate (ci sono rarità botaniche, come dei fiori già incontrati sulla Maiella, di cui però non ricordo il nome e altre probabilmente molto rare, per non averle mai viste da nessuna parte) e possiamo contemplare enormi massi erratici; sparuti boschetti di faggio resistono ancora a queste alte quote coprendo alcune aree in prossimità dei fianchi del vallone. Per me è inevitabile catturare questi scenari scattando decine e decine di fotografie... Qualche volta dobbiamo anche attraversare degli isolati nevai. 
Poi c'è la visione di tre grotte che sembrano scavate dall'uomo: forse si tratta di cavità naturali modificate in passato dai pastori in funzione di riparo, e forse il toponimo Grotta dell'Oro trovato sulla cartina corrisponde ad esse. Dei corvidi neri vanno e vengono dalle pareti rocciose: si tratterà sicuramente di gracchi alpini, penso, ma poi, confrontando gli esemplari che ho visto con le foto trovate su internet si può affermare che si tratta del gracchio corallino (che ha il becco non giallo e dalla caratteristica forma ricurva); specie che dalle informazioni che ho ricavato popola le rocce d'alta quota di questa montagna.Ci dirigiamo verso le capanne dei pastori, nella Val Maone, come indicato dal segnale che incontriamo lungo il sentiero. Una barriera di creste fatta di rocce e neve si apre davanti a noi, dando l'idea di una conca chiusa tra le montagne. Abbiamo raggiunto la nostra meta a quanto pare, che ci regala così nuove prospettive panoramiche. Noto subito dei resti di muretti a secco e lo faccio presente agli altri. In effetti i ripari di pietra sono qui, tra le rocce, e destano in me richiami ancestrali della vita pastorale, vita a cui mi sento legato per le mie profonde origini contadine. Questi piccoli ripari di pietra si armonizzano al paesaggio delle vette e mi fanno fantasticare su giorni di solitudine tra queste desolazioni selvagge, e di notti fredde trascorse al riparo dagli elementi , com'erano quelle dei pastori di un tempo.
Ci riposiamo un po' a ridosso delle "capanne" e consumiamo il nostro pranzo frugale chiacchierando e scherzando. Mi prodigo in un'imitazione di Messner (uno dei miei eroi) ironizzando la sua resistenza alla fame e alla fatica, alludendo alla circostanza che ho portato nel mio zaino  solo un paio di biscotti e un sacchetto d'uvetta, sia per gli  spuntini che come pranzo. Vincenzo A. aggiunge l'aneddoto della "pasticca effervescente"... E' ora di ritornare, seguendo il percorso dell'andata fino alle cascate... poi faremo un altro sentiero per arrivare ai Prati di Tivo e poi a Pietracamela.
Il tempo sta peggiorando e arrivano delle goccioline d'acqua, poi si mette a piovere... sarà sicuramente una pioggia passeggera. Le pareti delle montagne e i massi rocciosi rotolati giù al limitare della valle assumono con il breve temporale una colorazione grigia e ci appaiono molto diversi, perciò, da come li avevamo visti stamane, illuminati dal sole. Vincenzo e la nostra amica teramana si sono fermati, sono davanti a me e sembrano osservare qualcosa... Vincenzo a gesti indica qualcosa, mimando il gesto dello scatto fotografico e invitandomi perciò a sfoderare subito la mia Nkon. Avranno avvistato qualche animale selvatico, penso subito. Sui massi che delimitano il vallone appare un camoscio solitario, che si arrampica lentamente saltando agilmente da un masso all'altro. Mi avvicino in silenzio, punto l'obiettivo e comincio a scattare foto a ripetizione dello stupendo esemplare di camoscio che sta davanti a me. L'animale si è accorto della nostra presenza, ma sembra sicuro di sé e per niente spaventato. Ovviamente la sua diffidenza istintiva di selvatico l'ha spinto subito ad allontanarsi da noi, riparandosi verso l'alto, su quelle rocce inaccessibili. Resto quasi commosso da questo incontro, poi penso che oggi è il mio compleanno e che questo è probabilmente il più bel regalo che oggi potessi ricevere. Nella mia prima escursione sul Gran Sasso abbiamo avuto per caso un incontro ravvicinato con un esponente di una specie che è anche un simbolo, un po' come l'orso e il lupo, della natura selvaggia e inviolata!

Proseguiamo, arrivati alle cascate, lungo il sentiero per i Prati di Tivo. Altri scenari maestosi si aprono davanti ai nostri occhi, come le cascatelle di un torrente che scendono dalle pareti rocciose di una montagna... Lo scenario ricorda una sequenza di Nosferatu, il film di Werner Herzog... Poi arriviamo in una zona di verdi pascoli, punteggiata da un gruppo di  faggi, sullo sfondo delle cime più alte del Gran Sasso, ancora imbiancate dalla neve dei canaloni e dei nevai di alta quota. Poi il sentiero si snoda nel bosco di faggio e si esce ai Prati di Tivo, località turistica del Gran Sasso. I Prati di Tivo sono già belli così, nonostante gli alberghi d'alta quota e soprattutto la ferraglia degli impianti di risalita abbiano compromesso irrimediabilmente il paesaggio: immagino la località come poteva essere un tempo, un pascolo di alta montagna punteggiato solo da sparuti casolari di pastori, con il versante della montagna privo delle deturpanti funivie e seggiovie... Si ritorna a Pietracamela, lungo un bel sentiero che costeggia un rumoroso torrente... Anche stavolta, per dirla con John Muir, andare in montagna è stato come tornare a casa....


 


domenica 8 maggio 2011

Vipera

Vipera tra i cespugli, in posizione di difesa. Boschi del Pollino - foto by Indio

sabato 7 maggio 2011

Zampognari del Pollino

Zampognari di San Severino Lucano (Mulino Iannarelli, Mezzana Salice - foto by Indio)










mercoledì 4 maggio 2011

I pastori del Pollino

Ho poche foto dei pastori, . Ho provato sempre una sorta di timidezza nel fotografarli. Nelle poche foto che posseggo fatte a distanza, da lontano, il pastore diventa quasi un elemento del paesaggio montano. Giusta fu la raccomandazione fatta dal buon Giorgio Braschi ai turisti nel suo "Sui sentieri del Pollino": "Ricordate sempre che siete ospiti e che pastori e contadini sono i padroni di casa: il Pollino è la loro terra; rispettarli significa anche non stare a fotografarli quasi fossero indiani delle riserve, come fanno invece spudoratamente molti 'cittadini' "