sabato 6 giugno 2015

Diario - 3/5 giugno 2015

 Anello del Pollino orientale in mountain bike  

Mezzana Salice, Palladoro, Catusa, Pietrasasso, San Costantino Albanese, San Paolo Albanese, Bosco Capillo, Alessandria del Carretto, Monte Sparviere, Pietra sant'Angelo, San Lorenzo Bellizzi, Civita, Colle San Martino, La Fagosa, Toppo Vuturo, Cugno dell'Acero, Acquatremola, Mezzana Salice


L'Anello del Pollino orientale: in rosso i percorsi di sterrato, in azzurro le strade asfaltate







"Freedom is just another word for nothing left to lose"
 (da: "Me And Bobby McGee" di K.Kristofferson - J. Joplin)

L'idea di un lungo trekking in mountain bike percorrendo il versante est del Parco del Pollino, ovvero il "Pollino orientale", come nel titolo del libro di Antonio Larocca, mi era venuta tempo fa, complice l'acquisto di una nuova bici. Nonostante non fossi molto allenato per un trekking così impegnativo, mi sono buttato lo stesso: le ispirazioni passano in fretta, quando si è predisposti  non bisogna lasciarsi scappare il momento. Il trekking si è svolto lungo tre tappe diverse: quella centrale è stata la meno impegnativa, mentre la prima e l'ultima sono state belle ma stremanti. In tutto, come dice il mio GPS, i chilometri percorsi in totale son stati 140, sia di sterrato che di asfalto. Il mio approccio non è stato ovviamente "sportivo", ovvero di inseguire numeri fatti di record e tempi. Ho voluto semplicemente vagabondare di nuovo "on the road" per le strade di montagna del Pollino, attraversando boschi, valichi, pascoli e piccoli paesini e rivedendo qualche amico del Pollino orientale, tra cui Nino Larocca e Lorenzo Agrelli, che ringrazio per avermi gentilmente ospitato i primi due giorni, rispettivamente ad Alessandria del Carretto e a San Lorenzo Bellizzi. Ho portato con me solo uno zainetto, una giacca a vento e un sacco a pelo, quindi rigorosamente senza la divisa da ciclista e senza casco ( lasciate perdere me che ho la "testa dura", portate sempre il casco quando andate in mtb!).

by Indio

Il primo tratto comprende lo sterrato di Tuppo Gentile- Palladoro, raggiungibili da San Severino Lucano. Arrivato alla Catusa una sosta è d'obbligo per riempire la borraccia di acqua fresca. La strada è a tratti impraticabile, perché erosa dall'acqua.

Palladoro

Sorgente Catusa
Prossima meta è il Rifugio Acquafredda, aggirando la Timpa di Pietrasasso sul lato ovest. Prima di arrivare a San Costantino Albanese si aprono bei panorami sulla Valle del Sinni. Non ho possibilità di incontrarmi con l'amico Quirino che non è al paese, ma mi dà delle dritte al telefono su come raggiungere San Paolo e poi Alessandria.


San Costantino Albanese
Attraversato il Sarmento mi aspetta una dura salita. Le forze cominciano a mancare e fa caldo. La pendenza è ripida e decido di portarmi a mano la bici fino al paese, dove mi fermo in un bar a bere un crodino e a mangiare un po' di crackers. Attraversata l'opera d'arte contemporanea delle "scope giganti" di Anna Rapinoja comincio a salire affacciandomi sul bel panorama con il paese di Cersosimo, le sue campagne e i boschi.



Cersosimo sulla sinistra

La strada è perennemente in salita, dovò salire fino al monte Garnara: dai 400 metri del Sarmento fino a 1200 m. sono ben 800 metri di dislivello. Nel bosco si notano begli esemplari di querce, della specie Farnetto. E' un peccato che questa strada sia stata asfaltata, visto che non passa nessuno e visto che comunque c'è già il collegamento da Cersosimo per Oriolo e per Alessandria. Finora ho incontrato solo un pastore di capre nascosto nel bosco con i suoi cani, che mi son venuti incontro abbaiandomi. Arrivato verso il Timpone Spagnuolo posso ammirare i panorami che guardano a sud-est verso il Monte Sparviere e le zone del comune di Terranova, verso nord invece noto le lontane e per me sconosciute valli calabresi, verso Oriolo.



 Incontro un altro gregge di pecore e capre, spuntano i cani da pastore, quasi tutti maremmani. Mi abbaiano, ma gli parlo e si tranquillizzano. Ne riesco a contare ben 15! Più cani che capre quasi...



Superato il timpone eccomi di fronte Alessandria del Carretto, un bel borgo ammantato dai boschi. In lontananza si vede una fiumara che poi scoprirò chiamarsi il Fiume Ferro... Nino mi aspetta nella sua casa di campagna. Stasera a casa sua c'è una cena tra gli amici del Gruppo Speleologico Sparviere, con ospiti anche due esponenti del soccorso alpino e della speleologia del centro Italia.

Alessandria del Carretto


Superato il paese arrivo finalmente alla casa di Nino. Tra gli altri ci sono anche gli amici Ettore Angiò e Lorenzo Agrelli affacciati sulla veranda. Sotto la casa c'è un bel campo di grano carosella, seminato da Nino, e sullo sfondo domina il versante selvaggio del Monte Sparviere.

Dopo cena quelli che rimangono si sistemano tutti nel sacco a pelo, qualcuno dentro, altri all'aperto come me. Data l'enorme stanchezza cado in un sonno profondo e mi sveglio al sorgere del sole. Nino si è alzato e mi porta  a visitare il resto della proprietà. Dopo un caffè al paese, gli altri vanno via per un'escursione da San Lorenzo, io proseguo in bicicletta verso Piano Farneta e lo Sparviere.


La cosa più affascinante della traversata è la bellissima foresta di aceri secolari, di varie specie, un vero e proprio paleo bosco, raro in Europa: per chi come me è appassionato di alberi è una vera meraviglia... forse il tratto più suggestivo dell'intero trekking.


Lungo la strada mi disseto alle tante fontane che incontro, poi arrivo sulla cresta del monte, lascio la bici e mi arrampico sulla cima a piedi. Ho notato maestosi esemplari (quelli rimasti) di abete bianco, che qui è autoctono. Le antenne presenti sul crinale sono purtroppo uno sfregio a questa bellissima montagna.


Dallo Sparviere scendo per i boschi fino ad incontrare delle mulattiere fatte a pietra, a secco, che rendono la pedalata difficile e la discesa stressante, poi ritorna lo sterrato. Infine trovo l'asfalto e incrocio il bivio per Cerchiara: sulla destra arriverò a San Lorenzo dalle sommità di Pietra Sant'Angelo. Da qui il panorama è dominato dalla Gola di Barile.






 Lorenzo è impegnato e non è in paese, Andrea, un ragazzo di Roma che si è trasferito qui mi dà le chiavi della casa dove Lorenzo mi ha gentilmente fatto alloggiare. Al bar ritrovo Nino e gli altri dal ritorno dell'escursione e si beve assieme una birra, mentre a cena sono invitato dal ragazzo romano. Andrea ha imparato bene le tradizioni culinarie locali: era da tempo che non mangiavo le patate fritte assieme alle salsicce con la sugna...Domani mi aspetta l'ultima e più difficile giornata... dovrò tornare a casa passando per Civita e poi per la Fagosa, fino al Toppo di Vuturo: da lì sarà quasi tutta discesa e quindi ci metterò poco per raggiungere  casa. Sceso da San Lorenzo attraverso il Raganello, che qui ormai ha l'aspetto di una fiumara e vado a Civita, poi seguo l'asfalto per Colle Marcione.

Civita, da lontano


Raganello, ormai con l'aspetto di una fiumara

Civita
Il tempo è stato clemente, ma nel senso che il cielo è diventato nuvoloso e una sana frescura è quel che ci vuole per evitare il sole di queste parti. Si sentono anche dei tuoni. Pascoli, uliveti e ginestre, qualche casolare, e lo gole imponenti sullo sfondo... Faccio a piedi gli ultimi ripidi tornanti prima di Colle San Martino, poi sempre a piedi comincio a salire le ripide mulattiere che conducono alla strada della Fagosa.




Intanto comincia a piovere, metto giacca a vento e copri zaino. La strada della Fagosa è, complice anche l'acqua che comincia a cadere, fangosa e piena di pozze d'acqua ( causate soprattutto  dall'accesso libero ai fuoristrada, che ovviamente scassano tutto): in questi casi bisogna scendere e atraversare a piedi sui margini. La Fontana del Principe sprizza acqua da tutte le parti. La Fagosa, se non fosse per le buche piene d'acqua di questo periodo, sarebbe ideale per la mountain bike: a parte qualche salitina ripida, il resto è un divertente saliscendi. La pioggia non cessa e ci sto mettendo troppo a causa dei tratti di  strada impraticabile.



La stanchezza è tanta, dopo dieci ore sono arrivato quasi al limite... Se il tempo peggiorerà e farà buio troverò qualche casolare abbandonato e vi dormirò, ma comunque ho ancora parecchie ore di luce e conto di farcela. Incrocio di nuovo il Raganello, che qui è un torrente.... Incontro un pastore che viene a richiamare il suo pastore tedesco che mi è venuto incontro abbaiando e mi fermo a parlare, descrivendogli il tragitto fatto e da dove vengo... Mi aspettano ancora le ripide salite che portano a Toppo Vuturo dai pascoli della Falconara, poi arriverà la liberatoria discesa. Da Lago Duglia mi inoltro per la pista forestale che attraversa la foresta di Cugno dell'Acero, anche questa ideale per la mountain bike, poi giungo finalmente ad Acquatremola. L'anello del Pollino orientale è concluso e anche stavolta ho portato con me scorci, paesaggi e volti del Pollino...




Acquatremola

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