sabato 2 maggio 2009

Miserie dell'alpinismo. Grido di Pietra - Werner Herzog

le verticali pareti di granito del Cerro Torre in Patagonia sotto: 1. una locandina del film di Werner Herzog 2. Werner Herzog assieme all'eroe dell'alpinismo Reinhold Messner 3. una scena del film
Ho recentemente visto - per la prima volta - "Grido di Pietra" uno dei film meno noti del grande regista Werner Herzog, basato su un soggetto di Reihnold Messner e ispirato alle vicende controverse che riguardarono la scalata del Cerro Torre in Patagonia. Il Cerro Torre, detto "Grido di Pietra", è una montagna che non supera i 3000 metri ma difficilissima da scalare ,per le proibitive condizioni climatiche, per essere costituita da pareti di granito di almeno 800 metri e per la presenza sulla sua cima di un enorme fungo di ghiaccio. Il film non è uno dei più riusciti di Werner Herzog, forse anche perché non fu egli a scriverne la sceneggiatura, ma sicuramente risulta uno dei migliori film tra quelli che riguardano l'alpinismo. La caratterizzazione psicologica dei personaggi lascia a desiderare e pesa in maniera negativa anche il ritmo un po' lento del film, ma la maestria del nostro regista si manifesta lo stesso nelle inquadrature suggestive delle scalate alla montagna, nella musica e in generale in quell'atmosfera dominata dalla forza misteriosa e inquietante del "Grido di Pietra" che permea con la sua imponente presenza l'intero film. La trama è semplice: un campione mondiale di arrampicata sportiva, Martin, accetta la sfida di scalare in Cerro Torre lanciata da "Roccia", un alpinista esperto e di fama mondiale che giudica l'arrampicata sportiva uno sport di acrobazie che non ha niente a che fare con il vero alpinismo. Martin, in segno di rivalsa, si aggiunge così alla spedizione di Roccia al Cerro Torre. L'azione si sposta così tra ighiacci della Patagonia. Al campo base il tempo è instabile e Roccia è inquieto e titubante nel decidersi ad affrontare la scalata, mentre Martin non vorrebbe più aspettare. A far parte della spedizione vi sono anche la donna di Roccia, Hans e il giornalista Ivan. Approfittando del fatto che Roccia si allontana dal campo base diretto a valle per procacciarsi dei viveri , Martin convince Hans a tentare la scalata ad insaputa di Roccia. La scalata finisce in tragedia, perché Hans muore travolto da una valanga. Martin si salva calandosi in corda doppia dalle pareti di granito. Ritornato al campo base, Martin racconterà mentendo di essere salito sulla cima del Cerro Torre. Non può dimostrarlo perché le prove stanno nella macchina fotografica di Hans, sepolta assieme ad egli sotto metri di neve. A questo punto i media e il giornalista Ivan avranno tutto l'interesse a sfruttare la fama di Martin, considerato un nuovo eroe dell'alpinismo, nonostante il resoconto della scalata sia contraddittorio, per cui vecchi alpinisti di fama mondiale mettono in dubbio la verità del suo resoconto. Martin, che intanto ha sottratto a Roccia non solo la notorietà ma anche la sua donna, deciderà , sotto l'impulso di un moto d'orgoglio, di tentaredi nuovo la scalata, questa volta in solitaria e sotto i riflettori televisivi. Prende così contatto con un magnate della televisione che gli impone i dettami del business dell'industria televisiva. Roccia intanto si ritira in una casa di montagna nei pressi del Cerro Torre, vagando nella natura selvaggia, per fuggire la meschinità che lo circonda. La storia narrata nel film ripercorre le vicende che riguardarono la scalata di Cesare Mestri al Cerro Torre nel 1954. Cesare Maestri sostenne di essere arrivato in cima ma senza poterlo dimostrare, proprio perché il suo compagno di scalata era scomparso assieme alle prove dell'avvenuta conquista della cima. Il resoconto di Maestri si dimostrò fallace anche perché gli alpinisti che seguirono successivaente l'itinerario da egli descritto non riuscirono mai ad arrivare in cima. Nel 1970 Maestri tentò la scalata dalla parete sud-est, attrezzò la parete grazie ad un martello compressore e arrivò alla sommità della parete rocciosa senza tuttavia riuscire a raggiungere la cima dell'enorme fungo di ghiaccio, che secondo Maestri "non faceva parte della montagna"(sic!). Molto rappresentativi sono nel film i personaggi, tipicamente herzoghiani, della vecchia india le cui parole, provenienti da una saggezza ancestrale, sommergono la vanità degli alpinisti che si affannano inutilmente nella corsa alla cima, e dell'alpinista folle (personaggio di contorno ma che alla fine si rivelerà decisivo) che si aggira come uno spettro in tutto il film, collezionista di foto dell'attrice americana Mae West, un uomo che sostiene di aver scalato il Cerro Torre e che mostra la sua mano senza dita, "mangiate dalla crudeltà della montagna". Il pregio maggiore del film sta a mio avviso proprio nell'avere messo in risalto la meschinità e le miserie che hanno spesso circondato il mondo dell'alpinismo: la rincorsa smodata al record, alla notorietà e al denaro, l'esasperante spirito di competizione senza limiti, che porta gli alpinisti a ricorrere persino allo stratagemma della menzogna, i tecnicismi di ogni sorta e il narcisismo stesso dell'alpinista (del narcisismo degli alpinisti ha parlato recentemente anche Mauro Corona in un'intervista). Senza dimenticare ovviamente il prezzo in termini di vite umane che ha richiesto l'ossesione della "conquista della cima". Le scene finali con alpinisti che perforano tramite trapani elettrici le pareti dell'inviolata montagna per appendervi le telecamere necessarie a filmare l'impresa di Martin ci rimandano al consumismo e alla spettacolarizzazione di pessimo gusto che hanno spesso circondato il mondo dell'alpinismo... Va dato atto in primo luogo a Messner l'avere aperto una riflessione sulle questioni etiche ed ecologiche sollevate dalla pratica di questo sport, e che rimandano più generalmente al rapporto tra l'alpinista e l'ambiente naturale della montagna, all'etica dell'alpinismo e alle relazioni con le comunità indigene. Sicuramente record, tecnicismi, stravaganze e fenomeni consumistici di massa hanno poco a che fare con la vera essenza della montagna. Il vero alpinismo è invece quello che abbina contemporaneamente l'"azione" alla "contemplazione"... Ma torniamo al film. Le scene finali sono quelle più spettacolari e ridanno vigore al ritmo scenico del film. Ha luogo finalmente la sfida titanica tra l'arrampicatore Martin e l'alpinista Roccia, che attaccano la montagna da due opposti versanti. Durante la scalata sopraggiunge una tormenta di neve che distrugge le pale degli elicotteri che dovrebbero filmare l'evento della conquista della cima; le troupes televisive sono costrette a rifugiarsi in tenda. Le riprese di Herzog sono davvero entusiasmanti, da lasciare col fiato sospeso; qui c'è il vero cinema di Herzog, quello delle imprese e dei sogni di uomini folli che si confrontano con una natura imperscrutabile dominata da "caos, conflitto e morte", una natura che con la sua forza sommerge le miserie e le illusioni umane. Martin sfrutta le sue doti di arrampicatore e durante la tormenta, a differenza di Roccia, non si ripara ma continua a scalare, arrivando per primo alle pareti di ghiaccio dell'enorme fungo; ma una piccola valanga lo fa precipitare nel vuoto: la scarsa conoscenza dell'ambiente alpino rende vane le sue abilità acrobatiche. Roccia giunge sulla cima e trova conficcata nel ghiaccio una vecchia picozza con un'immagine di Mae West, la prova che dimostra la veridicità della storia raccontata dall'ex alpinista folle... Il pilastro roccioso del "Grido di Pietra", col suo enorme fungo di ghiaccio domina la scena e gli uomini che si sono affannati su di esso per la conquista di glorie effimere, sembrano adesso solo due puntini sospesi sull'abisso...

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