Nell’Area Wilderness Il Lacerno
"La Terra non ci è stata lasciata in eredità dai nostri padri, ma ci è stata data in prestito dai nostri figli.”
(massima degli Indiani d'America)
In occasione dell'Assemblea annuale dei soci di AIW tenutasi a Sora (Frosinone), a cui ho partecipato, come di consueto è stata organizzata un' escursione nella vicina Area Wilderness Il Lacerno, ai confini con il Parco d'Abruzzo, Lazio e Molise, designata grazie all’impegno di G. Tomei (Presidente AIW) e G. Mastroianni, (Assessore all’Ambiente di Campoli Appennino).
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Dal bosco si intravedono le selvagge pareti del Monte Serrone, da cui non riesco a distogliere lo sguardo. Più oltre il sentiero attraversa un punto panoramico da cui si può osservare il Vallone e le montagne circostanti in tutta la loro maestosità: per la forte incisione della forra, si va dai 625 m. ai 1929 m. del Serrone… con un dislivello di 1300 metri a fronte di soli 4 chilometri! Le altre cime osservabili sono Il Montagnone e Punta Mazza. La comitiva ad un certo punto si divide, il torrente Lacerno è ancora lontano e un gruppo vuole tornare indietro, anche perché ci sono bambini piccoli con noi. Lungo il sentiero si fa sentire il cupo rumore del torrente. Con Raffaele che è un vero cacciatore-conservazionista parliamo un po' della caccia, pratica che non eserciterei mai ma a cui anch'io mi sento legato per il fatto di essere figlio di cacciatore, e per averla vissuta nell'infanzia (seppur indirettamente). Mi parla della caccia e delle sue uscite senza fucile e col solo cane da caccia, con l'unico fine di avvistare la starna. Mi parla anche dei ripopolamenti (in cui egli si è impegnato) di questo volatile e dei danni dei bracconieri. In una delle pareti a picco della zona è stata rilevata la presenza di un nido d’aquila reale. Finalmente arriviamo al torrente, le cui limpide acque scorrono attraverso il ripido letto di massi. Vado a bere ad una delle tanti sorgenti posta sulla riva scavata del torrente. L’aria è fresca e si sta bene. Ci fermiamo sulle rive del Lacerno per mangiare qualcosa e poi mi aggrego al gruppo che si dirige verso la gola, per andare alla cascata.
Germano, che è esperto di rarità botaniche, mi fa notare una pianta rara dai fiori gialli che ha colonizzato un grosso masso, di cui non ricordo il nome. Ci spostiamo da un masso all’altro cercando possibilmente di non bagnarci i piedi. L’interno della gola ci regala visioni di natura selvaggia, ma anche qui si vedono i segni dell’uomo: come due o tre grotte scavate con la dinamite nelle pareti della gola, ai tempi dei lavori di captazione degli anni ’50. Giancarlo mi fa notare qualche trota che veloce si rifugia tra i massi del torrente. La cascata è davvero maestosa e il gettito sarà alto una ventina di metri o più. Oltre la cascata forse nessuno ha proseguito la risalita della gola, anche perché da quello che ho sentito risulterebbe impraticabile. Una foto qui, con lo sfondo della cascata è d’obbligo… Ritorniamo al sentiero ed un secondo gruppo vuole andare alla cascata, tra cui Felice e suo figlio che non ha nemmeno 10 anni. Il padre accompagna suo figlio mano nella mano, per saltare da un masso all’altro, nell’avventurosa scoperta dello scenario grandioso delle gole del Lacerno e della sua cascata… Ancora oggi, nell’era della tecnologia e della crescita dissennata abbiamo bisogno di posti come questi, “lasciati incolti” come diceva Pavese, luoghi lasciati al silenzio e alla solitudine, che abbiamo il dovere di conservare affinché le generazioni future ne possano godere, ritrovando quegli stati d’animo che da sempre legano l’uomo al mondo naturale. La natura selvaggia è parte di noi e se non la difenderemo da chi vuole deturparla, sfruttarla, assogettarla e addomesticarla per i propri fini utilitaristici, perderemo anche una parte di noi stessi… ovvero proprio quegli “stati d’animo” che sono fondativi del concetto di Wilderness.
Germano, che è esperto di rarità botaniche, mi fa notare una pianta rara dai fiori gialli che ha colonizzato un grosso masso, di cui non ricordo il nome. Ci spostiamo da un masso all’altro cercando possibilmente di non bagnarci i piedi. L’interno della gola ci regala visioni di natura selvaggia, ma anche qui si vedono i segni dell’uomo: come due o tre grotte scavate con la dinamite nelle pareti della gola, ai tempi dei lavori di captazione degli anni ’50. Giancarlo mi fa notare qualche trota che veloce si rifugia tra i massi del torrente. La cascata è davvero maestosa e il gettito sarà alto una ventina di metri o più. Oltre la cascata forse nessuno ha proseguito la risalita della gola, anche perché da quello che ho sentito risulterebbe impraticabile. Una foto qui, con lo sfondo della cascata è d’obbligo… Ritorniamo al sentiero ed un secondo gruppo vuole andare alla cascata, tra cui Felice e suo figlio che non ha nemmeno 10 anni. Il padre accompagna suo figlio mano nella mano, per saltare da un masso all’altro, nell’avventurosa scoperta dello scenario grandioso delle gole del Lacerno e della sua cascata… Ancora oggi, nell’era della tecnologia e della crescita dissennata abbiamo bisogno di posti come questi, “lasciati incolti” come diceva Pavese, luoghi lasciati al silenzio e alla solitudine, che abbiamo il dovere di conservare affinché le generazioni future ne possano godere, ritrovando quegli stati d’animo che da sempre legano l’uomo al mondo naturale. La natura selvaggia è parte di noi e se non la difenderemo da chi vuole deturparla, sfruttarla, assogettarla e addomesticarla per i propri fini utilitaristici, perderemo anche una parte di noi stessi… ovvero proprio quegli “stati d’animo” che sono fondativi del concetto di Wilderness.
...bene , ormai hai annusato la "cacca " dell'orso quindi sei dei nostri...:):)
RispondiElimina...mi sono scordato di firmarmi...Saverio...sono Stefano Orlandini
RispondiEliminaCiao !!
CIAO, fare una trasfusione di questa sensibilità ai nostri governanti, forse li aiuterebbe ad essere più sinceri.
RispondiEliminaciao Giuliano Marchi
Ciao Stefano, sì, ormai sono dei vostri.... è stata una bella esperienza trovare una traccia dell'orso...!
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