mercoledì 13 aprile 2011

Diario - 10 aprile 2011

la spettacolare cascata del Lacerno - foto by Indio; sotto: 1. l'ex guardiaparco Lillino riconosce una fatta dell'orso; 2. un tratto delle gole del Lacerno; 3. Franco a ridosso delle spettacolari cascatelle, sul fianco destro della gola; 4. Lillino sullo sfondo del paesaggio del Lacerno: si vedono il Vallone in basso, all'estrema sinistra il Serrone e a destra Punta di Mazza.




Nell’Area Wilderness Il Lacerno

 "La Terra non ci è stata lasciata in eredità dai nostri padri, ma ci è stata data in prestito dai nostri figli.” 
(massima degli Indiani d'America)

In occasione dell'Assemblea annuale dei soci di AIW tenutasi a Sora (Frosinone), a cui ho partecipato, come di consueto è stata organizzata un' escursione nella vicina Area Wilderness Il Lacerno, ai confini con il Parco d'Abruzzo, Lazio e Molise, designata grazie all’impegno di G. Tomei (Presidente AIW) e G. Mastroianni, (Assessore all’Ambiente di Campoli Appennino).
Partiamo in mattinata dal bel Bed and Breakfast "Nonna Saveria", di proprietà di uno dei soci AIW, C. Baldassini ed anche sede distaccata della stessa. Appoggiandosi a questa struttura è possibile visitare le bellissime aree wilderness dei dintorni di Sora, una delle quali è appunto Il Lacerno, praticando escursioni in ambienti ancora naturalisticamente integri ed estranei a forme di turismo di massa, nelle quali trascorrere ore piacevoli a contatto con la solitudine e il silenzio di luoghi impervi e selvaggi, ricchi di biodiversità (sono habitat dell’orso, del lupo ma anche di sparuti esemplari di camoscio) e percorsi solo da stretti sentieri di montagna. Ieri sera grazie alla proiezione di un documentario ho avuto modo di vedere le immagini relative alle bellezze paesaggistiche e alle rarità floristiche dell’area del Lacerno. La giornata non sembra allettante: una fitta nebbia avvolge la cittadina di Sora, anche se sicuramente in montagna splenderà il sole. Saluto Francone che non verrà con noi: forse ci rivedremo a San Lorenzo Bellizzi. Raggiungiamo, in una delle piazze della cittadina, gli altri gruppi che verranno con noi e partiamo per la montagna. La nebbia si dirada salendo e arrivati ai pascoli da una strada sterrata possiamo ammirare il mare di nubi che sta sotto di noi. Dobbiamo percorrere un tratto di strada sterrata per raggiungere il sentiero che ci ricongiungerà alla parte sommitale del torrente Lacerno, a ridosso del tratto di gola che conduce fino alla cascata. L’escursione più interessante comunque,  anche dalle immagini che ho potuto vedere, è la risalita integrale delle gole del Lacerno… Attraversiamo all’inizio dell’escursone una zona di pascolo e di rimboschimenti di pino nero. Cerco di stare vicino a Lillino, l’ex guardiaparco del Parco d’Abruzzo, per seguirlo nelle sue osservazioni. Lui è veramente un grande conoscitore della fauna e della flora di queste montagne e i suoi aneddoti rappresentano davvero un libro vivente. Poco dopo Lillino riconosce gli escrementi di orso, avvistati da un bambino della comitiva (“la cacca dell’orso!”… il ragazzino ci ha azzeccato!). Lillino e Franco mi fanno notare come gli escrementi dell’orso, se questo ha mangiato frutta, non puzzino, anzi rilascino un aroma particolare.
Annuso la cacca e in effetti mi accorgo che quasi profuma! Ci inoltriamo nel bosco fitto. Mentre Lillino perlustra i dintorni alla ricerca di fatte di lupo, con Giancarlo notiamo che il bosco mostra i segni dei tagli massicci del passato. Gli alberi sono cresciuti a gruppi dai vecchi ceppi, e molti non sono dritti. I questi casi forse ci vorrebbero dei tagli conservativi. Le specie di alberi presenti nella zona del Lacerno sono il leccio, la roverella, il carpino nero ed alle quote più alte il faggio. Finalmente inizia il sentiero che costeggia il selvaggio Vallone del Lacerno. Lillino lungo il sentiero ascolta il cinguettio degli uccelli e ci dice a quali specie appartengono i versi che si odono nel bosco. Lillino riconosce in particolare il verso che la femmina di Cincia Mora fa mentre cerca il suo “compagno”.
Dal bosco si intravedono le selvagge pareti del Monte Serrone, da cui non riesco a distogliere lo sguardo. Più oltre il sentiero attraversa un punto panoramico da cui  si può osservare il Vallone e le montagne circostanti in tutta la loro maestosità: per la forte incisione della forra, si va dai 625 m. ai 1929 m. del Serrone… con un dislivello di 1300 metri a fronte di soli 4 chilometri! Le altre cime osservabili sono Il Montagnone e Punta Mazza. La comitiva ad un certo punto si divide, il torrente Lacerno è ancora lontano e un gruppo vuole tornare indietro, anche perché ci sono bambini piccoli con noi. Lungo il sentiero si fa sentire il cupo rumore del torrente. Con Raffaele che è un vero cacciatore-conservazionista parliamo un po' della caccia, pratica che non eserciterei mai ma a cui anch'io mi sento legato per il fatto di essere figlio di cacciatore, e per averla vissuta nell'infanzia  (seppur indirettamente). Mi parla della caccia e delle sue uscite senza fucile e col solo cane da caccia, con l'unico fine di avvistare la starna. Mi parla anche dei ripopolamenti (in cui egli si è impegnato) di questo volatile e dei danni dei bracconieri.  In una delle pareti a picco della zona è stata rilevata la presenza di un nido d’aquila reale. Finalmente arriviamo al torrente, le cui limpide acque scorrono attraverso il ripido letto di massi. Vado a bere ad una delle tanti sorgenti posta sulla riva scavata del torrente. L’aria è fresca e si sta bene. Ci fermiamo sulle rive del Lacerno per mangiare qualcosa e poi mi aggrego al gruppo che si dirige verso la gola, per andare alla cascata.
Germano, che è esperto di rarità botaniche, mi fa notare una pianta rara dai fiori gialli che ha colonizzato un grosso masso, di cui non ricordo il nome. Ci spostiamo da un masso all’altro cercando possibilmente di non bagnarci i piedi. L’interno della gola ci regala visioni di natura selvaggia, ma anche qui si vedono i segni dell’uomo: come due o tre grotte scavate con la dinamite nelle pareti della gola, ai tempi dei lavori di captazione degli anni ’50. Giancarlo mi fa notare qualche trota che veloce si rifugia tra i massi del torrente.  La cascata è davvero maestosa e il gettito sarà alto una ventina di metri o più. Oltre la cascata forse nessuno ha proseguito la risalita della gola, anche perché da quello che ho sentito risulterebbe impraticabile. Una foto qui, con lo sfondo della cascata è d’obbligo… Ritorniamo al sentiero ed un secondo gruppo vuole andare alla cascata, tra cui Felice e suo figlio che non ha nemmeno 10 anni. Il padre accompagna suo figlio mano nella mano, per saltare da un masso all’altro, nell’avventurosa scoperta dello scenario grandioso delle gole del Lacerno e della sua cascata… Ancora oggi, nell’era della tecnologia e della crescita dissennata abbiamo bisogno di posti come questi, “lasciati incolti” come diceva Pavese, luoghi lasciati al silenzio e alla solitudine, che abbiamo il dovere di conservare affinché le generazioni future ne possano godere, ritrovando quegli stati d’animo che da sempre legano l’uomo al mondo naturale. La natura selvaggia è parte di noi e se non la difenderemo da chi vuole deturparla, sfruttarla, assogettarla e addomesticarla per i propri fini utilitaristici, perderemo anche una parte di noi stessi… ovvero proprio quegli “stati d’animo” che sono  fondativi del concetto di Wilderness.


4 commenti:

  1. ...bene , ormai hai annusato la "cacca " dell'orso quindi sei dei nostri...:):)

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  2. ...mi sono scordato di firmarmi...Saverio...sono Stefano Orlandini

    Ciao !!

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  3. CIAO, fare una trasfusione di questa sensibilità ai nostri governanti, forse li aiuterebbe ad essere più sinceri.
    ciao Giuliano Marchi

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  4. Ciao Stefano, sì, ormai sono dei vostri.... è stata una bella esperienza trovare una traccia dell'orso...!

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