sabato 5 maggio 2012

Diario - 5 maggio 2012

Un pomeriggio nella natura: ritorno al Monte Pelato


L'avanzata della primavera è uno stimolo ad andare in montagna in questo periodo, ma non sulle alte cime, dove il paesaggio invernale spoglio e desolato è ancora dominante, bensì alle quote più basse, dove la foresta rinverdisce di giorno in giorno, di un verde brillante, e i pascoli si riempiono di fiori...
Esco col mio fido Buck dopo pranzo per una immersione nella natura agreste e selvaggia del vicino Monte Pelato. Una montagna a cui sono molto legato, per averne percorso i crinali e le pendici fin da ragazzino. Se un giorno lontano qualcuno mi volesse ricordare (ovviamente il più tardi possibile!) vorrei che qui fosse lasciato il mio nome, intitolandovi un boschetto, uno stagno... o un tratto di torrente.
Mi dirigo verso i piedi della montagna, ripercorrendo le deboli tracce che restano dei greggi al pascolo. Il versante ovest è selvaggio, poco conosciuto dai turisti, mentre quello est è un posto un po' banalizzato, da pic- nic, perché vi arriva una strada asfaltata (un tempo era sterrata), mentre un comodo sentiero conduce alla cima.
Ai piedi del monte i pascoli sono stati invasi dalla vegetazione. Si sono ricreati dei boschetti misti, con faggi, cerri, peri e meli selvatici, ontani presso le rive del torrente che scava una piccola gola immediatamente sotto la montagna.

Nel bosco ritrovo i caratteristici e bellissimi stagni che caratterizzano quest'area... sono molto ampi in questo periodo. Ero stato qui parecchi anni fa e l'impressione è che gli alberi fossero più piccoli e i boschetti soleggiati, mentre adesso c'è il bosco fitto e ombroso.



Arriviamo al fossato e lo superiamo. Sopra di me si alzano i dirupi scivolosi della montagna. Risaliamo i pendii e noto che le felci stanno ricrescendo sul tappeto secco formato dai loro avi dell'anno precedente: ancora degli steli ricurvi, che sembrano levarsi da un lungo sonno...


Molte le fioriture nei prati: riconosco le orchidee gialle e viola e altri fiori più rari che incontro risalendo i brulli crinali di roccia nera. Alcuni piccoli faggi sono abbarbicati ai dirupi, tozzi e dalle possenti radici che fuoriescono dal terreno. I pendii sono abbastanza ripidi tanto da poter servire, volendo, con la neve ghiacciata, come un'ideale "palestra" di "allenamento".


Arriviamo sotto la sommità della montagna... il cane è un po' affaticato ma mi segue deciso. Un vero pastore di montagna. La sommità è popolata di piccoli fiori blu. Serra di Crispo domina con i suoi spettacolari versanti la foresta di abete bianco e di faggi che sono già rivestiti del verde manto primaverile: è un bel contrasto: la cima austera, ancora spoglia e innevata e la foresta verdeggiante. Da qualche parte spunta ancora qualche albero fiorito.



Scendiamo lungo i pascoli del crinale, a sinistra, per ritornare al torrente e avviarci verso la via del ritorno. Altri fiori, di tutte le specie. Mi porto sulla riva opposta del torrente da cui proviene l'acqua che irriga agli orti del mio villaggio e attraverso il boschetto di giovani ontani, per dirigermi in direzione degli stagni. Mi imbatto in una distesa di felci secche, un tappeto da cui spuntano dei piccoli fiori bianchi...





In un piccolo stagno trovo delle palle grumose, sospese nell'acqua limpida e riconosco tante piccole uova ammassate. Sono uova di rane, elemento primordiale e gelatinoso che ricorda l'ideale rinascita che tutt'intorno pervade l'aria, scandita dai richiami ritmati del cuculo: secondo la tradizione popolare, chi avesse ascoltato il cuculo a primavera poteva esser certo di non morire... nel corso di quell'anno!



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