giovedì 8 dicembre 2016

Diario - 7 dicembre 2016

Grotta del pipistrello 


"E questa stanza è lontana?"
"In linea retta un 200 metri ma qui, purtroppo, vie dirette non ce ne sono."


(dal film "Stalker" di Tarkowskij)


L'ingresso trovato cinque giorni fa in solitaria andava esplorato per bene. Mi ero segnato il waypoint sul GPS per poter ritrovare il punto da cui calarsi. Perciò con l'amico Maurizio abbiamo subito deciso di andarlo ad ispezionare, muniti di attrezzatura speleo. Valutando bene ciò che ci aspettava, ci portiamo due corde, una da 60 e una da 30, per essere sicuri che tutto vada bene anche in caso di qualche imprevisto (corda che rimane impigliata con rischio di restare imbottigliati senza poter né scendere né risalire, ad esempio). La zona come dicevo è impervia e per raggiungerla abbiamo dovuto faticare parecchio. All'inizio pensando di accorciare ci ritroviamo in una giungla di rovi e spine. Apro la strada con il coltellaccio ma ci sono punti in cui non si può passare. Torniamo indietro a malincuore. Ci tocca fare il giro lungo passando dalla faggeta, dove il terreno è più libero. Per fortuna ci sono delle tracce di cinghiale e di mucche che ci consentono di passare. E pensare che qui un tempo i contadini coltivavano grano e patate, c'erano campi e pascoli puliti. L'abbandono della montagna fa avanzare inesorabilmente il bosco. Riusciamo ad uscire infine dall'inferno della vegetazione e torniamo alla strada.


immagine purtroppo sfuocata di un cervo tra gli alberi

Giunti alla faggeta cominciamo a costeggiare le pareti per arrivare al punto prestabilito. Ci capita di fare un bell'incontro: notiamo tra gli alberi un bellissimo cervo maschio che appena ci vede corre via. Avevamo già incontrato le sue fatte in questa zona e finalmente siamo riusciti ad avvistarlo nel suo habitat selvaggio. Riesco a fotografarlo ma nella foto non si capisce quasi nulla, perché è venuto sfuocato. Arrivati alla zona della grotta ci tocca una dura arrampicata lungo pendii e canaloni. Le alternative sono due: o arrampichiamo lungo una parete rocciosa o ci caliamo dall'alto. Nonostante abbia registrato l'altra volta il punto GPS mi distraggo e vado troppo a destra rispetto alla zona delle pareti da arrampicare. Poi riesco a ritrovarla. Maurizio prova a salire ma capiamo subito che la roccia è viscida e scivolosa: troppo pericoloso, optiamo per la calata dall'alto, anche se per raggiungere il punto dobbiamo continuare ad arrampicare i pendii, in modo da aggirare il canalone e discenderlo appunto dall'alto. Queste zone sono labirintiche; è facile sbagliarsi. Per ritrovare il punto da cui calarsi dobbiamo sudare un po', perché invece di andare a sinistra capitiamo troppo in alto. Ridiscendiamo e finalmente lo ritroviamo. Siamo sopra le pareti che sovrastano il canalone: da qui si vede l'ingresso della grotta. Passiamo la corda da 60 metri attorno ad un albero e ci caliamo in doppia lungo un ripido canalino roccioso.



Scendendo noto che non c'è più la roccia dove mettere i piedi: è una grotta e adesso mi trovo sul tetto e posso vedere un'ampia fessura! Il vero ingresso sta sotto di me. Capisco subito che la grotta vera era nascosta, non essendo visibile da nessun punto; quella che vedevamo dall'alto è sì una grotta ma non è profonda come pensavamo, ingannati dall'ombra. In sostanza le grotte sono due, una, simile più ad una spaccatura verticale, l'altra una grotta più ampia e profonda, la sola che prendiamo in considerazione dal punto di vista speleologico. E' molto improbabile che altri uomini prima di noi siano mai stati qui. Intanto aspetto che Maurizio scenda per andare dentro. Notiamo subito che la grotta è stretta e abbastanza profonda, ma si dirama verso l'alto, perciò dobbiamo arrampicare. La roccia calcarea è asciutta e non abbiamo problemi nel salire fino al punto dove termina la caverna.







Ci accorgiamo che è presente del guano di pipistrello e più sopra ne vediamo anche uno, isolato, appeso a testa in giù. Ricordandoci della lezione appresa nel workshop sui chirotteri organizzato a novembre dal Gruppo Lupi, abbassiamo subito la voce, per non disturbare il pipistrello (i pipistrelli infatti, udendo dei rumori possono svegliarsi, con gran dispendio dell'energia che gli serve durante la fase di ibernazione). Ma il disturbo arrecato è minimo, restiamo nella grotta per pochi minuti [abbiamo appurato in seguito che si trattava di un Rhinolophus ferrumequinum (Ferro di cavallo maggiore)]. Abbiamo potuto osservare delle belle concrezioni calcaree: piccole stalattiti e altri generi ancora...


Rhinolophus ferrumequinum (Ferro di cavallo maggiore)
Usciti, mangiamo all'interno dell'altra grotta a fianco, a forma di spaccatura. Poi ritiriamo la corda con cui siamo scesi e la giriamo attorno ad un albero: adesso ci tocca un'altra calata in doppia, per tornare al punto di prima e ridiscendere il ripido canalone. 







Video 





 

2 commenti:

  1. Complimenti per la bella avventura.Direi avventura allo stato puro.Quella di portarsi due corde su un terreno del genere è stata un'ottima idea.Saluti

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  2. Grazie Giuseppe. Sì, in effetti è meglio prevenire in certe situazioni...L'avventura è bella quando non si rischiano brutte situazioni.

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