il Monte Pelato - foto by Indio
Cominciai le mie prime escursioni verso i quattordici anni. Le montagne che si vedono da casa mia sembravano misteriose, selvagge ed estremamente lontane. Rappresentavano per me una sorta di regno dell'ignoto. I pini loricati delle cartoline di Giorgio Braschi era come se appartenessero ad un altro pianeta. Già da allora cominciavo ad avventurarmi da solo per i sentieri e i boschi più vicini. La mia prima vetta fu il Monte Pelato. E’ una piccola e caratteristica montagna spoglia (da qui il nome Pelato), che si erge solitaria dai pascoli e dai boschi circostanti. E’ costituito da roccia lavica ed èper questo motivo che non vi cresce quasi nessun albero. Ero affascinato dalla sua aria aspra e desolata, così un bel giorno partii da solo percorrendo i sentieri dei pastori, in una zona di pascolo percorsa da profondi fossati, con arbusti e piante di faggio di tanto in tanto, e con dei caratteristici stagni; proprio vicino ad essi mi fermavo per parecchi minuti ad osservare curioso i girini, gli strani insetti e le ranocchie che saltavano prontamente quanto avvertivano le vibrazioni dei miei passi. In quell’occasione però non arrivai in cima; ricordo vagamente che mi fermai ad un certo punto e poi tornai indietro. Quel versante è molto ripido, c’è molto pietrisco e si scivola. Feci altre escursioni da quelle parti, senza seguire sentieri ed itinerari precisi. Ero assieme a Zeus, il mio cane, quando arrivai alla vetta. Ricordo che saili per un canalone pieno di pietrisco, che era una giornata ventosa e che Zeus si divertiva a correre e ad inseguire le lepri… Il panorama dalla vetta è eccezionale. Serra Crispo si erge dalla foresta ai suoi piedi e si scorgono maestosi esemplari di abete bianco, i quali sbucano dal bosco di faggio. Sotto, guardando verso Mezzana, si diramano i pascoli, che al tramonto si colorano di rosso, percorsi da numerose viuzze create dai greggi, strade di pastori che conducono al villaggio e ruderi di ovili abbandonati. Ancora oggi qualche pastore pascola il suo gregge da queste parti. Tutta il monte è punteggiato di basse macchie di ginepro. Un giorno (allora avevo solo quindici anni), con la scusa di andare a funghi, mi allontanai da casa per continuare ad esplorare il Monte Pelato. Saltai il fossato che costeggia il Monte Pelato a sud, poi mi ritrovai in un prato con delle felci più alte di me e che dovetti attraversare. Attrasversai il bosco fitto di faggio e poi uscii sotto la cima, dall’altra parte, in direzione di Acqua Tremola. Avevo perso troppo tempo. Dovevo tornare indietro perché era già tardi. Fui ingannato anche dal sole che in montagna sembra tramontare “più tardi”. Cominciava ad imbrunire e dovevo di corsa prendere la strada del ritorno. La strada più breve era costituita dal ripido fossato, che conduceva direttamente ai piedi del Monte Pelato e poi ai pascoli. Ricordo che fu difficile seguire il fossato perché dovevo districarmi dai rovi che lo ingombravano. Mi sorprese il buio e riuscii a malapena a ritrovare la strada sterrata che conduce a Mezzana. Mi prese il panico, camminavo velocemente; già immaginavo i miei genitori allarmati per il fatto di non essere ancora tornato a casa. Erano le otto e mezza di sera ed ero quasi arrivato a Mezzana, quando notai che un’auto saliva lungo la strada forestale: oltre ad un parente che la guidava c'era dentro mia madre con gli occhi che gli piangevano. Erano venuti a cercarmi. Ebbi la faccia tosta di rimproverare mia madre per non avermi aspettato ancora un po’. Ripetevo che avevo solo fatto tardi... Era davvero imbarazzante per me quella situazione. Tutto Il villaggio era allarmato per la mia scomparsa e altra gente assieme a mio padre era andata a cercarmi nei dintorni del Monte Pelato! Andammo là con la macchina, seguendo la strada che va ad Acquatremola, proprio per tranquillizzare tutti e incontrammo la fuoristrada ferma con le persone attorno. Sentivo le urla di mio padre che mi chiamava a gran voce, pensando magari che fossi ancora là attorno da qualche parte. Poi vidi il tremendo rimprovero nella sua espressione quando mi vide nella macchina e incrociò il mio sguardo. Tornammo tutti a Mezzana. Incontrammo un’altra auto piena di gente che si stava organizzando per venire a cercarmi. Anche i carabinieri erano stati da poco allertati. Vicino casa mia si erano creati dei gruppetti di persone che aspettavano notizie di me. Ero rosso dalla vergogna. Mi imbarazzava trementamente tutta quella gente che mi osservava e che era in apprensione per causa mia. A chi mi domandò successivamente cosa mi fosse successo ripetevo con orgoglio che io non mi ero affatto perso, ma che avevo solo fatto un po’ tardi... Dopo quella esperienza ricordo che mio padre, invece di impormi dei divieti, capendo che adoravo camminare in montagna mi portò con sé a funghi, facendomi vedere alcuni remoti angoli della foresta di faggio e abete, fino al Piano di San Francesco, proprio sotto le pendici del "Giardino degli Dei"...
Ragazzi che polverone hai sollevato!!
RispondiEliminaD'altronde chi va spesso in montagna prima o poi incorre in questi inconvenienti.
Un caro saluto e.. buona montagna
Master