loricati monumentali alla splendida radura poco sopra Passo delle Ciavole, sul crinale nord del Dolcedormeloricati sotto: 1. piccoli pinus leucodermis sullo sfondo del Monte Pollino; 2. veduta da pochi metri sotto la cima... la nebbia corre via veloce; 3. loricati secchi spuntano dalla foresta di faggio, che ammanta le pendici settentrionali del Dolcedorme... dietro c'è Serra delle Ciavole.
Erano ben cinque anni che mancavo dal Dolcedorme e quando Pino mi ha chiesto di scegliere io la meta da raggiungere per la prossima escursione non ho esitato a pensare al Dolcedorme. L'obiettivo è stato raggiungere la cima dal sentiero che comincia a Passo delle Ciavole scendere poi per la via classica a Sella Dolcedorme e poi alla Piana del Pollino. Arriviamo in poco più di un'ora ai piani. Mucche al pascolo. Attraversiamo la Piana e notiamo tre pastori su una collinetta rocciosa, seduti a chiacchierare. Sembra una scena d'altri tempi. Sono lontani ma uno di loro sembra un pastore di mia conoscenza. Si avvicina un maremmano e ci abbaia.
Conosco bene questi cani così diffidenti ma tento lo stesso di avvicinarlo Gli lancio un biscotto, lo mangia, smette di abbaiare e mi guarda incuriosito. Ma non si avvicina. Altro biscotto ma il cane si mantiene sempre a distanza: è un buon cane da guardia, visto che non cede alle lusinghe degli estranei. Di fronte a noi il valico che separa le due montagne. Passo delle Ciavole è vicino. Ci inerpichiamo per la collinetta di sassi e poi sbuchiamo nella bellissima radura del crinale, popolata da monumentali pini loricati. Sono innamorato di questo posto e arrivare qui già vale l'intera escursione. Abbiamo incontrato un altro pastore che scendeva solitario. Gli domando se il pastore che abbiamo visto prima è quello che conosco io, originario del mio stesso paese, e lui mi dà la conferma. Quante volte ci siamo incontrati, solitari entrambi, sui sentieri di queste montagne. Da quando io avevo l'età di 17 anni e sbucai a Piano Iannace per la prima volta (ero andato a funghi da solo e mi ero spinto nella foresta; volevo capire se la strada portasse da qualche parte). Non ci conoscevamo e la prima cosa che gli domandai fu: "Sono bravi questi cani, no?" "Se.. quando dormono..." mi aveva risposto lui...! Incontri di poche battute e tra uomini di poche parole. Il pastore capisce che saliamo al Dolcedorme e dice che sì sulla cima c'è stato, ma solo una volta e tanti anni fa... e per giunta a cavallo! I pastori non amano tanto le cime delle montagne... sul Pollino come forse dovunque. Dico al pastore di salutarmi Gioacchino (così si chiama) e proseguiamo lungo il sentiero. Anche qui c'è una faggeta spettacolare, che poi si dirada progressivamente con la quota. Osserviamo che nel tratto più ripido i faggi assumono una forma contorta. Probabilmente è per il peso della neve, pensiamo. Nell'ultimo tratto del crinale le macchie di faggio sono basse e intricate come cespugli. Sempre nell'ultimo tratto il sentiero si fa ripido ed è scavato nella roccia.
Notiamo una strana polvere viola per terra. Vi intingo l'indice, lo guardo e su di esso posso notare degli insetti microscopici che scappano da tutte le direzioni. Sono insetti! Un mucchio enorme di insetti piccolissimi spostati dal vento! Studiosi degli insetti, a voli la palla. Spiegateci questo mistero: che insetti sono e cosa fanno tutti insieme sotto il Dolcedorme? Il sentiero sbuca finalmente in alto, vicino al pino secco che ne segnala la traccia. Il sentiero si riallaccia poi alla dorsale del Dolcedorme. Adesso non dobbiamo fare altro che salire, fino alla cima. Le nuvole corrono sfiorando la cresta della montagna. Vanno e vengono e a volte ci sommergono.
Ritrovo i tanti piccoli pini loricati. Alcuni resistono, altri non ce la fanno e i loro aghi arrossiscono: è la loro veste funeraria. Fra centinaia d'anni il paesaggio qui cambierà e ci aggireremo forse tra pini monumentali, ognuno con una sua "personalità". Arrivati in cima ci spostiamo un po' sotto la cresta per ripararci dal vento. Qualcuno ha messo delle bandierine tibetane. Non è la prima volta che le trovo. Anche a me piacciono, ma non siamo certo in Tibet! Lasciamola libera sta cima... Se ad ognuno di noi viene l'idea di lasciare lì qualcosa la cima diventa allora una specie di museo... Consumiamo il pasto qualche metro sotto la cima.
Osserviamo le nuvole spostarsi varcando le montagne. Nuvole che corrono veloci. La discesa avviene lungo la via classica, che si snoda seguendo il crestone ovest fino a condurre alla Sella. Prima di arrivare qui è d'obbligo contemplare il monumentale pino loricato a ridosso della faggeta, posto sul pendio.
Ma il mio sguardo si concentra verso i loricati secchi che lontani spuntano dalla faggeta, scheletrici e slanciati. Il faggio ha invaso il loro territorio ed essi sembrano ormai sconfitti ma ancora orgogliosi dell'antico splendore del passato. Faccio diverse foto alla scena: non l'avevo mai considerata prima, eppure son stato qui tante volte (ma forse non avevo abbastanza zoom per considerarla!). Siamo arrivati al sentiero che ci porterà alla Piana del Pollino. Prima di sbucare nella luce della piana, passiamo al vecchio faggio secolare che ritrovo spezzato in due da un fulmine. Lo avevo disegnato una volta sul mio taccuino per ricordarmi l'imbocco del sentiero (o meglio uno degli imbocchi). Mi arrampico sopra l'albero per una foto ricordo. Nulla è mai come prima e anche in montagna tutto cambia...
Gran bella descrizione Indio, lucidità e passione per osservare questi luoghi tanto amati.
RispondiEliminaMolto bella l'ultima foto che parla di faggi che spingono verso le vette i loricati, corazzieri che non temono vento e gelo ma che, attorniati dai faggi, non possono che lentamente morire rimanendo ancora a lungo, però, a testimoniare la loro presenza.
un grande saluto
P.