lunedì 21 novembre 2011

Diario 12 novembre 2011

Il ritorno del camoscio


camoscio alpino: l'esemplare visto da lontano, foto by Indio

Savona è una città che potrebbe essere molto bella, ma prima l’industrializzazione e poi la speculazione edilizia hanno compromesso l’armonia del centro storico.. Le vecchie torri del porto, la fortezza, i monumenti, si mischiano così a moderni palazzoni anonimi. Nella zona del porto spicca un bruttissimo grattacielo verde acqua…
Prendo l’autobus che mi porterà a Carcare, dove mi attende Franco che mi ospiterà due giorni a Murialdo, nella sua abitazione.
Il pasesaggio cambia velocemente. Dalle aree industriali e commerciali delle piane dell’entroterra si sale lungo le colline, verso i piccoli paesini di montagna. La boscaglia è onnipresente. Non si vedono pascoli né campi coltivati.
Franco mi aspetta nella bella piazza di Carcare e insieme ci avviamo verso Murialdo. In programma abbiamo un’escursione all’Area Wilderness Monte Camulera (divisa in due aree: Bric Zionia di demanio comunale e Bric Farian proprietà dell'AIW)..
La nebbia è ridiscesa sulla valle, ma il pomeriggio è abbastanza luminoso. Franco mi porta alla scoperta dei luoghi della vecchia miniera abbandonata, oggi invasa dalla vegetazione. Sotto di noi scorre il fiume Bormida. All'imbocco del sentiero c'è la tabella con la descrizione dell'Area Wilderness e accenni alla relativa  "filosofia"... Da lontano si vede il paesino di Murialdo...


Entriamo nel bosco. La vegetazione è molto varia ed è tipica di queste zone: troviamo betulle, castagni, rovere, pino laricio e persino il faggio. I cambiamenti climatici hanno cambiato il paesaggio del bosco, infatti con la siccità del 2003 sono morti molti alberi, che adesso giacciono a terra. 


Vi sono numerose gallerie che perforano le viscere del monte, sentieri di collegamento e ruderi di strutture pertinenti allo scavo e trasporto del minerale. Con un piccolo restauro conservativo di queste antiche strutture si potrebbero creare dei percorsi di archeologia industriale dove portare le scolaresche, magari. Passiamo accanto al rudere di un essiccatoio di castagne, poi davanti al vecchio deposito di esplosivi. Sulla porta una piccola lucertola è tramortita dal freddo. La rimetto dentro, così troverà un cantuccio per il suo letargo. Passiamo accanto ai resti dei tubi che venivano utilizzati per la raccolta del minerale e a quelli della funivia che lo trasportavano a valle, poi dentro la piccola galleria scavata nella roccia viva. 


Trovo il cranio di quello che Franco dice essere probabilmente un mustelide (una faina o una martora); farà buona compagnia ai tanti crani di animali presenti nel suo studio, da quelli di camoscio a quelli di stambecco, a quelli di lupo. 

Proseguiamo nel bosco quando ad un certo punto vedo, lontano, un animale aggirarsi nel bosco, sul versante della montagna che ci sta di fronte. Dico a Franco che c’è un capriolo. Può essere solo un capriolo, perché nel savonese ne esistono, secondo le stime, quasi ventimila esemplari… L’animale è nascosto nella vegetazione e dopo pochi secondi esce allo scoperto. Franco si accorge subito che non si tratta di capriolo ma di camoscio! In effetti la sagoma, il mantello con i colori caratteristici e il portamento generale sono quelli del camoscio alpino. Franco è entusiasta della cosa, anche perché mi comunica che è un avvistamento eccezionale, perché mai si era visto un camoscio in Val Bormida. 


La natura è imprevedibile davvero e per me è un giorno fortunato, perché dopo il camoscio d’Abruzzo ho l’occasione di vedere per la prima volta un camoscio alpino. Facciamo varie foto e Franco che ha uno zoom elevato può fotografarlo bene. Il nucleo più vicino di camosci alpini sta in Piemonte, a una quarantina di chilometri. Probabilmente l’animale è arrivato qui spaventato da una battuta di caccia o da un inseguimento di lupi. Potrebbe non essere solo e se fosse così, chissà, i camosci potrebbero ricolonizzare alcuni ambienti rupestri della montagna rimasti ancora selvaggi. L’animale continua a muoversi lungo la pista e arrampicando sulla scarpata. Probabilmente sente anche le nostre voci. Un camoscio alpino si mostra a due appassionati di natura selvaggia. Mi piace fantasticare e pensare all'idea che quel camoscio sia là per noi, che si tratti di un “segno”, che il camoscio si sia mostrato per darci nuovi stimoli per continuare ad amare quel po’ di wilderness rimasta cercando anche di difenderla, per quel che si può. Oggi il camoscio è qui per noi e i giornali dei prossimi giorni riporteranno la notizia di questo splendido e inaspettato incontro…






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