giovedì 3 novembre 2011

Diario - 3 novembre 2011

Il cercatore di funghi


Novembre andiamo, la montagna è immersa nei suoi colori autunnali.
Indifferente agli eventi umani, continua, come può, la sua vita ciclica, secondo le leggi di una immutabile dinamica interna. Crisi economica, conflitti sociali, mercati finanziari... nulla di ciò penetra nell'atmosfera silente della foresta. Una calma irreale e quasi ostile, di monotona indifferenza. L'aria secca e fresca dell'alba annuncia una giornata di sole, che farà brillare il giallo e il rosso degli alberi, dei faggi e degli aceri, farà risaltare il sempreverde degli agrifogli e degli abeti, che spiccherà come inconsueto  nella nuova stagione.


Il cercatore di funghi è partito all'alba, di buon'ora, inseguendo il sorgere del sole. Ha riparato le sue vecchie scarpe da trekking che usava  da tempo per andare a funghi. La suola in Vibram si era quasi staccata ed ha provato ad incollarla. Non durerà molto, ma vuole fare un'ultima escursione per quelle vecchie scarpe. Se potessero parlare, pensa - rendendosi conto dell'ingenuità dell'osservazione - quei vecchi scarponi... Con quelle scarpe il cercatore scoprì le sue  montagne, passo dopo passo. Quelle scarpe sembrano ricordargli i vecchi tempi, quando ogni luogo scoperto era una sorpresa e una meraviglia, quando era solo e condivideva solo con se stesso quelle avventure solitarie.
Il cane come sempre, appena lui è uscito dalla porta, ha capito, vedendolo abbigliato con zaino, cesto e giacca militare, che si profila una giornata in cui potrà esplorare i grandi spazi della foresta.
Salgono su per i boschetti di cerro ingialliti, e si portano lungo una pista che conduce ad un vecchio sentiero di  pastori. L'area è invasa di rovi, ginestre, meli selvatici... le coturnici spaventate svolazzano nell'intrico della vegetazione, con i loro versi squillanti...
Sbuca in un pascolo quasi pianeggiante. Questa è un'area che un tempo era coltivata. C'è un piccolo appezzamento di terreno che è suo, segnalato da un giovane cerro. I genitori un tempo qui piantavano le patate... Ora la vegetazione ha invaso tutto.
Da qui si vede la grande foresta, in tutta la sua estensione, accesa dei colori brillanti dell'autunno. Il cercatore trova una mazza di tamburo. Lepiota Procera, il fungo ombrello, il fungo solitario delle radure, il fungo che scorgi da lontano con un sorriso.


Affretta il passo, perchè vuole inoltrarsi nella foresta. La foresta è pulita, c'è solo un tappeto di foglie secche, si può camminare con libertà di movimento, per ore e ore senza incontrare segni d'uomo. Il labirinto di tronchi lo accoglierà con l'oscurità della sua volta immaginaria. Cerca il fungo dell'abete. Lactarius deliciosus.
Il cane procede sempre un po' più avanti. Cosa troverà lui nella foresta? Odori forse, segni e tracce del passaggio di animali selvatici. Ama anche lui vagare per la foresta, l'elemento primordiale ha contagiato anche il cane. Non trova i funghi dell'abete, raccoglie solo tanti Tricholoma: funghi grigi e allineati a gruppi tra le foglie. Questo offre la foresta e null'altro. 



Non si può manipolare, non ci sono solchi da scavare e semi da gettare, e la foresta aspetta solo l'acqua che cade dal cielo. Le creature della foresta seguono la Legge. Ma la foresta, se dà i suoi frutti all'uomo per soddisfare un suo svago, capriccio o bisogno, dà da vivere agli animali che vi abitano. Potremo paragonarci alle bestie da soma, ma mai ad un animale selvatico. E' un modo di essere che non ci riguarda, è lontano ed incomprensibile. Come gli uomini si allontanano da un rapporto spontaneo con la natura, si avvicinano allo stesso tempo e in maniera sempre più accelerata, alla loro natura culturale: l'uomo vive di artificiosità, del mondo che si è costruito attorno dominando e manipolando la natura. Non è un giudizio di valore, nessuno può darli, è una constatazione. 

Non si vive più della natura ma della sua manipolazione, giunta ormai al livello di "essenza" essa stessa . E anche la nostra natura è forse un po' compromessa: se vagare nella foresta alla ricerca di cibo si ricollega alla nostra natura animale, vivere ventiquattro ore su ventiquattro grazie ad artifici tecnologici è prettamente umano, almeno secondo i canoni che caratterizzano l'uomo civile occidentale, l'uomo medio che vive nelle città, delle sue categorizzazioni, delle sue etichette e divisioni spaziali e temporali. 


 Il cercatore di funghi è solo con i suoi pensieri. E' anche lui un realista: essere realisti è un obbligo della società. Non c'è spazio per i sogni: o meglio, uno spazio c'è, ma gli uomini li relegano nelle nicchie nascoste della loro anima; li custodiscono in cassetti, come gioielli di cui nessuno percepisca l'utilità. La libertà è uno di questi sogni: è fatta della stessa materia del sogno, è evanescente, ma non possiamo fare a meno di desiderarla. E' una libertà che viene dalla conoscenza di se stessi, non può essere preconfezionata.  Potrà esserci libertà col solo  possesso di oggetti e stili di vita prodotti industrialmente, con gli staus tanto ricercati ma alla fine imposti dagli altri, con le false libertà di un conformistico anticonformismo?

Una considerazione fa nella sua testa: che quella autentica libertà l'ha intravista solo quando la sua personalità ha potuto esplicarsi, quando lui seguiva i  suoi istinti e i suoi desideri, seppure illogici e irrazionali per altri, quando egli riusciva a  fuggire da regole, codici e quando la solitudine diventava la condizione per bastare a se stessi, quando il proprio corpo esprimeva la sua forza e superava i suoi limiti con l'esercizio della volontà... E la montagna era uno spazio dove imparare ad apprezzare la libertà e dove riconoscere le cose essenziali della vita. "Andai nei boschi perchè volevo succhiare il midollo della vita": era questo il senso della frase di Thoreau.


Il cercatore e il cane proseguono nel cammino. Gli abeti bianchi sono maestosi e la loro personalità spunta  negli anfratti della foresta. Alti tre centimetri e vivi da pochi anni, slanciati e possenti o abbattuti dalla furia degli elementi, ormai marcescenti ma ancora possenti, questa comunità arborea  è la vera dominatrice della foresta, sono essi che captano la sua attenzione.


L'ora del pasto frugale. Il cercatore e il cane mangiano a ridosso di un grosso abete. Il cane è un compagno, nel senso della compagnia e in quello della fratellanza che supera le barriere umane, nel senso della strada da fare assieme.... e compagno significa anche e soprattutto "condividere lo stesso pane".


Alla ricerca dei frutti del bosco si spingono sempre  più in alto, incrociando piste e sentieri per poi ridiscendere lungo i pendii boscosi attraversati dai fossi, per rivedere la luce del sole e i colori vari e mutevoli della faggeta.
Dalla faggeta scendono poi nella cerreta e qui è l'aria del bosco risuona di uno strano ticchettio... Sembra grandinare: ma invece di granelli di ghiaccio cadono ghiande, che  si staccano dai rametti finendo sul tappeto di foglie, fornendo cibo ai cinghiali e nuovi semi per la rigenerazione del bosco...



1 commento:

  1. Grande Indio, condivido in pieno i tuoi pensieri. Rara merce di questi tempi, ma tante', noi lupi solitari siamo fatti cosi'...

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