Una visione wilderness: Tempo da lupi - foto di A. Iannibelli |
“Ogni mattina, quando
mi affacciavo sul crinale, il bosco mi appariva sempre più grande e
meraviglioso e appena perdevo di vista le case mi sembrava di entrare in un
mondo magico, il mondo incantevole dei lupi”.
“Benchè il mio ululato
sembrasse un soffio insignificante a confronto con quei cori, dentro di me
sentivo sprigionarsi una forza sovrumana che si fondeva alla perfezione in
quell’affascinante ecosistema montano. Cinque, sei, forse otto lupi ulularono
insieme a me, nel sielenzio completo della notte più bella della mia vita.
Vibrazioni primordiali che mi trasformarono nel bambino che ero stato,
riaccendendo nella memoria i meravigliosi racconti di mio nonno”.
Ho conosciuto Antonio Iannibelli l’estate scorsa per caso, in
un bar di San Severino e in quell’occasione ho preso direttamente dall'autore “Un cuore
tra i lupi”, libro che adesso figura nella mia biblioteca, tra i pochi – e significativi
- libri sul Pollino e la sua gente. Qui non si parla solo del Pollino, anzi,
propriamente il libro è dedicato in gran parte agli aneddoti di un cacciatore fotografico
nella sua ricerca dei lupi e del contatto con il loro habitat; e più che altro si
parla di incontri con lupi nelle montagne dell’Emilia Romagna... Come tanti altri anche Antonio è infatti emigrato
dalla sua terra per cercare lavoro altrove. Ma come molti la sua infanzia è
stata segnata dal mondo arcaico e contadino e dalla natura selvaggia del
Pollino, pronto ad affiorare anche nell’esistenza di una grande
città come Bologna. A mio giudizio per capire il senso di questo libro proprio
da qui bisogna partire, per seguire un percorso esistenziale legato da un unico filo... Come afferma Iannibelli infatti: “il lavoro, il servizio
militare, la famiglia, i figli, l’esistenza in città avevano riempito la mia
vita, ma avevano messo da parte per molto tempo il mio mondo. Forse avevo
pensato per qualche tempo di farne a meno, ma era solo un’illusione”. Soprattutto
la prima parte del libro è ricca di aneddoti che rievocano il mondo dell’infanzia,
le esperienze di scoperta nell’ambiente
fiabesco di Bosco Magnano, i racconti e gli insegnamenti del nonno, una figura che
appare centrale nella stessa formazione naturalistica di Iannibelli.
Antonio Iannibelli |
Ciò che risalta subito all'inizio di questo libro è che nell’infanzia
dell'autore il contatto con la natura era diretto, genuino, non mediato come
avviene oggi dagli strumenti multimediali dell’ “educazione ambientale”. Come
scrive Iannibelli stesso: “io ho appreso gran parte delle mie conoscenze dalla natura
selvaggia, dal bosco, dagli animali e appena possibile correvo tra gli alberi;
era come entrare nelle pagine di un grande libro”. Questo amore spontaneo per il mondo naturale
si nota nella rievocazione di ricordi legati agli animali e al tempo passato in
libertà nei boschi con gli amici d’infanzia:
“uno dei maggiori divertimenti era quello di arrampicarci
fino in cima ai giovani alberi, per poi buttarci nel vuoto tenendoci stretti
alla cima: i più alti e flessibili ci permettevano salti di quasi dieci metri,
una specie di primitivo bungee jumping. Ma la nostra specialità era catturare
ghiri e pescare con le mani e trote nelle acque del torrente Peschiera. Il
bosco era in pratica la palestra, la scuola e persino la famiglia, ogni piccolo
e grande albero aveva un ruolo importante anche per le nostre attività”.
“…Quando il vento soffiava forte i cerri si trasformavano
nelle nostre giostre, dalle cime più alte ci facevamo dondolare come in un mare
in tempesta. Aggrappati alle esili punte restavamo in balia del vento urlando
fino a sgolarci”.
La copertina del libro - particolare |
Spettacolari gli aneddoti su animali del bosco come ghiri e
poiane, dai quali il piccolo Antonio apprende comportamenti e caratteristiche
sempre in maniera spontanea; è il caso ad esempio del “doloroso” incontro con un
ghiro che lui cerca di catturare ma che gli
addenta un dito senza lasciarlo (“riflettendo sull’accaduto capii che il
povero animale aveva messo a rischio la sua vita pur di mettere in salvo la sua
famiglia”). Del resto anche il suo primo incontro con i lupi, oggetto del libro,
è tutt’altro che idilliaco, perché i
primi esemplari che avvisterà sono carcasse di lupi uccisi e abbandonati nel
bosco. Il lupo del Pollino è una presenza selvaggia e quasi sfuggente, ma prepotentemente
reale: “era come se ognuno rifiutasse di credere che quegli animali così
mitici, così sfuggenti e nello stesso tempo ritenuti come una sorta di
pericolo soprannaturale, fossero davvero lì, a pochi passi dalle nostre case”.
E’ comunque la figura del nonno pastore che si staglia imponente, e introduce
Antonio alla conoscenza della vita dei lupi e della natura selvaggia. Si
delinea la personalità di uomo “saggio” che
non odia i lupi, ma li conosce bene e li considera per quello che sono, animali
con le loro abitudini, da cui difendersi per salvaguardare il gregge, ma meritevoli di rispetto come
qualsiasi altra creatura.
“…Fu mio nonno a catapultarmi nel mondo selvaggio della natura
e avviarmi al lavoro del pastore. Trascorsi gran parte della mia infanzia in
compagnia di animali, quasi sempre nei boschi”.
Bosco Magnano - foto by Indio |
“Con molta calma mi spiegava che i lupi si spostano nelle
montagne cercando di non invadere i territori dei propri simili, se ricevono
risposta da altri lupi dello stesso branco, possono decidere di incontrarsi
oppure cambiare direzione (…) Ricordo
perfettamente come mi chiamava mio nonno: << Nd’oniuuuu, oi nd’oniuuuuuuu.>>
E se non rispondevo, l’ululato’ si faceva più lungo e profondo. Inoltre mi spiegava
che i pascoli venivano delimitati dagli abbai dei cani e che un albero caduto
poteva essere marcato con l’accetta, così come i lupi marcano il territorio con
gli escrementi . Anche per noi umani esisteva un linguaggio non scritto ma ben
codificato”.
Nella seconda parte del libro, abbandonate le atmosfere di un
mondo pastorale ormai in declino, ci proiettiamo nel mondo moderno delle città e nella (dura) realtà
degli operai meridionali emigrati. Le
cose cambiano, ma il filo che lega Iannibelli al mondo naturale non si spezza, e
anche un fenomeno tragico come la strage alla stazione di Bologna diventa l'occasione
per riandare con la mente al mondo dell’infanzia, al “mio mondo selvaggio dove non c’era
posto per violenze cieche e distruzioni insensate”. “All’improvviso capii che
per allontanare dalla memoria l’angosciante episodio della strage della
stazione dovevo rituffarmi nelle meraviglie della natura”.
Subentra la ricerca di una vita in campagna e la passione
per la fotografia; col tempo Iannibelli si sposa e diventa papà. Molto bella la
rievocazione di un trekking fatto assieme al figlio nell’epoca in cui il Pollino si apprestava a diventare Parco
nazionale, con tutti i benefici e le contraddizioni che si portò dietro questo
evento. Ma è l’Appennino bolognese che diventa lo sfondo nuovo per l’immersione
nel mondo naturale, alla ricerca del magnifico predatore: “potevo finalmente
ricercare il mondo perduto della mia infanzia. Trovai che per molti aspetti, l’ambiente
naturale dell’Appennino bolognese e anche la gente che vi abitava era molto
simile a quella del mio paese nativo. Dopo quasi dieci anni, con due figli e
tanta voglia, ricominciavo la mia nuova vita tra i boschi”.
Qui comincia la
parte in cui Iannibelli, ormai diventato un appassionato fotografo naturalista,
va alla ricerca di branchi di lupi, studiandone i movimenti e le abitudini,
fotografandoli nelle più disparate occasioni. I contatti diventano così stretti
che l'autore non ha difficoltà ad avere incontri ravvicinati con i lupi: in una
scena del libro si descrive un lupo desideroso quasi di giocare con il
fotografo... sembra rivedere la scena del famoso film “Balla coi lupi”!
In fila indiana sulla neve - foto di A. Iannibelli |
La
ricerca del lupo, ormai animale “totem” per l’autore è anche l’occasione però
per conoscere altri aspetti dell’habitat del lupo e dei suoi componenti: sono
infatti presenti numerosi aneddoti, anche curiosi, riguardanti animali del
bosco come cinghiali, volpi, cervi, beccacce, sparvieri...
Le descrizioni non
sono quelle “aride” dello studioso, ma appunto quelle di un appassionato naturalista,
che apprende “praticamente” gli aspetti della vita selvatica,
vagando nei boschi alla ricerca di scatti originali da fare ai lupi. Vi sono poi
anche pagine dove vengono descritte con precisione le abitudini del lupo, la
vita in branco e la sua biologia e che sfatano anche certi miti, come quello di un
lupo esclusivamente predatore, il quale in realtà non disdegna carcasse di animali e
persino di dare la caccia ai topi… sfruttando inoltre l’aiuto involontario dato
dall’uomo. Ne esce delineato il ritratto di una specie affascinante e
suggestiva da sempre per l’uomo, tuttora perseguitato e ucciso, ma le cui popolazioni
continuano a prosperare. “Ma che cosa rende veramente invulnerabile il lupo? Secondo
la mia esperienza, oltre ad avere i cinque sensi più sviluppati di tanti altri
animali, il lupo ha almeno un’altra formidabile arma: l’intuito prodigioso”.
Il libro è corredato da belle tavole a colori con fotografie
molto suggestive dei lupi e del loro habitat. Inoltre, un capitolo finale è
dedicato a consigli e suggerimenti per chi voglia affrontare il mondo della caccia
fotografica… sulle orme dei lupi!
Saverio De Marco (Indio)
(per informazioni su come acquistare il libro e altre attività di Antonio Iannibelli, visitare il sito dell'autore: www.antonioiannibelli.com)
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