lunedì 18 maggio 2009

Diario - 16/17 maggio 2008

le "Fortezze delle Aquile", così mi piace chiamarle, strane formazioni rocciose a ridosso del lungo crinale del Monte Amaro - foto by Indio. sotto: 1. momenti della risalita della cascata di Fonte dell'Orso 2. salendo lungo il crinale 3. suggestive formazioni rocciose 4. il maestoso versante ovest del Monte Amaro 5. alla Forchetta della Maiella, 2400 metri 6. sulla via del ritorno, immersi nella nebbia, sotto la minaccia dell'imminente temporale
La montagna austera - Monte Amaro, Parco Nazionale della Maiella
Il parco nazionale della Maiella era da un po’ di tempo uno dei nostri obiettivi. Per il suo territorio aspro e selvaggio non poteva che rappresentare un’attrattiva ideale per chi come noi ricerca da sempre il contatto con la natura selvaggia. Il gruppo è quello dell’ultima escursione compiuta ad aprile: l’Indio, Vincenzo A., Vincenzo T. e Luigi. Avevamo studiato bene l’itinerario da percorrere sulle cartine e sui siti internet. L’idea iniziale era molto ambiziosa: compiere un’escursione al Monte Amaro fino ad arrivare alla cima (quasi 2800 metri) e scendere dall’altra parte, seguendo il percorso della direttissima. Il Monte Amaro è una immensa barriera montuosa, e la neve resiste fino all’estate in alta quota, per cui era evidente che l’itinerario prescelto sarebbe stato molto impegnativo, tanto da richiedere due giornate di cammino. Purtroppo le previsioni meteo non erano confortanti e per sabato indicavano piogge e temporali... mentre per domenica prospettavano bel tempo. Sicuri che sabato sarebbe piovuto, l’alternativa rimaneva quella di arrivare in serata a Campo di Giove, accamparsi e partire domenica all’alba, cercando di arrivare alla cima entro le tre di pomeriggio. Ma agli intenti non sono corrisposti i fatti: il Monte Amaro si è rivelata una montagna severa, che ha messo a dura prova le nostre abilità di escursionisti anche esperti e avvezzi alle difficoltà dell’ambiente montano; inoltre non conoscendo la zona e non essendo accompagnati da una guida, era probabile commettere degli errori lungo il percorso prestabilito.La nostra escursione si rivelerà così una faticosa esplorazione di una parte di un versante di questa immensa montagna appenninica. Prima di arrivare a Campo di Giove (bellissimo paese, sede dell’Ente parco) passiamo e visitiamo la bella cittadina di Sulmona. Anche qui l’atmosfera è condizionata dai lasciti del terribile terremoto che ha colpito L’Aquila. Infatti notiamo le tendopoli della protezione civile e chiese ed edifici storici chiusi al pubblico. La città ha importanti monumenti e caratteristici sono i negozi di confetti, nelle cui vetrine spiccano fiori realizzati con confetti colorati. Ci accampiamo al bellissimo campeggio “Orsa Minore” circondato dai rimboschimenti di altissimi pini neri. La solenne bastionata del Monte Amaro domina tutta la scena. Ci informiamo sul percorso e il gestore del campeggio dice che la neve su è ancora tanta, per cui ci converrebbe affittare delle ciaspole presso un suo amico. La sera usciamo e andiamo in un ristorante ad assaggiare i famosi “arrosticini” abruzzesi e poi passiamo dal proprietario del negozio di noleggio di materiale per scialpinismo per affittare le ciaspole (oltre agli arrosticini noto che anche le ragazze abruzzesi costituiscono una lodevole "attrattiva"!). Il Monte Amaro, per le sue immense distese innevate fino all’inizio dell’estate risulta proprio l’ideale per chi pratica questo lo sialpinismo. Ci mettiamo in tenda verso le undici di sera. Alle cinque ci dobbiamo svegliare, perché l’escursione sarà lunga. Ci alziamo alle prime luci dell’alba e dopo una veloce colazione ci dirigiamo con l’auto verso l’imbocco del sentiero di Fonte dell’Orso. La strada attraversa dei bellissimi pianori chiazzati da estese macchie di ginepro. Abbiamo delle difficoltà a trovare l’imbocco perché la segnalazione non è proprio eccellente. Perdiamo così una mezz’ora di tempo andando avanti e indietro con la macchina. Trovato l’imbocco del sentiero seguiamo (sbagliando, come avremo modo di capire alla fine dell’escursione) una stradina che sembra portare verso il ripido canalone. La stradina ad un certo punto si perde, sepolta da un’alta muraglia di neve, che si erge davanti a noi. Tutta questa neve è stata portata qui da una enorme slavina, che ha travolto tutti gli alberi che si è trovata innanzi. La neve è quasi ghiacciata e il pendio si fa subito ripido. Ci vorrebbero ramponi e picozza, ma già è una fortuna se possiamo procedere con le ciaspole che abbiamo affittato. Capiamo qui che o abbiamo sbagliato percorso oppure che la traccia del sentiero si perde sotto la neve e non possiamo pertanto più sapere dove va. Dobbiamo pertanto procedere fino alla gola del ripido canalone, la cui sommità è dominata dal gettito di una spettacolare cascata. Senza volerlo stiamo percorrendo uno dei percorsi alpinistici segnati anche sulla cartina. Infatti in inverno la cascata è ghiacciata e si può praticare la “piolet traction”, con ramponi e picozze: una via che deve essere uno sballo! Il gettito d’acqua ha scavato un buco nel nevaio per poi continuare la sua corsa giù a valle, sotto la neve della slavina. E’ un posto davvero spettacolare. Mi viene in mente una scena del film “Nosferatu”, di Werner Herzog, nella quale il protagonista ascende una ripida montagna seguendo la linea delle cascatelle. Sbagliando percorso abbiamo così attraversato questo luogo selvaggio (che poi ho individuato sulla cartina col nome di Valle di Fondo) che almeno per me si rivelerà una delle sequenze più interessanti dell’intera escursione. Superato il nevaio, dobbiamo arrampicarci adesso sulle rocce soprastanti. Il terreno è anche ingombro di pietrisco e perciò si rischia di scivolare. Andiamo uno avanti uno alla volta, perché se malauguratamente uno di noi dovesse scivolare travolgerebbe anche gli altri. Io sono l’ultimo ad arrampicarmi. Arrivato sulla sommità devo ritornare di nuovo giù , perché il bastone mi cade e devo andare a recuperarlo. Così ripeto l’operazione due volte. Questo passaggio ci farà perdere un bel po’ di tempo. Siamo arrivati finalmente verso il Fondo di Maiella. La neve è ancora tanta e i pendii sono molto ripidi. Il sentiero escursionistico segue il vallone che conduce a Forchetta di Maiella. Il dislivello da Fonte dell’Orso alla “forchetta” è di ben 700 metri! Non avendo i ramponi ma ciaspole da passeggiata (come rimpiango le mie racchette “alpinistiche”!) decidiamo che è meglio salire sulla lingua di terreno scoperto, rappresentata dal ripido crinale che costeggia il canalone, dirigendoci verso la sommità, dominata da strani e suggestivi denti rocciosi. Sotto la sommità della cresta del Monte Amaro si ergono invece, allineate come tante fortezze, delle strane rocce dalla forma vagamente dolomitica. Da lontano si notano alcuni scialpinisti, che risalgono lentamente i canaloni innevati della montagna. La nostra salita si rivelerà più lunga e faticosa del previsto, anche perchè dobbiamo affrontare lunghi tratti di pietrisco. Non ho difficoltà a salire, perché il fiato non mi manca, ma si rifà vivo un fastidioso dolore al tendine del mio ginocchio sinistro… bisogna sopportare e proseguire comunque! E’ una montagna che inganna sulle distanze questa: una roccia, un canalone innevato sono molto più lontani di quanto possa sembrare a prima vista. E’ una montagna selvaggia e austera, dall’aria quasi inospitale e che richiede tanto impegno e forza di volontà, tanto più con le condizioni ancora tipicamente invernali che persistono ancora adesso ad alta quota. Perciò la Maiella sembra molto diversa dall’ambiente del Pollino, che, pur presentando alcune vie di elevata difficoltà, è anche l’ideale “montagna per tutti”, un immenso “giardino” per la modesta difficoltà delle vie classiche. Siamo quasi sulla sommità del crinale. Ci dispiace ammetterlo ma dobbiamo ormai rinunciare alla cima. Siamo infatti in estremo ritardo con la tabella di marcia. Non siamo arrivati ancora a Forchetta di Maiella, l’avvallamento da cui inizia il Fondo di Femmina Morta e poi il Vallone di Femmina Morta (che conduce verso la cima). Anche marciando speditamente arriveremo alla cima per le cinque e al ritorno ci sorprenderebbe il buio. L’obiettivo nostro è diventato molto più modesto, perché arriveremo a Forchetta di Maiella e poi prenderemo la strada del ritorno. Arriviamo così sulla linea della cresta, raggiungendo la sommità del crinale (a più di 2400 metri) e da qui possiamo ammirare le distese enormi del Vallone di Femmina Morta. Ci riposiamo e mangiamo qualcosa. Nubi basse scendono sulla linea di cresta mentre all’orizzonte si avvertono tuoni minacciosi. Il tempo diventa sempre più instabile per cui decidiamo di arrivare alla “forchetta” per poi iniziare immediatamente a scendere. Il pendio è molto ripido e dobbiamo decidere da dove cominciare a scendere. Faccio io da apripista. Provo all’inizio a scendere in diagonale in direzione delle rocce sottostanti, ma mentre scavo i gradini con gli scarponi avverto che la mia posizione è instabile, per cui rischierei di perdere l’equilibrio e di scivolare, finendo magari contro le rocce. Torno indietro e provo a scendere giù, in direzione della traccia del sentiero classico, scoperto in un tratto dalla neve. Il pendio è molto ripido ma riesco a creare dei gradini profondi con lo scarpone, agendo di tallone, mentre gli altri mi seguono in fila indiana ripercorrendo i miei passi. Continuo così senza problemi, fino a che il pendio si fa meno ripido. Abbiamo perso velocemente quota e ci dirigiamo cosi verso il fondo del vallone, dove si può notare un rudere di pastori. Intanto la nebbia ha ormai sommerso Forchetta di Maiella e il cielo si è tinto di un grigio cupo e minaccioso. Il mio sguardo si concentra sulle rocce di forma dolomitica allineate sotto la linea del crinale. E’ da stamattina che le sto osservando. Dalla loro sommità possiamo udire uno stridìo di uccelli che lacera il silenzio di questa grande desolazione… Forse i richiami che ascoltiamo provengono da qualche nido di aquile posto sulla sommità di questi templi naturali. Resto come ipnotizzato da quest’immagine, accompagnata dalla melodia dei richiami dei rapaci, che echeggiano nella vastità di questi grandi spazi. Ho così la mia “visione”, un attimo di fugace immersione nel “Grande Mistero”, che sparisce lasciandomi gli occhi umidi per la commozione... Per un momento, anche se in compagnia dei iei amici, sono rimasto solo con me stesso, a contemplare qualcosa che ha a che fare con la suggestione dell' eternità... La nebbia intanto cala anche su queste formazioni rocciose, a cui associo spontaneamente il nome di “Fortezze delle Aquile”, e i pinnacoli di roccia sembrano adesso svanire e riapparire come fuggevoli ombre scure… Dico ironicamente agli altri che questo sarebbe un buon posto per dedicarsi ad una vita ascetica e contemplativa! I tuoni si fanno sempre più vicini e alla fine si mette prima a piovere e poi a grandinare. Adesso dobbiamo affrontare l’ultimo tratto della discesa, quello che ci porterà all’imbocco nei pressi del quale abbiamo lasciato l’auto. Non possiamo ridiscendere lungo il canalone perché sarebbe molto pericoloso; non sappiamo inoltre dov’è il sentiero di Fonte dell’Orso che avremmo dovuto prendere stamane. Un sentierino sembra procedere verso il bosco, aggirando la slavina della gola di stamane sulla destra. Dopo aver esplorato un crinale dalla vegetazione fittissima decidiamo che l’unica alternativa è seguire il sentiero notato poc’anzi. Il sentiero risulterà essere proprio quello che avremmo dovuto percorrere stamane. Il sentiero attraversa una bellissima faggeta e passa accanto alla sorgente Fonte dell’Orso: è l’acqua che sgorga da qui che alimenta il gettito della cascata attraversata stamane. Il sentiero si ricongiunge alla stradina che abbiamo percorso all’inizio dell’escursione, proprio nelle vicinanze del posto in cui abbiamo lasciato l’auto. Possiamo dire che ormai conosciamo la zona e che alla prossima escursione al Monte Amaro sapremo dove dirigerci… Sì, perché la nostra esperienza con l’austera montagna, con la "Grande Madre" (appellativo che con cui ci si riferisce alla Maiella) non finisce qui: ritorneremo su questa bellissima montagna, magari a luglio, per ammirare finalmente il vasto panorama che si aprirà a quota 2793 metri!

4 commenti:

  1. Non vi nascondo che ancora mi mangio letteralmente le mani per non essere venuto.......
    complimenti per questa grande impresa che avete affrontato...
    le montagne e le foreste del Pollino hanno sorriso alla vostra impresa e vi aspettano per altre scoperte e per altre scalate!!!

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  2. Mai semplici le vostre uscite, anche in trasferta! Bravi!!

    La prima foto è suggestiva: è la forza della natura.

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  3. Bellissima spedizione e bellissime foto.
    E' bello esplorare nuovi sentieri, vie nuove del cuore che lasciano nell'animo ricordi ed emozioni indelebili.
    Bravi.
    Un forte abbraccio
    Nuwanda

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  4. Ahhh!!!che ricordi,il monte Amaro col Cai di Guardiagrele.Però Amaro di nome e di fatto;montagna per grandi camminatori.Bella,
    bravi.Continuiamo a diffondere passione per questa splendida attività.
    Un caro saluto

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